Roma, attacco al terzo posto. Torino profondo rosso

Alice Dionisi – La Roma vince 3-1 contro il Torino e si porta al terzo posto in classifica insieme alla Juventus, mentre i granata restano ultimi, insieme al Crotone, con appena sei punti conquistati in dodici giornate. Al 14’ del primo tempo gli uomini di Giampaolo rimangono in inferiorità numerica a seguito dell’espulsione per doppia ammonizione di Singo. Contestata la gestione arbitrale da parte di Abisso: giusta la prima sanzione, fantasiosa quella che porta al cartellino rosso.

La Roma si porta in vantaggio al 27’ grazie ad una rete di Mkhitaryan, nata da un contatto tra Mancini (già ammonito) e Belotti. L’armeno non sbaglia dalla distanza e sigla il gol del vantaggio. Al 41’ Abisso concede il rigore ai giallorossi per fallo di Bremer ai danni di Dzeko: Veretout non sbaglia dal dischetto e al 43’ raddoppia. Nella ripresa Fonseca decide di sostituire i due ammoniti, Bruno Peres e Mancini, al loro posto entrano Karsdorp e Kumbulla, poi dentro Borja Mayoral al posto di Edin Dzeko, poco incisivo. Nonostante un calo d’attenzione nel secondo tempo, al 68’ Pellegrini trova la rete del 3-0 (su assist dello spagnolo ex-Madrid) e chiude definitivamente il match. Inutile il gol di Belotti al 73’: i granata escono sconfitti dallo stadio Olimpico ed è sempre più crisi in casa Torino, che rimane all’ultimo posto della classifica.

Il direttore sportivo del Torino, Davide Vignati, ha preso parola dopo la sconfitta contro la Roma: “Siamo stati penalizzati, è un dato oggettivo. Un’espulsione al tredicesimo minuto lascia senza parole. È un errore, mi dispiace che nonostante ci sia un regolamento si debba rivedere. Siamo penalizzati clamorosamente. Non è la prima volta. Senza contare il gol sul fallo di Belotti…”. Adesso Abisso rischia lo stop o la “retrocessione” in Serie B, ma non per il prossimo turno. Le designazioni arbitrali per la tredicesima giornata erano già state stabilite e qualora Rizzoli ritenesse giusto bocciare la direzione della gara da parte di Abisso, potrebbe optare per qualche designazione “punitiva” in Serie B, come accaduto a Giacomelli dopo l’errata gestione arbitrale di Milan-Roma.

Alice Dionisi

La meglio gioventù – Alessio Cerci: dal fallimento in Spagna alla Salernitana, con la costante Ventura

(S. Valdarchi) – La carriera di Alessio Cerci ha disegnato nel corso degli anni una parabola che ha conosciuto il suo punto più alto nelle due stagioni al Torino, dal 2012 al 2014, con un rendimento che ha portato l’Atletico Madrid, uno dei club europei più importanti in quel momento, ad investire su di lui. Dall’esperienza in Spagna in poi, invece, la traiettoria è diventata discendente, facendo girare il talento di Valmontone tra Hellas Verona, neopromossa in Serie A, e Turchia, fino alla Salernitana, squadra che attualmente detiene il suo cartellino.

