2015, Roma-Juventus 2-1. Cronaca di una storia d’amore, è arrivato Edin Dzeko

Luca Fantoni – In tutte le storie d’amore la fase iniziale è la più bella. O meglio, in quasi tutte. Quella tra Edin Dzeko e i tifosi della Roma è iniziata quel 6 agosto di tre anni fa, all’aeroporto di Fiumicino, dove centinaia di supporters giallorossi aspettavano l’arrivo di quel centravanti che tanto gentile e tanto onesto pare, ma che diventa un leone quando si mette gli scarpini e scende sul rettangolo verde dell’Olimpico. Ed è proprio lì, nel suo stadio, che il gigante bosniaco ha dato il primo bacio alla lupa, davanti al nemico di sempre. Quella Juventus che molte volte ha esultato sotto al settore ospiti ma che, da quando è atterrato quell’aereo da Manchester, si scioglie come neve sotto al sole di Roma. Era un tardo pomeriggio di fine estate, sulla panchina dei capitolini sedeva ancora Rudi Garcia, De Rossi era adattato nel ruolo di difensore centrale, Szczesny e Pjanic erano ancora dalla parte giusta del guado e davanti, ad accompagnare Edin, c’era Momo Salah, ancora all’inizio del suo periodo d’oro.

BOSNIA SHOW – Alla fine la Juve vinse il campionato, ma quell’inizio di stagione fu probabilmente il peggiore da sette anni a questa parte. Si rende subito pericoloso Iago Falque con un tiro da fuori che finisce alto. Al 24’ inizia il Bosnia show. Pjanic ci prova con una conclusione a giro ma il suo destro si spegne sul palo. Subito dopo Dzekoimpegna Buffon in una parata bassa. Al 61’, il centrocampista che un anno più tardi passerà proprio ai bianconeri, ha un’occasione su punizione, dalla sua mattonella. Se si deve scegliere una delle tante qualità calcistiche che aveva Pjanic, la balistica da fermo è sicuramente quella più bella e quella più letale. Pallone che supera la barriera e Buffon che rimane fermo, è 1-0. Ma è 18 minuti dopo che si suggella l’amore. Iago Falque crossa in mezzo con una traiettoria alta, sulla quale Dzeko si avventa, sovrastando Chiellini come se il difensore fosse un giovane alle prime armi, e di testa da uno schiaffo alla palla che finisce in rete. Qui l’inizio di tutto, quel bellissimo tutto che neanche la sofferenza nel finale, con il gol di Dybala, riuscì a interrompere.

TRE ANNI – Dalla Juve alla Juve. Dalla seconda di campionato, alla penultima. Quante emozioni sono arrivate in queste tre anni. C’è stato il periodo in cui Dzeko e la Roma hanno dovuto capire se effettivamente erano fatti l’uno per l’altra. Dopo un momento di crisi l’hanno capito, e Edin ha cominciato a stupire. I tre gol al Villareal, le 29 reti in campionato, il sinistro al volo contro il Chelsea, la rimonta contro il Barcellona. Le aspettative dei tifosi sono state ripagate. A tre anni di distanza la Roma fa affidamento ancora sul suo numero nove, come ha fatto per tre stagioni e come farà fino a quando Edin non deciderà di andare altrove, o di chiudere la carriera. Serviranno anche e sopratutto le sue qualità nel match di domenica, fondamentale per agguantare la matematica qualificazione in Champions e per continuare a non far esultare la Juventus allo Stadio Olimpico. Avranno tempo per farlo, settimana prossima, in casa loro e non nella tana dei lupi.

