Roma-Milan, guerra per il quarto posto. Di Francesco prepara le sorprese, ma occhio a Piatek

Simone Burioni – La Roma questa mattina si è svegliata con le ossa rotte, tornata dalla gara di Coppa Italia contro la Fiorentina con una sconcertante per 7-1. La nottata per molti dirigenti è stata lunga, come lunghe sono state le riflessioni fatte su temi come allenatore e mercato. Per il momento, Monchi sembra intenzionato a confermare Di Francesco sulla panchina giallorossa, mentre sul fronte mercato – come già dichiarato ieri dopo il match – la Roma non farà nessuna operazione.

Adesso però bisogna ripartire subito: anche se la Coppa Italia rappresenta un obiettivo andato in fumo, i giallorossi sono ancora impegnati in Champions e in campionato. Fra tre giorni la Roma incontrerà il Milan, diretto avversario nella corsa alla quarta posizione in classifica, valida per un posto nella prossima Champions League. Per l’occasione, mister Di Francesco ritroverà il capitano Daniele De Rossi, complice anche la duplice assenza per squalifica di Bryan Cristante e Steven Nzonzi. Chance in difesa per Davide Santon, con Alessandro Florenzi alto sulla destra. Con lui, a completare il tridente alle spalle dell’unica punta Edin Dzeko, confermati Stephan El Shaarawy e Nicolò Zaniolo, che ritrova la posizione da trequartista. Non sono escluse però possibili sorprese: visto il momento di difficoltà, il tecnico abruzzese potrebbe mischiare le carte, tornando al 4-3-3. In quel caso, Florenzi potrebbe tornare sulla linea di difesa, con Schick inserito nel tridente d’attacco. Saranno invece poche le novità nella formazione di Gattuso, che sembra aver finalmente trovato una quadratura: Musacchio comporrà la coppia di difesa con l’ex Romagnoli, con Calabria e Rodriguez sulle fasce. Centrocampo muscolare con Paquetà, Kessie e Bakayoko, mentre in attacco, ai fianchi di Piatek, ci saranno Suso e Calhanoglu, quest’ultimo in ballottaggio con Borini.

La Roma avrà bisogno di una prestazione maiuscola se vorrà sottomettere il Milan, impresa che al momento non sembra per nulla facile. Inoltre, dal punto di vista cabalistico, le cose non sembrano sorridere a Di Francesco: l’ex Sassuolo ha infatti perso entrambe le sfide in Serie A giocate contro Gattuso. Infine, un focus su colui che al momento ha catalizzato tutte le attenzioni su di sé: Krzysztof Piatek. Il polacco è certamente la rivelazione più grande di questa Serie A, tanto che il Milan ha investito su di lui per rimpiazzare un certo Gonzalo Higuaìn, non un attaccante qualunque. Ma le premesse per l’ex Genoa sono ottimali: a quota 21 reti, è il secondo più giovane giocatore, dopo Mbappé, ad aver raggiunto quota 20 gol considerando tutte le competizioni dei maggiori cinque campionati europei, e non sembra volersi fermare. La Roma è avvisata: la lotta al quarto posto sarà dura più che mai.

Simone Burioni

Roma, la panchina trema: i possibili sostituti di Di Francesco

Gianluca Notari – Sono quasi le ore 21 e a Plzen fa un freddo boia. Al Mesta Stadion i giocatori della Roma sono negli spogliatoi e hanno appena perso per 2-1 contro i padroni di casa del Viktoria. Sul groppone, oltre all’umidità del campo, una bordata di fischi da parte dei circa 700 tifosi che hanno raggiunto la Repubblica Ceca nonostante il periodo nero che la squadra sta attraversando.
Nella testa di Monchi, così come in quella degli altri dirigenti, la domanda – uguale ormai da diverse settimane – è la stessa: andare avanti o cambiare allenatore?
La risposta, come è evidente, finora è sempre stata quella della continuità. Ma la pazienza ha un limite, e potrebbe non durare per sempre. E allora, su chi puntare in caso di esonero di Di Francesco?

Il primo nome che rimbalza su radio, tv e giornali è sempre quello di Paulo Sousa: amico di Franco Baldini, braccio destro – nascosto, ma neanche troppo – di James Pallotta, l’ex Fiorentina sembra essere il nome più accreditato in caso di cambio allenatore. Le sue squadre, come il Basilea o la Fiorentina, hanno sempre mostrato un bel gioco ed una spinta attitudine offensiva. Per dirne una, Bernardeschi con Sousa faceva l’esterno destro di un centrocampo a 5. Il suo sembra il percorso più fattibile, anche perché non più di qualche settimana fa il tecnico ha scoperto le carte: “Io alla Roma? Un giorno mi piacerebbe allenarla“.