Gli inizi

Nato nel 1987, l’attaccante esterno cresce nel Valmontone, prima di passare alla Roma nel 2003. In giallorosso completa il suo percorso nelle giovanili, vincendo lo Scudetto Primavera nel 2004/05 ed arrivando ad esordire in prima squadra il 16 maggio del 2004, gara che coincide con l’ultima panchina di Fabio Capello nella Capitale. Essendo ancora molto giovane, rimane a disposizione di mister De Rossi fino al 2006, riuscendo comunque a collezionare altre 4 presenze con la Roma tra Serie A e Coppa Italia. Terminata la sua trafila nel calcio giovanile, la società romanista decide di mandarlo in prestito per fargli fare esperienza. Così, per tre stagioni consecutive, Alessio Cerci gioca lontano da Trigoria, pur rimanendo di proprietà del club capitolino. Dopo i due campionati passati tra i cadetti con Brescia e Pisa, il mancino trascorre un’annata in Serie A con l’Atalanta. Tra questi tre prestiti, quello in Toscana risulta sicuramente il più felice dal punto di vista dei risultati, considerando i 10 gol e 9 assist (al netto di un infortunio che l’ha tenuto fermo per due mesi) con i quali termina il campionato di Serie B 2007/08. Non è un caso che al Pisa le cose siano andate così bene; ad allenarlo infatti c’è Gian Piero Ventura, tecnico che lungo la carriera di Cerci si è dimostrato forse l’unico in grado di tirargli fuori il meglio.
Una volta terminati gli anni in prestito, l’ala rimane a Roma nel 2009/10, stagione segnata dall’avvicendamento in panchina tra Luciano Spalletti e Claudio Ranieri, e l’esaltante rincorsa Scudetto, fallita ad un passo dal traguardo con la sconfitta firmata Pazzini. In quell’annata comunque Cerci trova spazio nelle fila romaniste, riuscendo a scendere in campo per 19 volte e siglando i suoi primi, ed ultimi, 3 gol in giallorosso.

Esaltazione e caduta

Chi conosce un po’ di astronomia sa che i pianeti vivono diverse fasi nella loro vita e tra queste ce ne sono due chiamate esaltazione e caduta. Senza inoltrarci oltre in un campo così lontano dal calcio, anche la carriera di Alessio Cerci è stata caratterizzata da due momenti simili, molto vicini tra loro. Partito da Roma nell’estate del 2010 a titolo definitivo, l’attaccante gioca per due stagioni alla Fiorentina. Nonostante i rapporti complicati con la tifoseria viola, Cerci decide nel 2011 di rifiutare il passaggio al Manchester City, guidato all’epoca da Roberto Mancini. Dopo Firenze approda al Torino, e nei granata ritrova Gian Piero Ventura. In Piemonte le sue prestazioni migliorano ancora, ed il tecnico guida il Toro al ritorno in Europa nel 2014, dopo 19 anni di esilio. A quel punto, l’esterno scuola Roma è ricercato da molti club europei, tra cui l’Atletico Madrid, squadra per cui firma nel luglio dello stesso anno. I Colchoneros, in un periodo di forma straordinaria, sono reduci da una delle finali di Champions League perse contro i cugini del Real. Quella in Spagna sembra poter rappresentare la svolta definitiva nel percorso di Cerci, ma le cose per lui si mettono male e lo spazio a disposizione è poco. Rimane sotto contratto con l’Atletico per tre anni, durante i quali torna in Italia per due esperienze, non esaltanti, in prestito al Milan ed al Genoa. Il fallimento nella penisola iberica rappresenta la fine dell’ascesa del classe ’87, che di lì a breve si ritrova all’Hellas Verona, neopromossa in Serie A, per poi andare in Turchia, nel MKE Ankaragucu.

Ancora tu

Ci sono carriere di giocatori che sono indissolubilmente legate ad alcuni tecnici. Per Alessio Cerci, come già detto, l’allenatore più importante nel corso degli anni è stato, senza dubbio, Gian Piero Ventura. Nel suo ormai famoso 4-2-4, l’attaccante romano ricopre il ruolo di esterno, riuscendo ad esaltarsi e risultando determinante per gli equilibri della squadra. Dopo averlo scoperto nel Pisa e lanciato definitivamente nel Torino, il tecnico genovese ha ritrovato il suo pupillo la scorsa estate, quando Cerci è passato alla Salernitana di Claudio Lotito. Il rendimento non è quello degli anni migliori, ma l’ex CT dell’Italia ha recentemente dichiarato: “Dopo due anni senza giocare era davanti ad una montagna da scalare. Mi ha sorpreso, perché non ha mai mollato e la montagna l’ha scalata a mani nude. Mi basterebbe averlo all’80%“.

