2016, Roma-Crotone 4-0. L’ultima di Totti da titolare in Serie A. Estetica applicata al calcio

Luca Fantoni – Poesia. Totti, quel 21 settembre 2016, ha scritto gli ultimi, bellissimi, versi di una divina commedia durata 25 anni. Allo Stadio Olimpico si affrontano Roma e Crotone e il numero dieci gioca quella che sarà la sua ultima partita da titolare in Serie A. Un canto del cigno memorabile. Giocate, geometrie e assist spettacolari regalano tre punti fondamentali ai giallorossi che non avevano iniziato al meglio la stagione, con l’eliminazione ai preliminari di Champions League e i 5 punti persi in campionato contro Cagliari e Fiorentina. Ancora una volta il capitano si prende la squadra sulle spalle in un momento non semplice. In panchina siede Spalletti. La formazione è molto simile a quella di quest’anno. A sinistra agisce Bruno Peres e non Kolarov, in mezzo al campo c’è Paredes accanto a Strootman e davanti la fascia destra è affidata a Salah. Totti gioca dietro a Dzeko, in una delle poche volte in cui sono stati utilizzati insieme. Il Crotone ha ancora in squadra Ferrari e Capezzi e davanti si affida a quello che sarà il trascinatore degli “squali” verso la salvezza: Diego Falcinelli.

LA PARTITA – Il canovaccio tattico del match è chiaro fin da subito. La Roma attacca e il Crotone si difende con tutti gli effettivi. La prima azione capita sui piedi di Dzeko che, defilato sulla sinistra, prende il palo esterno. È solo il preludio al gol che arriva dopo 26 minuti con El Shaarawy, che raccoglie un cross di Florenzi e batte Cordaz. Sul finale di tempo Salah raddoppia dopo un bello scambio con Paredes. Nella ripresa inizia il Totti show. Al 48° infatti, il capitano riceve palla poco prima del centrocampo e di prima, senza guardare dov’è il compagno, sperando che Dzeko riesca ad intuire il suo genio calcistico, mette al bosniaco una palla stupenda davanti al portiere avversario. L’attaccante, per non svilire un tale gesto tecnico, supera l’estremo difensore con un pallonetto perfetto. Nove minuti dopo la luce si accende ancora. Il numero 10, girandosi, gioca una palla splendida sulla corsa di Salah. L’egiziano serve poi Dzeko che non sbaglia. 4-0 e tanti applausi per i capitolini. Nel finale i calabresi vanno vicino al gol della bandiera con un rigore parato da Szczesny e un palo di Salzano. Pareggieranno il conto con la sfortuna salvandosi miracolosamente all’ultima giornata.

La situazione in casa giallorossa è piuttosto diversa rispetto alla scorsa stagione. In Champions il discorso qualificazione è apertissimo e l’inizio di campionato è stato più che buono. Il rischio che Di Francesco deve arginare è quello di sottovalutare l’avversario. Non potrà più contare su un talento come quello di Francesco Totti ma deve affidarsi a quelli che ora sono i due gioielli di Roma: Dzeko e Kolarov. Un’ amicizia, la loro, nata in quel Manchester, proprio come quella di cinque ragazzi, gli Oasis, che, nel 2002, cantavano il successo “Little by Little”. Così la Roma deve costruire le sue vittorie, Little by Little, poco alla volta.

Luca Fantoni

1981, Torino-Roma 1-1 (3-5 d.c.r). Nessuna rivincita, i giallorossi vincono la loro 4° Coppa Italia

Luca Fantoni – Estate 1981. La Roma, che ha terminato il campionato al 2° posto dietro la Juventus, si appresta a giocare la finale di ritorno di Coppa Italia contro il Torino. All’ombra della Mole si respira aria di rivincita. È passato un anno infatti, da quando i giallorossi hanno sconfitto i granata ai rigori, aggiudicandosi il trofeo. La partita di andata, all’Olimpico, è terminata 1-1 con il gol di Ancelotti e l’autorete di Santarini. Il clima, sulle tribune dello Stadio Comunale, non è dei migliori. I rapporti tra le due tifoserie non sono mai stati idilliaci. La situazione si era però inasprita ulteriormente dopo il caso dell’accoltellamento del tifoso romanista Corrado Lentini, nei tafferugli occorsi in seguito alla partita di Serie A di tre mesi prima. In campo il match si preannuncia combattuto. Il Toro di Cazzaniga è una squadra forte. Viene dallo scudetto del ’76 e da una serie di ottimi piazzamenti, trascinati, in attacco, dal duo Pulici-Graziani. La Roma di Liedholm è l’embrione di quella che poi vincerà lo scudetto nel 1983. Tancredi difende i pali. Romano, Maggiora, Turone e Bonetti giocano in difesa. Falcao, Di Bartolomei e Ancelotti formano il trio di centrocampo mentre davanti Conti e Scarnecchia supportano bomber Pruzzo.

