Gianluca Notari – Cinque Europa League, due Coppe del Re, una Supercoppa di Spagna e una Supercoppa Europea. Quando Monchi dice che il suo mestiere è quello di vincere, forse non ha tutti i torti. Quelle elencate sopra sono tutte le coppe vinte dal direttore sportivo quando era a Siviglia, un club dove ha speso una buona parte della sua vita, prima da calciatore e poi da dirigente. Infine, dopo anni di successi, la scelta di venire a Roma, per “poter essere il vero Monchi“, parola sua.
Intervistato da Gianluca di Marzio durante il programma Calciomercato, l’Originale di Sky, Monchi ha fatto conoscere alcuni lati di sé fino ad ora poco noti ai tifosi, come ad esempio il suo stacanovismo: “Arrivo a Trigoria alle 7.30: la mattina ho bisogno di fare esercizio fisico e quella è l’ora in cui non mi chiama nessuno“. Tra le sue passioni ci sono quella per il Carnevale di Cadice (“E’ un Carnevale diverso, e nel 2010 ho fatto il concorso di canto. Arrivai nono su 180 partecipanti“) e quella per la Roma: “Sono innamorato di questa società dal momento in cui sono arrivato. Ho capito subito quanto i tifosi tengono a questa società“. Eppure, la Roma non è solo passione, ma anche tanto lavoro. Lo sa bene il ds, che dice la sua sull’impronta che vorrebbe dare alla sua squadra: “I numeri sono importanti perché siamo un’azienda, ma per i tifosi servono i trofei. In quegli anni a Siviglia quello che conta sono i trofei, e questo per ora mi manca a Roma. Io capisco perfettamente i tifosi, loro non vogliono parlare di numeri, vogliono vincere, questo è il mio lavoro. Dobbiamo costruire una società non per vincere, ma per farlo in forma continua. I tifosi non vogliono le promesse, vogliono i risultati. Li capisco, ma chiedo un po’ di fiducia: il mio obiettivo è quello di renderli felici seguendo i loro desideri“.
Poi, un focus su alcune operazioni. Sull’operazione Salah non ci sono rimpianti: “Rammarico? Alla fine possiamo arrivare a 50 milioni con i bonus, ma in quel momento avevamo bisogno di vendere e quella era un opzione importante. Poi i casi di Neymar e Mbappe hanno fatto saltare il mercato, ma in quel momento era necessario vendere“.
Lo spagnolo si sofferma poi sulla mancata cessione di Edin Dzeko al Chelsea dello scorso mese: “Noi abbiamo cominciato a parlare con loro per Emerson, poi loro hanno parlato di Edin. Gli abbiamo detto di fare un’offerta, noi abbiamo ascoltato e gli abbiamo fatto una richiesta. Loro non credo abbiano trovato mai un accordo con Dzeko. Noi volevamo vendere Emerson, non eravamo convinti di vendere invece Dzeko. Non hanno mai raggiunto la cifra che noi abbiamo richiesto“.
Dopotutto, la partenza del bosniaco avrebbe potuto giovare a Patrik Schick, che fino ad ora si è dimostrato poco incisivo: “Avremmo preso sicuramente un sostituto se lui fosse partito, ma è vero che la fiducia che abbiamo in Schick e Defrel è tanta, per questo eravamo tranquilli. Ma è sicuro che se Edin fosse partito avremmo preso un attaccante“. Proprio a proposito di Schick e Defrel, Monchi ha voluto rispondere ai tifosi che lo rimproverano di aver speso una fortuna: “Le cifre che si sanno non sono quelle. Fino ad oggi abbiamo speso 5 milioni per Schick e 6 per Defrel. Schick lo paghiamo in 5 anni e non sappiamo ancora quanto sarà. Non sono 42 milioni, non è così. In questo anno noi spenderemo 6 milioni per Schick, è un’operazione comoda per noi. Credo che Patrik diventerà fortissimo per la Roma“.
Infine, una battuta su alcuni temi caldi in casa Roma, come il rinnovo di Florenzi e la reiterata assenza dalla Capitale di Pallotta: “Io e il presidente abbiamo un rapporto bellissimo. Alcune volte ho sentito che manca la sua presenza, mentre io gli dico di essere meno presente. Io parlo tutti i giorni con lui, lui è molto vicino alla squadra e alla società e ne è costantemente preoccupato. Lui ha in mente una Roma campione e così sarà. Florenzi? Rimarrà qui ancora per tanti anni“.
È chiaro che non sarà una cosa immediata per Monchi inserirsi a pieno nel mondo Roma: dopo aver speso una vita intera a Siviglia, dovrà lavorare molto prima di capire a pieno i meccanismi di questo ambiente. I presupposti, però ci sono tutti: è un ds stimato in tutto il mondo, capace di tenere alto il livello qualitativo della squadra senza mai perdere d’occhio il budget. Certo, il suo profilo rappresenta una discontinuità rispetto al passato, ma un elemento esterno come lui potrebbe segnare finalmente il famoso salto di qualità che troppo spesso la Roma ha mancato, perdendosi nei paradossi di una società dal sicuro potenziale ma dal suo mancato esercizio.
Gianluca Notari