(S. Valdarchi)

Maledette vacanze

Alice Dionisi – Il 2019 della Roma si era concluso con la vittoria per 4-1 ai danni della Fiorentina, con il poker calato da Dzeko, Kolarov, Pellegrini e Zaniolo. Ma il 2020 dei giallorossi si apre con uno scenario differente: l’anno solare comincia con una sconfitta per 0-2 contro il Torino, con la doppia firma di Belotti. Una striscia di cinque risultati utili consecutivi per gli uomini di Fonseca, interrotta dalla sosta natalizia e dai granata. Nell’ultima partita del girone di andata la Roma ha poi incontrato la Juventus, incassando però un’altra sconfitta: 1-2 per i bianconeri che sbloccano il match dopo appena 3 minuti di gioco. Contro il Genoa un sospiro di sollievo: i giallorossi ritrovano la vittoria, conquistando i 3 punti al Marassi grazie alle reti di Under e Dzeko. L’entusiasmo però dura poco, perché gli uomini di Fonseca sono di nuovo chiamati ad affrontare la Juventus per disputare i quarti di finale di Coppa Italia, ma vengono eliminati dai bianconeri che vincono 3-1 allo Juventus Stadium. In campionato arriva una grande prestazione contro la Lazio nel derby capitolino, ma la Roma non riesce ad andare oltre l’1-1. Il turno successivo conferma l’incubo giallorosso, con la sconfitta per 4-2 in casa del Sassuolo, incassando tre gol nei primi 26′. Sei partite disputate, quattro sconfitte, un pareggio e una vittoria. In tutte le partite giocate prima della sosta natalizia erano arrivate soltanto tre sconfitte: contro Atalanta, Parma e Borussia Monchengladbach. Nel 2020 i giallorossi hanno collezionato soltanto quattro punti: clamoroso crollo fisico e mentale degli uomini di Fonseca, che spazzano via le certezze di inizio stagione. Adesso il quarto posto è a rischio, in attesa dell’Atalanta.

Alice Dionisi

 

 

 

 

La Roma sceglie il nuovo ds, sarà Petrachi a raccogliere l’eredità di Monchi

Alice Dionisi – Sarà Gianluca Petrachi il nuovo direttore sportivo della Roma. Il club ha scelto di puntare sull’ex del Torino dopo il disastroso operato di Monchi nella Capitale, conclusosi con la rescissione contrattuale dopo l’esonero del tecnico Di Francesco, pupillo dello spagnolo, e l’eliminazione dalla Champions League per mano del Porto. “La Roma rappresenta per me un’avventura ambiziosa e incredibilmente stimolante”, ha dichiarato Petrachi, “conosco bene le aspettative di un Club e di una piazza così importanti, proprio per questo ho accettato immediatamente questa sfida”.

Il salentino inizia la sua carriera da dirigente come team manager dell’Ancona nel 2003 (dopo essersi ritirato dal calcio giocato, vestendo la maglia del Taranto in C1), ma assume il ruolo di dirigente sportivo quando passa al Pisa nella stagione 2006/2007. Nel corso della sua gestione il club toscano riesce a passare dalla Serie C1 alla B, qualificandosi anche per i play-off di Serie A. A settembre del 2008 termina la sua avventura con il Pisa e passa un altro anno prima di vederlo di nuovo all’opera, ma questa volta su un palcoscenico più grande. A dicembre del 2009 viene ingaggiato per affiancare il ds uscente del Torino, Rino Foschi, che si dimetterà una settimana dopo, lasciando il timone a Petrachi. La sua avventura nei granata dura quasi 9 anni, fino a quando non arriva la chiamata della Roma. Sotto la sua supervisione il club di Urbano Cairo è passato dalla Serie B agli ottavi di Europa League, ma soprattutto gli ha fatto conquistare la fama di mago delle plusvalenze.