Luca Fantoni

2010, Juventus-Roma 1-2. Un colpo di testa di Riise nel recupero firma l’ultima vittoria a Torino in Serie A

Luca Fantoni – Juventus-Roma. Alcuni la identificano come un’eterna lotta tra seguire le regole ed essere fuori dagli schemi. Altri come un scontro tra filosofie: vincere e far emozionare. Altri ancora preferiscono che non arrivi mai. Quello che è certo è che non è una partita come tutte le altre. Da quando è arrivata la proprietà americana, e da quando è stato costruito lo Juventus Stadium (ora Allianz), i risultati dei giallorossi in trasferta sono stati a dir poco negativi. Sette partite e sette sconfitte di cui 4 almeno con 3 gol di scarto. Oggi però vogliamo parlare dell’ultima affermazione ai piedi della Mole, in campionato, della squadra all’epoca allenata da Ranieri. Un 2-1 all’ultimo secondo, in rimonta, all’Olimpico di Torino… C’è altro modo per spiegare la felicità? Quella partita fu una rampa di lancio per la grande rimonta che portò quasi allo scudetto dei capitolini. In porta giocava Julio Sergio. In difesa a destra c’era Cassetti, a sinistra Riise e al centro Burdisso e Juan. Il centrocampo era formato da Taddei, De Rossi, Pizarro e Perrotta mentre Toni e Vucinic costituivano il duo d’attacco. Totti era in panchina a causa delle non perfette condizioni fisiche. La Juventus di Ferrararispondeva con Buffon tra i pali. Grygera, Chiellini, Legrottaglie e Grosso in difesa. I tre di centrocampo erano Salihamidzic, Sissoko e Marchisio con Diego che agiva alle spalle di Amauri e Del Piero.

LA PARTITA – Clima glaciale. Quella sera a Torino il termometro segna sei gradi sotto lo zero. Nel primo tempo la Roma sembra accusare questo freddo, tanto che è la Juve a dominare. Dopo 8 minuti Toni è costretto a dare forfait per infortunio e al suo posto entra Totti. Il primo a provarci è Marchisio con un tiro-cross che attraversa pericolosamente tutta l’area. Dieci minuti dopo è il turno di Amauri e Legrottaglie ma i loro colpi di testa si spengono a lato di poco. La partita si sblocca nella ripresa. Diego, sempre sugli scudi quando incontra i capitolini, dopo una percussione centrale cerca di darla in mezzo. Juan prova ad intervenire ma alza un campanile sul quale Del Piero si avvita e di sinistro al volo mette il pallone in porta. Gol da applausi. A questo punto la partita cambia. Al 67° Taddei viene trattenuto in area da Grosso, è rigore. Dal dischetto si presenta Totti che non sbaglia. 13 minuti più tardi Riise si invola da solo contro Buffon. Il portiere lo stende fuori dall’area ma viene espulso per fallo da ultimo uomo. Al 93° l’apoteosi. Pizarro mette un cross dolcissimo sul secondo palo dove Riise, di testa, batte Manninger e fa esplodere di gioia il popolo giallorosso. Fu la definitiva rinascita del “Roscio”, uno dei terzini sinistri più amati degli ultimi anni.

Sicuramente il primo approccio con la città di Torino, questa settimana, non è stato dei migliori. Ora è arrivato il momento del riscatto. Bisogna spezzare la maledizione dello “Stadium e questo, forse, è l’anno buono. Sarà difficile, nessuno lo mette in dubbio, ma i ragazzi di Di Francesco devono scendere in campo con il pensiero che non hanno nulla da perdere e giocare come sanno fare. Niente esperimenti, niente novità di formazione. Pressing alto e corsa per tutti i 90 minuti, questo è l’obiettivo. Uscire da Torino da imbattuti rappresenterebbe un grande passo in avanti per la crescita mentale della squadra e, sopratutto dopo l’eliminazione in Coppa Italia, la città e i tifosi hanno bisogno della dimostrazione che questo club può lottare per qualcosa di importante.

Luca Fantoni

Roma e Juventus sulla stessa barca…barcollante

Gianluca Notari – La Roma e la Juventus. Una rivalità ultratrentennale, fatta di sfide politiche e sociali prima che sportive per molti anni, meramente calcistiche, ma ugualmente intense, negli ultimi periodi. Da più parti, nei giorni scorsi, si è incensato il grande sabato di calcio di questo weekend: i bianconeri che sfidano l’ottima Lazio di Inzaghi, i giallorossi che affrontano il Napoli dei marziani. E le prime due della classe dello scorso anno, sconfitte entrambe. A -5 dalla vetta i piemontesi, addirittura a -9, ma con una partita da recuperare, i capitolini. Insomma: Juve e Roma sulla stessa barca, situazione figlia di scelte societarie discutibili per entrambi i club, cornute prima e mazziate poi da un Napoli che sembra inarrestabile.