LA PARTITA – L’incontro inizia sotto una fitta nebbia, a causa dei fumogeni lanciati dai tifosi. A partire meglio sono i capitolini che si rendono pericolosi con gli inserimenti da dietro di Falcao e Ancelotti. Al 37° tuttavia, sono i padroni di casa a passare in vantaggio. Cuttone riceve palla da Pecci sulla destra e lascia partire un siluro che si infila sotto la traversa, con la leggera complicità di Tancredi. Nel secondo tempo la Romaprova a reagire e al 62° trova il pareggio. Falcao batte velocemente una punizione per Scarnecchia che viene steso in area da Zaccarelli. Michelotti fischia il calcio di rigore e Di Bartolomei non sbaglia, calciando forte e centrale. Nonostante un paio di gol salvati sulla linea dai difensori di Cazzaniga, e un possibile rigore per il Torino in area dei giallorossi, il risultato non cambia e la partita si trascina fino ai calci di rigore. Dagli undici metri falliscono prima Pecci e Di Bartolomei, che avevano sbagliato anche l’anno prima. L’errore decisivo lo commette però Graziani perché, dopo la parata di Tancredi, Falcao segna il 5° tiro dal dischetto e regala la Coppa Italia alla squadra di Liedholm.

Da quelle due partite vinte contro il Torino si costruì la Roma che conquistò poi lo scudetto nel 1983. Il match di domenica ha evidentemente meno importanza, anche se tre punti in casa granata potrebbero rilanciare i ragazzi di Di Francesco anche in campionato, dopo l’ottima prestazione con il Chelsea in Champions League.

Luca Fantoni

2001, Liverpool-Roma 0-1. La prima e unica vittoria in Inghilterra è amara per i giallorossi

Luca Fantoni – Una vittoria. Questo è il misero bottino ottenuto dalla Roma su 16 partite in Inghilterra. È il 2001. I giallorossi si apprestano a vincere il loro terzo scudetto e, a metà febbraio, sono ancora impegnati sul fronte europeo, in Coppa Uefa. L’avversario agli ottavi di finale è il Liverpool allenato da Houllier e che può vantare in squadra giocatori come Heskey, un giovane Gerrard e, sopratutto, Michael Owen, pallone d’oro di quell’anno. All’andata, all’Olimpico, finisce 0-2 per i Reds grazie ad una doppietta proprio del “Wonderboy”. Una settimana dopo, nello storico Anfield, i ragazzi di Capello sono chiamati ad un impresa per ribaltare la qualificazione. L’allenatore friulano schiera il suo solito 3-5-2 con Antonioli in porta, Zebina, Zago e Samuel in difesa. Rinaldi e Candela agiscono sulle fasce, con il terzetto di centrocampo formato da Assunçao, Tommasi e Nakata. Davanti giocano Montella e Delvecchio. Gli inglesi si posizionano con un 4-4-2 con Westerveld tra i pali, Babbel, Carragher, Henchoz e Hyypïa in difesa, Barmby, Hamann, McCallister e Ziege in mezzo al campo, Heskey e Owen in attacco.

LA PARTITA – La Roma inizia subito forte, senza alcun timore riverenziale, conscia di dover recuperare un passivo di due reti. Nel primo tempo c’è un’occasione per parte. Prima Delvecchio calcia a lato, strozzando troppo il sinistro, poi Owen si divora il vantaggio a tu per tu con Antonioli. La seconda frazione si apre nel peggiore dei modi. Zebina trattiene in area Heskey e l’arbitro Aranda fischia, piuttosto generosamente, il calcio di rigore. Sul dischetto si presenta il “Wonderboy” che si fa però ipnotizzare dal portiere. I giallorossi passano dal possibile inferno al paradiso in dieci minuti. Al 69° infatti, Guigou, entrato poco prima al posto di Rinaldi, raccoglie una palla fuori area elascia partire un sinistro che si infila alle spalle di Westerveld. A quel punto Tommasi e compagni iniziano a credere alla rimonta e si buttano in avanti. A dodici dalla fine, il cross di Montella sbatte sul braccio di Babbel. L’arbitro fischia il rigore, per poi ripensarci pochi istanti più tardi ed assegnare soltanto calcio d’angolo, tra le proteste, giustificate, di tutti i romanisti. I Reds riescono a resistere all’assalto finale e si portano a casa una qualificazione che, a prescindere dall’errore arbitrale, si era decisa con la sconfitta per 2-0 all’Olimpico.