Tra i principali nomi dei calciatori acquistati e poi rivenduti ad un prezzo maggiore, spicca in primis quello di Ciro Immobile, ceduto al Borussia Dortmund per 18.5 milioni di euro. Seguono Darmian (acquistato a 2 milioni dal Palermo, rivenduto al Manchester United a 18), Maksimovic (arrivato dalla Stessa Rossa per 3 milioni, venduto al Napoli per 25), Zappacosta (al Chelsea per 25 milioni), Cerci (15 milioni, Atletico Madrid) e Glik (al Monaco per 11 milioni), incluso anche il giallorosso Bruno Peres, acquistato dal San Paolo per 2 milioni e rivenduto alla Roma per 12.5. Il profilo del ds salentino non è caratterizzato solo dalle cessioni, ma anche dagli acquisti che, nel corso degli anni, sono andati a formare la spina dorsale del Torino: a partire da Sirigu, preso a parametro zero dal PSG, passando per Belotti e l’ex Roma Iago Falque.

Alice Dionisi

Roma-Torino 3-2. I granata tentano la rimonta, ma il Faraone dice “no”

Alice Dionisi – Inizia il 2019 e torna la Serie A, con la Roma che ospita il Torino allo stadio Olimpico per la prima giornata del girone di ritorno. I giallorossi sono reduci dalle due vittorie contro Parma e Sassuolo, con il Torino che invece nel turno precedente ha fermato la Lazio, proprio all’Olimpico, con un pareggio per 1-1. Con Florenzi indisponibile, il tecnico Di Francesco è stato costretto a schierare Karsdorp (uscito all’80’ per lasciare il posto a Santon), insieme a Fazio, Manolas e Kolarov davanti alla porta protetta da Robin Olsen. Cristante e Pellegrini dietro al trio composto da Under, Zaniolo (preferito a Pastore) e Kluivert, a loro volta alle spalle di Edin Dzeko. Per i granata invece Mazzarri è stato costretto ad ovviare all’assenza di Izzo -squalificato- con Lyanco e schierando Parigini in attacco al fianco di Belotti e Iago Falque. Dura appena una manciata di minuti la partita di Cengiz Under, costretto a chiedere il cambio per un problema muscolare ed El Shaarawy subentra al suo posto. Dopo un quarto d’ora di gioco, la Roma si porta in vantaggio con una rete incredibile di Nicolò Zaniolo. Da una punizione di Kolarov, Fazio la mette in mezzo per il 22 che calcia col sinistro, ma trova i guantoni di Sirigu. Il portiere granata respinge sui piedi del calciatore della Roma: Zaniolo si gira da terra e mantiene palla, poi col sinistro la spedisce sotto la traversa, trovando la rete del vantaggio. Al 32’ Sirigu atterra El Shaarawy in area e per l’arbitro Giacomelli non ci sono dubbi: è calcio di rigore. Trasforma Kolarov dal dischetto, trovando la rete del 2-0. Palo del Torino prima dell’intervallo, ma i granata accorciano le distanze nella ripresa, con Rincon che al 51’ segna la rete del 2-1. Al 67’ è Ansaldi a trovare la rete del momentaneo pareggio, dopo aver già colpito il palo qualche minuto prima, calcia di prima dopo una respinta di Manolas e riapre la partita. Al 73’ è il Faraone, Stephan El Shaarawy, a regalare alla Roma i tre punti con un filtrante che non lascia scampo a Sirigu.

