Pagine Romaniste (F. Belli) – La terra gira e non cade. La trottola gira e non cade. Quello che gira non cade mai. Non è caduto mai Giancarlo De Sisti, in arte “Picchio”, trottola in romanesco. Trottola perché era ovunque in campo, girava e girava e non lo fermava nessuno. Nato nel bel mezzo della seconda guerra mondiale nel quartiere del Quadraro, cresce nella Primavera della Roma e diventa titolare giovanissimo sotto la guida del mago Herrera, che almeno qualche coniglietto dal cilindro per i tifosi romanisti l’ha tirato fuori. Era un centrocampista dotato di grande classe ma molto concreto, che optava per uno stile di gioco semplice, fatto di passaggi corti piuttosto che inutili lanci lunghi. Del resto anche Cruijff diceva: “Giocare a calcio è semplice, ma giocare un calcio semplice è la cosa più difficile che ci sia“. Si diceva, probabilmente esagerando, che sbagliasse la modica quantità di un passaggio a campionato. La sua ascesa come campione e idolo dei tifosi giallorossi però viene bruscamente fermata da una cessione forzata alla Fiorentina, che salva le casse della società da un probabile fallimento e apre le porte alla stagione della “Rometta”. Dedica quindi i suoi anni migliori ai viola, vincendo anche uno scudetto nel 1969. L’anno dopo il Picchio raggiunge anche l’apice in Nazionale, giocando da titolare la partita del secolo contro la Germania Ovest ed arrendendosi solo al Brasile di Pelè, contro quella che ancora molti oggi ritengono la formazione più forte di sempre. Resta comunque la soddisfazione di aver vinto l’unico Europeo conquistato dall‘Italia due anni prima, nel 1968.
Il ritorno alla Roma e il gol alla Lazio
I grandi amori però non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano, come diceva Antonello Venditti. Nel 1974, a 31 anni, De Sisti torna alla Roma per volere del barone Liedholm. Ed è legato proprio a quell’anno la più grande gioia della carriera di Picchio. E’ il primo dicembre e si gioca il derby, la Lazio arriva col tricolore sul petto e imbattuta nella stracittadina da ben 5 anni, un’infinità. Bisogna riportare la chiesa al centro del villaggio (citazione ante litteram di Garciana memoria), e così la decide con uno splendido gol da fuori area, proprio lui uno che di reti ne ha segnate pochissime in quasi vent’anni di carriera. Un momento così importante, così iconico che la Curva Sud al termine del match decise di donargli un elmetto, una sorta di incoronazione a leggenda dell’olimpo giallorosso che ricorda quella di papa Leone III a Carlo Magno di qualche epoca antecedente. Dostoevskij diceva: “Le piccole cose hanno la loro importanza: è sempre per le piccole cose che ci si perde”. E’ stata questa la fortuna di Giancarlo De Sisti in arte Picchio, un uomo semplice che non si è perso mai. Pagine Romaniste (F. Belli)