Un altro nome attorno a cui si discute parecchio è quello di Laurent Blanc: fermo da un paio di stagioni, il francese ha allenato Bordeaux e Paris Saint-Germain, intervallando le due esperienze con il biennio alla guida della Nazionale della Francia. Con i due club ha vinto molto: 4 campionati francesi, 4 coppe di Lega, 5 Supercoppe e due Coppe di Francia. Un curriculum niente male ed un profilo certamente appetibile. C’è poi Vincenzo Montella, uno che la Roma l’ha già allenata e che, soprattutto, l’ambiente giallorosso lo conosce bene. Le sue ultime esperienze sulle panchine di Milan e Siviglia, però, fanno tentennare la dirigenza giallorossa, nonostante l’idea di calcio che l’areoplanino imprime alle sue squadre piaccia molto a Monchi ed al suo staff. Altri nomi che sono circolati sono quelli di Jardìm, Donadoni e Sampaoli, ma tutti e tre, per ragioni diverse, non sembrano rientrare nei piani del club capitolino.

Il sogno, come è noto a tutti, rimane sempre quello di Antonio Conte. La pista però sembra al momento impossibile sia per il budget a disposizione che per le esigenze del tecnico pugliese, il quale non avrebbe nessuna fretta di accasarsi – forte dello stipendio che ancora percepisce da parte del Chelsea -, specialmente se la situazione appare complicata come quella della Roma. Per il momento dunque Di Francesco resta, ma la panchina traballa: se nella gara con il Genoa le cose andassero male, il filo che lo lega ai giallorossi potrebbe spezzarsi definitivamente.

Gianluca Notari

Bella Napoli, ma è il Torino la prova di maturità

Gianluca Notari – Parliamoci chiaro: alle 20.44 ci saremmo presi anche un pareggio. “Ma magari“, pensavano alcuni. Fortunatamente, tra questi non c’erano De Rossi e compagni, che hanno creduto fin dall’inizio in questa splendida vittoria. Napoli-Roma 2-4, non erano molti quelli pronti a scommetterci. Anzi.
Certo certo, senza il gol di Dybala probabilmente sarebbe stata un’altra partita. Però oh, il calcio è anche questo, prendere o lasciare. E noi, oggi, ce lo prendiamo volentieri.

LETTURA – La cosa che salta all’occhio dell’atteggiamento della Roma di ieri sera è certamente la lettura dei momenti: guidati dall’illuminata serata di mister Di Francesco, i giallorossi hanno saputo alternare fasi di pressing alto a momenti di baricentro basso, pronti ad aspettare il Napoli per poi ripartire. Ed è proprio con le ripartenze che i capitolini hanno colpito e affondato la prima della classe. Prima il rocambolesco gol di Under, viziato da una deviazione decisiva di Mario Rui. Poi la capocciata di Dzeko, con cross al bacio di Florenzi. Di nuovo Dzeko, dribbling secco e sinistro a giro. Infine Perotti, che ringrazia Rui per il goffo tentativo di rinvio del portoghese che spalanca la porta al monito.

TORINO – Proprio Perotti cerca di freddare i facili entusiasmi: «Prima di tutto non dobbiamo rilassarci troppo con questa vittoria, non abbiamo fatto nulla. E’ successo già altre volte che abbiamo fatto un buon risultato e poi perdiamo punti. Dobbiamo essere consapevoli che non abbiamo fatto nulla e finire la stagione al meglio». Eh si, perché tante volte la Roma ci ha dimostrato che la continuità è spesso manchevole, nelle prestazioni prima e nei risultati poi. Venerdì ci sarà il Torino, che dopo un ottimo periodo successivo all’esonero di Mihajlovic e all’ingaggio di Mazzarri sta vivendo un momento di flessione. Una gara ampiamente alla portata dei giallorossi, specialmente di quelli visti ieri sera, nonostante le assenze a cui dovranno far fronte. Due per la precisione: Fazio e Dzeko, entrambi diffidati ed entrambi ammoniti, salteranno il match contro i granata.