 

Alice Dionisi

2016, Roma-Torino 3-2. Una serata da lacrime di gioia, una favola con Totti protagonista

Luca Fantoni – Le sensazioni di quei tre minuti contro il Torino sono racchiuse tutte nelle lacrime di quel tifoso che, inconsapevole di essere ripreso dalle telecamere, ha mostrato al mondo cosa rappresenti la Roma per i suoi sostenitori. Ci sono dei momenti che non si possono misurare con l’orologio ma solo con i battiti del cuore, parafrasando David Grossman. In quei 180 secondi il tempo si è fermato. Tutto quello che stava accadendo sembrava galleggiare tra un alone di leggenda e uno di incredulità. Quando però i supporter giallorossi hanno guardato il tabellone a fine partita con su scritto 3-2 hanno capito che tutto era reale: Francesco Totti era entrato, aveva segnato due gol e aveva ribaltato la partita. Dopo un primo periodo fantastico, dall’arrivo di Spalletti in poi, erano cominciate ad emergere le prime tensioni. I capitolini erano ancora in lotta per il secondo posto con il Napoli, ma tra l’ex Capitano e il tecnico toscano si erano già formati i primi dissapori che però quel finale di campionato pazzesco riuscì in qualche modo ad oscurare. Nella formazione iniziale solo 5/11 giocano ancora all’Olimpico: Manolas, Florenzi, Nainggolan, El Shaarawy e Perotti. Szczesnydifendeva la porta, in difesa c’erano Maicon, Rudiger ed Emerson Palmieri. A centrocampo il secondo mediano era Keita, con Salah che completava il quartetto offensivo. Il Torino di Ventura rispondeva con un 3-5-2 che vedeva Padelli in porta. Moretti, Glik e Maksimovic erano i tre centrali con Silva, non Jonathan ma Gaston, e Bruno Peres sugli esterni. Gazzi, Obi e Baselli giocavano a centrocampo con Belotti e Martinez davanti.

FAVOLA REALE – Come ogni favola che si rispetti, all’inizio sembra che il “nemico” possa avere la meglio sull’eroe di turno. Ci prova subito Martinez, dopo una discesa splendida di Bruno Peres (sarebbe stato bello leggere più spesso questa frase durante l’esperienza romanista), ma la sua girata finisce alta. Subito dopo Belotti colpisce il palocon un tiro da fuori. Al 35’ lo stesso attaccante si procura un calcio di rigore e lo trasforma spiazzando Szczesny. La Roma prova a reagire sul finale di primo tempo con un tiro di Nainggolan ben disinnescato da Padelli. Il pareggio arriva solamente nella ripresa quando da un calcio d’angolo Manolas arriva in cielo e di testa la mette in rete. All’82’ arriva il secondo colpo di scena di questa storia: Bruno Peres si libera sulla destra, mette un cross sul quale la difesa capitolina si addormenta e sul secondo palo Martinez fa 2-1. Quando tutto sembra perduto, Spalletti gioca l’asso nella manica, se non la sua quella della Roma. È il minuto numero 86, Totti entra in campo, pochi secondi dopo realizza il 2-2 e tre minuti dopo realizza il rigore della vittoria. Due palloni toccati e due gol. Un lieto fine da sogno per la squadra e per Totti, ma d’altronde non poteva finire diversamente: nelle favole vincono sempre i buoni.

CONTINUARE LA CORSA – Da una favola ad un racconto thriller, o almeno così sembrava fino alla partita contro il Napoli. Al San Paolo la Roma si è trasformata in “Hannibal Lecter”, divorando il match e gli avversari come poche altre volte si è visto fare quest’anno. Ora bisogna dare continuità. Troppe volte è stato già detto, ma nelle prossime due partite deve essere un imperativo perché si deciderà la stagione dei giallorossi. Non ci sarà più Totti e non ci sarà neanche Dzeko per squalifica. Questa volta l’asso nella manica di Di Francesco si chiama Patrik Schick. Il talento ceco ha l’ennesima occasione per mostrare di valere tutti i soldi che sono stati spesi per lui. Partirà titolare e i tifosi della Lupa sperano che possa regalare anche solo un decimo delle emozioni che regalò quel giorno Totti, anche perché avrebbe veramente bisogno anche lui di un lieto fine. La squadra di Di Francesco deve continuare a recitare questo ruolo da “Red Sparrow”: concreta, intelligente ma sopratutto spietata.