La Juventus, dopo la finale persa di Cardiff contro il Real Madrid, è entrata in un tunnel da cui non sembra riuscire a venir fuori. I contrasti nel gruppo, con l’allenatore e tra i giocatori stessi – da cui poi la partenza di Bonucci, direzione Milan – sono stati resi noti da più spifferi usciti fuori dalle mura dello spogliatoio. In particolar modo durante la finale di Champions League, quando tra il primo ed il secondo tempo sembra esser scoppiato il parapiglia tra il difensore viterbese ed alcuni compagni, Dybala su tutti. E se c’è una cosa che ha contraddistinto la Juventus in tutti questi anni di predominio, è stata certamente il collettivo. Se quello viene meno, sono guai. Inoltre, se ci si mette una gestione del mercato quantomeno rivedibile, che le cose possano non andare per il verso giusto è la prima logica conseguenza. Salutati Bonucci e Dani Alves, Marotta e Paratici hanno investito su Howedes e De Sciglio, che fino ad ora, complici anche diversi infortuni, non hanno praticamente mai visto il campo. In più, per il ruolo di sostituto di Alex Sandro sulla sinistra è rimasto solamente Asamoah, dato già per partente durante l’estate e rimasto solo perché non è arrivato un suo sostituto all’altezza. Grossi investimenti invece sono stati fatti nel reparto avanzato, ma Douglas Costa e Bernardeschi sembrano ancora non decollare. Ciliegina sulla torta, il caso Higuain: nel vocabolario italiano accanto alla voce “gol” c’è la sua faccia, ma inspiegabilmente quest’anno l’argentino non riesce ad andare a segno con continuità, finendo anche in panchina in un paio di occasioni.

E poi c’è la Roma. Cambio di allenatore, via diversi giocatori dal peso non indifferente, molti acquisti, ma molta confusione. La novità migliore rispetto alla scorsa stagione è senza dubbio quella che riguarda la rosa: i giallorossi ad oggi sulla carta sono una squadra completa, profonda e ricca di profili giovani ed interessanti, così come giovane ed interessante è l’allenatore. Però, giovani ed interessanti difficilmente sono sinonimo di vittoriosi. Anzi. La scelta di Di Francesco ricorda vagamente quella che fu di Luis Enrique: allenatore giovane che ha in testa un calcio fresco e dinamico, ma con poca esperienza a certi livelli sulle spalle ed un carisma tutto da testare. Fino ad oggi il tecnico abruzzese si barcamenato con discreta sicurezza tra le difficoltà, ed è chiaro che senza aver mai avuto tutta la rosa al completo, tra cui i due acquisti più importanti della campagna di mercato estiva – Schick e Karsdorp-, il lavoro si complica non poco. Il problema, se mai di problema si può parlare, è a monte. Di Francesco ha bisogno di tempo, molto tempo, per far assimilare ai suoi giocatori un’idea di calcio complessa e dispendiosa. Ma la Roma e i romanisti di tempo ne hanno buttato fin troppo, inseguendo sogni ed icone totemiche piuttosto discutibili. Il progetto Di Francesco poteva essere sposato da una squadra che ha vinto negli anni passati, o che abbia necessità di ricostruire dopo un qualche tipo di cataclisma. Ma la Roma di Spalletti non era nulla di tutto ciò. Era una squadra forte, certamente perfettibile, ma che con 87 punti ha fatto meglio di ogni altra Roma nella storia del club. Serviva un passo in avanti per raggiungere una tanto agognata vittoria, e non un progetto in cui credere. La sola parola ‘progetto‘ scatena nel tifoso giallorosso orticaria, secchezza della fauci e dolori articolari. Probabilmente il futuro di Di Francesco e della Roma sarà roseo, ma Pallotta&co. dovrebbero tenere a mente che esiste anche un presente, in cui i tifosi continuano a sperare.