Allora si parlò di una vittoria “mutilata”. Un successo Mercoledì contro il Chelsea, al contrario, potrebbe dare uno sprint alla stagione della Roma e facilitare notevolmente il discorso qualificazione. Di Francesco era in panchina sedici anni fa, nella sfida di Anfield, e lo sarà anche a Stamford Bridge, stavolta per guidare i giallorossi, per dimostrare a tutti che, dopo Giulio Cesare e Guigou, qualcun altro è pronto a conquistare l’Inghilterra.

Luca Fantoni

1997, Roma-Napoli 6-2. Primo gol giallorosso in Serie A per Di Francesco

Luca Fantoni – Autunno 1997. La Roma ha concluso la stagione precedente con un deludente 12° posto. Franco Sensi chiama a guidare la squadra un tecnico che, solo sei mesi prima, era sulla panchina della Lazio, Zdenek Zeman. Il boemo, grazie a partite pirotecniche e buoni risultati, ci mette poco a fare breccia nella diffidenza della tifoseria giallorossa. Dopo il discreto avvio in campionato, con due vittorie e due pareggi, di cui uno con la Juve, come avversario arriva all’Olimpico il Napoli di Mutti. I partenopei si presentano con poche aspirazioni e con una squadra modesta, che annovera tra i giocatori migliori il portiere Taglialatela, Igor Protti e un giovane Bellucci. I giallorossi, al contrario, esibiscono una formazione dai nomi altisonanti. Konsel difende i pali, Cafù a destra, entrambi arrivati quell’estate, Aldair e Petruzzi al centro, con Candela a sinistra. Di Biagio gioca come mediano e, davanti a lui, agiscono Tommasi ed Eusebio Di Francesco. L’attuale tecnico della Roma fu acquistato in quella sessione di mercato estivo, dopo due ottime stagioni al Piacenza. In attacco Totti assiste le due punte Balbo e Gautieri.

LA PARTITA – Il match contro il Napoli è l’esempio perfetto del calcio zemaniamo. Pressing asfissiante e difesa altissima. Nei primi minuti la Roma spinge e trova subito il vantaggio grazie a Candela, che vince un rimpallo con Prunier e batte Taglialatela con un tiro a giro. Al 34° Di Francesco comincia a dare spettacolo, saltando con una finta il difensore e appoggiando a Gautieri che con il destro piazza la palla all’incrocio dei pali per il 2-0. Nel secondo tempo i capitolini dilagano. Per primo trova il gol Balbo, che firma la sua 100° rete in campionato, e poi proprio Di Francesco che, sugli sviluppi di un angolo, calcia forte con il destro e cala il poker. Per l’abruzzese è la prima gioia in Serie A con la maglia della Roma, dopo aver segnato in Coppa Italia, un mese prima, contro il Verona. Dopo il 5-0 firmato ancora da Balbo, il Napoli prova a reagire con i gol di Altomare e Bellucci ma, ad un minuto dalla fine, sempre l’attaccante argentino fissa il risultato sul definitivo 6-2, realizzando la tripletta personale.

Il campionato della Roma si chiuderà al 4° posto, dopo una serie di alti e bassi in pieno stile Zeman. Una delle poche certezze di quella stagione fu Eusebio Di Francesco che diventerà, poi, una delle colonne portanti dello scudetto del 2001. Parte della sua crescita come giocatore è passata anche per quella partita contro il Napoli. Questa volta, da allenatore, Di Francesco spera che la sua Roma possa diventare grande attraverso un’altra vittoria sui partenopei, anche se non sarà un 6-2.