Luca Fantoni

1980, Roma-Torino 0-0 (3-2 d.c.r). La serata magica di Tancredi che regala la 3° Coppa Italia ai giallorossi

Luca Fantoni – Non era un periodo facile. Erano gli anni di piombo. La strage di Ustica e della stazione di Bologna segnarono profondamente l’Italia e il mondo intero. Ma se dal punto di vista culturale e sociale la situazione era tragica, lo stesso non si può dire nell’ambito artistico. Gli AC DC pubblicavano “Back in Black e al cinema uscivano “Il tempo delle mele” e il musical di grande successo “Saranno Famosi (Fame)”. Un film, quest’ultimo, che rispecchia pienamente la Roma di quell’anno. Quel 17 maggio del 1980 infatti, con il successo in finale di Coppa Italia contro il Torino, Liedholm conquistò il suo primo trofeo sulla panchina giallorossa. Sarà il preludio allo scudetto del 1983 e alla finale di Coppa dei Campioni. I capitolini non sono ancora quella squadra dei sogni. Vengono da una salvezza conquistata all’ultimo con Valcareggi alla guida. Quella sera in porta c’era l’eroe, ancora inconsapevole, Tancredi. In difesa giocavano Maggiore, Amenta, Turone e Santarini. De Nadai, Giovannelli e Ancelotti erano i tre centrocampisti, mentre le due ali, Bruno Conti e Benetti, supportavano l’unica punta Pruzzo. Il Torino di Rabitti rispondeva con Terraneo tra i pali. Volpati, Vullo, Masi e Danova erano i difensori. A centrocampo giocavano Sala, Greco, Pecci e Zaccarelli mentre il temibile duo d’attacco era formato da Graziani e Pulici.

LA PARTITA – Da tabellino la partita si doveva giocare in campo neutro. Lo stadio scelto però è un Olimpico stracolmo di tifosi giallorossi, con gli spettatori paganti che sono più di 53 mila. Il Torino, conscio di essere in una situazione ambientale sfavorevole, si limita a difendere e ad amministrare il gioco. L’unica azione degna di nota del primo tempo è una combinazione tra Ancelotti-Pruzzo-Benetti, ben disinnescata da Danova. Nella seconda frazione il match diventa più frizzante con la Roma che ha un’occasione con Ancelotti che prende il palo mentre i granata vanno vicini alla rete con una girata di Pulici su cui però Tancredi si supera. Ai tempi supplementari, con le squadre più stanche, gli “ospiti” si rendono pericolosi con un paio di tiri di Pecci e Graziani mentre i giallorossi prendono un altro legno con una punizione di Di Bartolomei, subentrato all’inizio dell’extra time. L’incontro si trascina ai calci di rigore. Dopo 4 tiri dal dischetto dei capitolini, il Toro si trova in vantaggio 2-1, con due match point a disposizione. A quel punto però, Tancredi si trasforma in saracinesca e la fortuna comincia a girare anche dalla parte della squadra di Liedholm. Graziani calcia altissimo, Santarini segna e Pecci si fa parare il tiro. Parità, si va ad oltranza. Dagli undici metri si presenta Ancelotti che non sbaglia. Per il Torino va Zaccarelli il cui tiro però è intercettato da Tancrediche vola sulla sua sinistra e regala la 3° Coppa Italia alla Roma.