SCELTE – Contro il Toro ci si aspetta dunque qualche volto nuovo rispetto a quelli scesi in campo al San Paolo, visto soprattutto l’impegno di Champions League con lo Shakhtar Donetsk della settimana prossima, con la Roma chiamata a ribaltare il 2-1 subito in Ucraina. Spazio a Jesus in coppia con Manolas, e possibile esordio dal primo minuto per Jonathan Silva, tornato ormai da una settimana ad allenarsi con il resto del gruppo, con Kolarov a rifiatare in panchina. Possibile turno di riposo anche per Nainggolan, con Pellegrini al suo posto al fianco di De Rossi. Confermato Strootman, che sta trovando una certa continuità nelle ultime prestazioni, così come Under, punto di riferimento ormai nell’attacco di Di Francesco. I dubbi più grandi sono legati agli altri due ruoli del tridente giallorosso: Perotti, nonostante il gol del momentaneo 4-1, non è sembrato poi così in forma; pronto El Shaarawy al suo posto, che scalpita per un posto da titolare dopo diverse panchine e la tribuna di Kharkiv. A fare le veci di Dzeko, invece, dovrebbe esserci Schick: l’ennesima chance che il ceco dovrà essere bravo a sfruttare. L’ambiente Roma si aspetta moltissimo dall’acquisto più costoso della sua storia, e sarebbe ora che il talentuoso classe ’96 cominci a dare risposte concrete, anche in vista della prossima stagione. Così come la Roma, affinché quella di Napoli non rimanga una vittoria bella ma inutile.

Gianluca Notari

Roma e Juventus sulla stessa barca…barcollante

Gianluca Notari – La Roma e la Juventus. Una rivalità ultratrentennale, fatta di sfide politiche e sociali prima che sportive per molti anni, meramente calcistiche, ma ugualmente intense, negli ultimi periodi. Da più parti, nei giorni scorsi, si è incensato il grande sabato di calcio di questo weekend: i bianconeri che sfidano l’ottima Lazio di Inzaghi, i giallorossi che affrontano il Napoli dei marziani. E le prime due della classe dello scorso anno, sconfitte entrambe. A -5 dalla vetta i piemontesi, addirittura a -9, ma con una partita da recuperare, i capitolini. Insomma: Juve e Roma sulla stessa barca, situazione figlia di scelte societarie discutibili per entrambi i club, cornute prima e mazziate poi da un Napoli che sembra inarrestabile.

La Juventus, dopo la finale persa di Cardiff contro il Real Madrid, è entrata in un tunnel da cui non sembra riuscire a venir fuori. I contrasti nel gruppo, con l’allenatore e tra i giocatori stessi – da cui poi la partenza di Bonucci, direzione Milan – sono stati resi noti da più spifferi usciti fuori dalle mura dello spogliatoio. In particolar modo durante la finale di Champions League, quando tra il primo ed il secondo tempo sembra esser scoppiato il parapiglia tra il difensore viterbese ed alcuni compagni, Dybala su tutti. E se c’è una cosa che ha contraddistinto la Juventus in tutti questi anni di predominio, è stata certamente il collettivo. Se quello viene meno, sono guai. Inoltre, se ci si mette una gestione del mercato quantomeno rivedibile, che le cose possano non andare per il verso giusto è la prima logica conseguenza. Salutati Bonucci e Dani Alves, Marotta e Paratici hanno investito su Howedes e De Sciglio, che fino ad ora, complici anche diversi infortuni, non hanno praticamente mai visto il campo. In più, per il ruolo di sostituto di Alex Sandro sulla sinistra è rimasto solamente Asamoah, dato già per partente durante l’estate e rimasto solo perché non è arrivato un suo sostituto all’altezza. Grossi investimenti invece sono stati fatti nel reparto avanzato, ma Douglas Costa e Bernardeschi sembrano ancora non decollare. Ciliegina sulla torta, il caso Higuain: nel vocabolario italiano accanto alla voce “gol” c’è la sua faccia, ma inspiegabilmente quest’anno l’argentino non riesce ad andare a segno con continuità, finendo anche in panchina in un paio di occasioni.

E poi c’è la Roma. Cambio di allenatore, via diversi giocatori dal peso non indifferente, molti acquisti, ma molta confusione. La novità migliore rispetto alla scorsa stagione è senza dubbio quella che riguarda la rosa: i giallorossi ad oggi sulla carta sono una squadra completa, profonda e ricca di profili giovani ed interessanti, così come giovane ed interessante è l’allenatore. Però, giovani ed interessanti difficilmente sono sinonimo di vittoriosi. Anzi. La scelta di Di Francesco ricorda vagamente quella che fu di Luis Enrique: allenatore giovane che ha in testa un calcio fresco e dinamico, ma con poca esperienza a certi livelli sulle spalle ed un carisma tutto da testare. Fino ad oggi il tecnico abruzzese si barcamenato con discreta sicurezza tra le difficoltà, ed è chiaro che senza aver mai avuto tutta la rosa al completo, tra cui i due acquisti più importanti della campagna di mercato estiva – Schick e Karsdorp-, il lavoro si complica non poco. Il problema, se mai di problema si può parlare, è a monte. Di Francesco ha bisogno di tempo, molto tempo, per far assimilare ai suoi giocatori un’idea di calcio complessa e dispendiosa. Ma la Roma e i romanisti di tempo ne hanno buttato fin troppo, inseguendo sogni ed icone totemiche piuttosto discutibili. Il progetto Di Francesco poteva essere sposato da una squadra che ha vinto negli anni passati, o che abbia necessità di ricostruire dopo un qualche tipo di cataclisma. Ma la Roma di Spalletti non era nulla di tutto ciò. Era una squadra forte, certamente perfettibile, ma che con 87 punti ha fatto meglio di ogni altra Roma nella storia del club. Serviva un passo in avanti per raggiungere una tanto agognata vittoria, e non un progetto in cui credere. La sola parola ‘progetto‘ scatena nel tifoso giallorosso orticaria, secchezza della fauci e dolori articolari. Probabilmente il futuro di Di Francesco e della Roma sarà roseo, ma Pallotta&co. dovrebbero tenere a mente che esiste anche un presente, in cui i tifosi continuano a sperare.