Insomma, Roma e Juventus a braccetto nella malinconia di questo turno di campionato, lontane dalla vetta e lontane dai programmi di inizio stagione. Unite ma divise da rivalità ataviche, e fa specie dirlo ma dispiace quasi vedere una Juventus in difficoltà. O per meglio dire, dispiace che non sia stata proprio la Roma la causa di queste difficoltà, poiché in una fase di transizione anch’essa.
Non la vedi, non la tocchi oggi la malinconia? Non lasciamo che trabocchi: vieni, andiamo, andiamo via” canta Guccini in “Autogrill“. E come quando si è in un momento di difficoltà e si crede che un viaggio possa rimettere a posto le cose, così Roma e Juventus si rituffano in Europa con gli impegni di Champions, per provare a non pensare ad un turno di campionato che ha tolto loro il sorriso e qualche certezza.

Gianluca Notari

SERIE A I risultati: alla Juve il derby. L’Udinese espugna Bergamo, pari Bologna, Palermo ancora ko

TORINO-JUVENTUS 1-3 – Un derby che diventa meta-derby e che offre agli innamorati del pallone la personale sfida tra i due gioielli più preziosi. Il gol di Belotti, la doppietta di Higuaìn in rimonta e il tris di Pjanic nel recupero. A far festa è la Juventus, che supera 3-1 il Toro e allunga momentaneamente a +7 su Roma e Milan. Il Gallo apre le marcature al 16’ per poi assistere alla furia del Pipita che si concretizza nelle reti siglate al 28’ e all’82’. L’argentino torna grande anche in campionato sbloccandosi dopo quattro partite e nel finale va vicino alla tripletta, negatagli da Hart. Ma il portierone inglese poi non può nulla sul tap-in del Pianista.

ATALANTA-UDINESE 1-3 – Dopo il ko esterno contro la Juve, l’Atalanta non si riprende. Allo stadio “Atleti Azzurri d’Italia” finisce 3-1 per l’Udinese. Gara subito brillante. A colpire per prima è l’Udinese: alla fine del primo tempo, nel miglior momento dei padroni di casa, trova il vantaggio con Zapata. L’attaccante prova l’azione personale, vince due contrasti e conclude in porta, superando Sportiello. Ma ad inizio della ripresa l’Atalanta riporta il risultato in parità. Kessié serve Gomez che crossa in area di rigore: Kurtic di testa supera Karnezis. L’Udinese non ci sta e vuole tornare in vantaggio. E al 73′ grande azione di ripartenza degli ospiti: Thereau serve Fofana che si inventa un tiro a giro pazzesco (alla Del Piero ndr) che termina sotto l’incrocio dei pali. Poi nel finale arriva anche il terzo gol degli ospiti. Théréau, sempre in contropiede, infila alle spalle di Sportiello.

PALERMO-CHIEVO 0-2 – Esordio casalingo amaro per Corini sulla panchina del Palermo. Il Chievo si impone per 2-0 grazie ai gol di Birsa e Pellissier. Al 14′, sugli sviluppi di un contropiede, Gobbi serve il centrocampista che, appostato al centro dell’area di rigore, scarta il diretto marcatore e trafigge Posavec con un preciso rasoterra di sinistro. Nella ripresa ci pensa l’errore di Goldaniga a regalare il raddoppio agli ospiti. Retropassaggio sbagliato, arriva Pellissier che a tu per tu con il portiere non sbaglia. È il 100° gol per l’attaccante dei clivensi. Il Palermo, dunque, continua il record negativo arrivando a nove partite perse e l’ottava sconfitta su otto al Barbera (l’ultimo club ad aver fatto peggio in Serie A è stato il Pescara che ne perse nove di fila in casa nel finale di stagione 2012/13).

BOLOGNA-EMPOLI 0-0 – Allo stadio “Dall’Ara” finisce 0-0 tra Bologna ed Empoli. Poche emozioni, pochissimi i tiri verso lo specchio. L’unica arriva nel finale ma Mattia Destro si divora il vantaggio. Grande break di Krafht, che ruba palla sulla trequarti, mette un gioiello sulla testa di Destro, abilissimo a smarcarsi e evitare l’offside, colpo di testa da sette metri, tutto solo, e sfera alta sopra la traversa. Un pareggio che serve più ai padroni di casa ora a +8 dal Crotone diciotessimo in classifica. L’Empoli si conferma la squadra che segna meno: in questa stagione solo sette gol.