37 anni dopo la situazione è cambiata. Gli anni di piombo sono solo un lontano ricordo, “Back in Black” è il secondo album più venduto di sempre e quel gruppo di ragazzi è riuscito a diventare famoso. Tutto è partito da quella Coppa Italia. Qualcuno dice che è una competizione che diventa importante solo se arrivi in finale. Non è così. È dai successi che si costruiscono altri successi e la Roma di Di Francesco ne ha assoluto bisogno perché sono passati 10 anni dall’ultima volta che un trofeo è arrivato all’ombra del Colosseo. Si può fare anche turnover ma bisogna scendere in campo con la mentalità giusta, affrontando questo match come se fosse una qualsiasi altra partita di campionato. Se poi l’avversario si dimostrerà migliore sul campo verrà applaudito, ma i giallorossi devono dare il massimo per poter fare un passo in avanti verso la finale del 9 maggio e poter dire a tutti, come facevano gli AC DC, “I’ve been too long, I’m glad to be back”. Siamo stati via troppo tempo, dobbiamo tornare a vincere.

Luca Fantoni

1981, Torino-Roma 1-1 (3-5 d.c.r). Nessuna rivincita, i giallorossi vincono la loro 4° Coppa Italia

Luca Fantoni – Estate 1981. La Roma, che ha terminato il campionato al 2° posto dietro la Juventus, si appresta a giocare la finale di ritorno di Coppa Italia contro il Torino. All’ombra della Mole si respira aria di rivincita. È passato un anno infatti, da quando i giallorossi hanno sconfitto i granata ai rigori, aggiudicandosi il trofeo. La partita di andata, all’Olimpico, è terminata 1-1 con il gol di Ancelotti e l’autorete di Santarini. Il clima, sulle tribune dello Stadio Comunale, non è dei migliori. I rapporti tra le due tifoserie non sono mai stati idilliaci. La situazione si era però inasprita ulteriormente dopo il caso dell’accoltellamento del tifoso romanista Corrado Lentini, nei tafferugli occorsi in seguito alla partita di Serie A di tre mesi prima. In campo il match si preannuncia combattuto. Il Toro di Cazzaniga è una squadra forte. Viene dallo scudetto del ’76 e da una serie di ottimi piazzamenti, trascinati, in attacco, dal duo Pulici-Graziani. La Roma di Liedholm è l’embrione di quella che poi vincerà lo scudetto nel 1983. Tancredi difende i pali. Romano, Maggiora, Turone e Bonetti giocano in difesa. Falcao, Di Bartolomei e Ancelotti formano il trio di centrocampo mentre davanti Conti e Scarnecchia supportano bomber Pruzzo.

LA PARTITA – L’incontro inizia sotto una fitta nebbia, a causa dei fumogeni lanciati dai tifosi. A partire meglio sono i capitolini che si rendono pericolosi con gli inserimenti da dietro di Falcao e Ancelotti. Al 37° tuttavia, sono i padroni di casa a passare in vantaggio. Cuttone riceve palla da Pecci sulla destra e lascia partire un siluro che si infila sotto la traversa, con la leggera complicità di Tancredi. Nel secondo tempo la Romaprova a reagire e al 62° trova il pareggio. Falcao batte velocemente una punizione per Scarnecchia che viene steso in area da Zaccarelli. Michelotti fischia il calcio di rigore e Di Bartolomei non sbaglia, calciando forte e centrale. Nonostante un paio di gol salvati sulla linea dai difensori di Cazzaniga, e un possibile rigore per il Torino in area dei giallorossi, il risultato non cambia e la partita si trascina fino ai calci di rigore. Dagli undici metri falliscono prima Pecci e Di Bartolomei, che avevano sbagliato anche l’anno prima. L’errore decisivo lo commette però Graziani perché, dopo la parata di Tancredi, Falcao segna il 5° tiro dal dischetto e regala la Coppa Italia alla squadra di Liedholm.

Da quelle due partite vinte contro il Torino si costruì la Roma che conquistò poi lo scudetto nel 1983. Il match di domenica ha evidentemente meno importanza, anche se tre punti in casa granata potrebbero rilanciare i ragazzi di Di Francesco anche in campionato, dopo l’ottima prestazione con il Chelsea in Champions League.

Luca Fantoni