Insomma, Roma e Juventus a braccetto nella malinconia di questo turno di campionato, lontane dalla vetta e lontane dai programmi di inizio stagione. Unite ma divise da rivalità ataviche, e fa specie dirlo ma dispiace quasi vedere una Juventus in difficoltà. O per meglio dire, dispiace che non sia stata proprio la Roma la causa di queste difficoltà, poiché in una fase di transizione anch’essa.
Non la vedi, non la tocchi oggi la malinconia? Non lasciamo che trabocchi: vieni, andiamo, andiamo via” canta Guccini in “Autogrill“. E come quando si è in un momento di difficoltà e si crede che un viaggio possa rimettere a posto le cose, così Roma e Juventus si rituffano in Europa con gli impegni di Champions, per provare a non pensare ad un turno di campionato che ha tolto loro il sorriso e qualche certezza.

Gianluca Notari

Da Spalletti a Di Francesco, così è cambiata la Roma

Gianluca Notari – Non sono bastati 87 punti e la qualificazione certa in Champions League per convincere Luciano Spalletti a rimanere sulla panchina della Roma. L’ormai conclamato litigio con Francesco Totti e le pressioni dell’ambiente derivate dall’alterco hanno fatto sì che le strade della Roma e del tecnico di Certaldo si dividessero nuovamente. Il toscano è ormai l’allenatore dell’Inter, mentre Pallotta e i suoi hanno scelto di puntare su Eusebio Di Francesco.

Allenatori per certi versi simili – poiché entrambi propongono un gioco rapido che cura spasmodicamente la fase offensiva – ma anche molto diversi, a cominciare dal modulo: Spalletti ha reso noto in tutto il mondo il suo personalissimo 4-2-3-1 già nella sua prima avventura romana, vincendo e convincendo in tutta Europa. Oggi il modulo è rimasto lo stesso, anche se i dettami tattici si sono evoluti rispetto a 8 anni fa: il gioco in verticale non è più ricercato in maniera ossessiva come un tempo, e nell’ultimo anno e mezzo nella Capitale è stato plasmato sulle caratteristiche dei giocatori. I gol di Dzeko, le accelerazioni di Salah, Emerson Palmieri e Florenzi, i dribbling di Perotti ed El Shaarawy, la dinamicità di Nainggolan e l’intelligenza tattica di De Rossi hanno rappresentato armi letali nel suo arsenale, riuscendo nella costruzione di una squadra che ha fatto registrare il suo record storico di punti in campionato.

Eusebio Di Francesco è invece un allenatore più dogmatico, che ama un certo tipo di calcio e adatta spesso i suoi calciatori alle proprie intuizioni, forte di un pensiero sistemico e calcolato al millimetro. Di Francesco si è fatto notare al grande pubblico per lo spumeggiante 4-3-3 sfoggiato a Sassuolo, con il quale è arrivato addirittura a giocarsi i gironi di Europa League. I punti forti del calcio dell’ex Lecce sono le mezzali e gli esterni d’attacco: questi ultimi si accentrano lasciando spazio ai lati dove si infilano i centrocampisti e il terzino che duettando possono arrivare al cross o a servire una delle ali al limite dell’area. Nelle prime uscite stagionali abbiamo visto fare molto bene questo lavoro a Nainggolan, mentre Strootman sembra avere un po’ di problemi in questa nuova veste. Dzeko, rispetto allo scorso anno, è meno libero di infilarsi alle spalle della linea difensiva, mentre è spesso chiamato in causa per fraseggiare e fare sponda con i compagni, lasciando spazio libero alle sue spalle che gli esterni possono sfruttare per arrivare in porta. Ma se sulla sinistra il ruolo è coperto da El Shaarawy, sulla destra la situazione non  ancora così chiara: per il momento dovranno essere Perotti e Defrel a giocarsi il posto ogni domenica, in attesa del rientro di Patrik Schick, vero fiore all’occhiello della sessione estiva di mercato.

Gianluca Notari