Luca Fantoni

Da Dzeko a Charles: cronistoria di una Roma… d’oro

Gianluca NotariTredici giocatori. Nella sua storia, la Roma ha avuto candidati in lizza per il Pallone d’Oro tredici calciatori, per un totale di diciotto candidature. Dopo due lustri in cui nessun giallorosso aveva raggiunto questo traguardo, quest’anno è toccato a Edin Dzeko: dopo aver vinto il titolo di capocannoniere della Serie A e quello di capocannoniere dell’Europa League, era difficile rimanere fuori dalla lista dei 30 migliori calciatori che giocano in Europa. Prima di lui però è toccato ad altri, giocatori simbolo della storia della Roma. L’ultimo fu Francesco Totti, nel 2007, l’anno in cui poi vinse la Scarpa D’Oro. Tornando ancora indietro nel tempo, nel 2004 fu inserito Traianos Dellas, fresco vincitore del più incredibile dei campionati Europei degli ultimi decenni. Nel 2003 ancora Totti, mentre nel 2002 fu la volta di Marcos Cafu, che da poco aveva sollevato nel cielo di Yokohama la quinta Coppa del Mondo della storia del Brasile. Nel 2001 toccò ancora al numero 10 insieme a Damiano Tommasi, testa e corpo della Roma tricolore, mentre nel 2000 di nuovo il Capitano, che durante l’estate si era reso autore dell’insano ‘cucchiaio’ a Van der Sar nella semifinale degli Europei, e Gabriel Omar Batistuta, appena trasferitosi in giallorosso.

Poi anni di vuoto, tornando indietro nel tempo fino al 1992, quando Thomas Hassler, in quegli anni sulla cresta dell’onda con la propria Nazionale, si piazzò al quarto posto, risultando tra tutti i romanisti quello che è arrivato più in alto. Per tre volte poi fu Rudi Voeller ad essere tra i 30 selezionati finali, nel 1987, nel 1990 e nel 1991. Poi Boniek nell’85, e Bruno Conti nell’82 e nell’83. Da qui in poi si va nella preistoria: Karl-Heinz Schnellinger nel 1963, quando era di proprietà della Roma ma giocava nel Mantova. In casacca giallorossa ci giocò la stagione successiva, quella ’64-’65, quando poi fu ceduto al Milan, di cui divenne una bandiera per ben nove anni. L’ultimo della lista, ed il primo in ordine temporale, fu John Charles: attaccante gallese classe 1931, giocò con la Roma per una sola stagione, mettendo a segno quattro reti in appena dieci presenze. Fu inserito nella lista per il Pallone d’Oro nel 1962, arrivando ottavo nella classifica finale.

Gianluca Notari

Di Francesco al Festival del Calcio: “Scelsi la Roma per Franco Sensi. Vince chi sbaglia meno. Schick ha l’istinto del campione”

Simone Burioni – E’ il momento del gran finale al“Festival del Calcio” che nell’ultima settimana ha visto Firenze diventare la capitale di questo sport nella prima edizione dell’evento. Questa mattina, presso il Caffè Paszkowski in piazza della Repubblica, Paolo Condò e Giuseppe De Bellis intervistano l’allenatore della Roma Eusebio Di Francesco.

LIVE

Ore 12:10 – Di Francesco al termine dell’evento ha rilasciato una battuta ai giornalisti presenti: “Gli infortunati li valuteremo oggi“.

Ore 12:00 – Finisce la conversazione tra Di Francesco e Condò.

Ore 11:15 – Condò inizia a conversare con Di Francesco:

Cosa è cambiato dal Sassuolo alla Roma? Dopo la tua seconda esperienza a Roma ti saresti immaginato di tornarci da allenatore?
Assolutamente no perché la mia scelta all’epoca era di staccare totalmente dal calcio. Poi aver preso uno stabilimento a Pescara mi ha dato la possibilità di smettere e fare la vita dei miei genitori. Ma poi ti rendi conto che ti mancano tanti aspetti del campo e quindi ci vuoi tornare. La casualità ha voluto che io tornassi a Roma e credo sia per me una cosa unica. Lo faccio con grande voglia, ci sono pressioni differenti rispetto al Sassuolo. Le tue pressioni interne però sono identiche, perché dei risultati devi portarli da una parte e dall’altra. Gli obiettivi sono diversi ma comunque importanti.

Obiettivo della Roma lo scudetto. Per te sarebbe stato uguale se fosse arrivata una proposta simile da altri club?
Avevo alcune opportunità ma è stata una scelta di sentimento. Roma mi ha dato tanto, ci sono molto legato. Questo è uno stimolo in più. Quando scelsi la Roma da calciatore è stata la stessa cosa perché io potevo andare in altre grandi squadre italiane, anche più blasonate, ma io ho scelto per la persona che più mi ha voluto, Franco Sensi. Io a novembre avevo già un accordo con la Roma. Mi lego tanto alle persone. Sarei potuto andare da altre parti ma non è scattata la scintilla.

Come hai cambiato mentalità da giocatore ad allenatore?
Ruoli totalmente differenti perché il calciatore è più orientato a se stesso, alla propria prestazione. L’allenatore ha una società alle spalle, deve gestire uno staff completo, tantissimi giocatori dove l’aspetto psicologico è fondamentale. Valutare le scelte di campo. Io sono subentrato da allenatore in situazioni dove si giocava 4-4-2. Non essendo incosciente ho cercato di inculcare le mie idee su un sistema di gioco differente dal mio. Potrà succedere ancora, l’importante è avere una filosofia di calcio. Comunque vi assicuro che sono due ruoli differenti. Un calciatore sul campo deve tirare fuori tutto quello che ha. L’allenatore dipende dai calciatori. Anche un calciatore ormai dipende dal mister e da quello che gli viene trasmesso.

L’allenatore della Roma deve aderire al volere popolare o essere disincantato, come Capello?
Magari ci sono stati altri allenatori che sono stati disincantati e non sono riusciti a vincere. Sicuramente io sono molto staccato da certe dinamiche. Se dovessi andare dietro a certe cose sbaglierei sicuramente. Non si vince non sbagliando ma sbagliando meno. Credo che la squadra che sbagli meno alla fine vince. Per arrivare a questo devi staccarti da tante dinamiche e concentrarti solo sul tuo lavoro. Lo spogliatoio viene prima di tutto.

Come ha gestito la vicenda di Dzeko nello spogliatoio dopo la partita con l’Atletico Madrid?
Ha sbagliato perché dietro c’è un lavoro e tanti di voi non possono sapere quello che facciamo in settimana. Anche altri possono far fatica a digerire determinate cose. La cosa importante è avere i risultati che legittimino il tuo lavoro, che è difficile non solo a Roma. Perché poi sembra che uno punti il dito sempre verso giornalisti, radio, etc… Basta, cambiamo mentalità. Incontro gente che mi dice di non dare retta a nessuno poi però danno tutti retta a tutti. Predicano bene e razzolano male. Non c’è niente di male ad esprimere il proprio pensiero con educazione, rispetto a chi non lo fa. La cosa fondamentale è il tempo per trasmettere le idee di gioco. Come quando entri in azienda, servono anni per farla crescere. Sarri per esempio, ricordiamoci da dove è partito, dal sistema di gioco iniziale e le difficoltà del caso. Chi gli è stato vicino ha avuto l’intelligenza di aspettare e credere in questo allenatore. Noi siamo partiti facendo un ritiro e una tournée. Dopo 3 giorni in cui avevo tutti i giocatori abbiamo affrontato Psg, Juventus e Tottenham, senza mai perdere.

Un allenatore non ha più il potere di scegliere cosa fare durante l’estate?
Ora come ora ti direi di si, però se vieni preso a metà giugno quando tutto è programmato non è corretto. Tu entri e ti devi adattare, ma non deve essere un alibi. A scuola di solito si passa dal facile al difficile. Noi siamo partiti con tutte gare difficili e questo magari non trasmette consapevolezza e forza alla tua proposta di gioco. Poi siamo arrivati alla sfida con l’Inter, che forse meritavamo più di tutte le altre gare di vincere, e l’abbiamo persa. In quel caso il giudizio si basa sui 20 minuti finali, che fanno la differenza. Io però non mi posso basare su solo 20 minuti ma su una prestazione complessiva, quello che magari la gente non riesce a capire. La forza sta nel continuare a credere in quello che si propone. Dzeko, in una gara in cui tocca 2 palloni ma per demerito non solo degli altri ma anche suo, doveva mettersi a disposizione e la differenza è lì. Ma lui lo sa benissimo, a fine gara anche io posso dire le cose non giuste. Di solito a fine partita nello spogliatoio non entro, parlo due giorni dopo quando la lucidità ti porta a dare giudizi differenti. Come anche i giornalisti, che magari fanno i voti di getto, giustamente. Si scrivono tante cavolate, ma è anche normale.

Com’è cambiato il rapporto con i media?
Dipende dal contesto. Ora ci si avvicina meno ai giornalisti. Si parla nelle conferenze. Credo però sia normale perché tante volte si cerca più il pettegolezzo che il vero messaggio delle parole. I social hanno cambiato molto. Non dico che sia sbagliato, fa parte delle nuove generazioni. Tornando alle pagelle è il particolare che fa la differenza perché vi assicuro che i calciatori leggono le pagelle. E gli danno molto peso. Questo può influire in una stagione perché c’è chi si butta giù. Anche la mia comunicazione è importante all’interno della squadra. Un titolo di giornale può mettermi molto in difficoltà. Questo non deve accadere ed è fondamentale essere chiari. I media sono importanti all’interno di uno spogliatoio, per me un pochino meno perché la vivo in maniera differente e riesco ad accettare qualsiasi giudizio. Poi se mi chiedi il mio parere io ti rispondo, ma non verrò mai a chiederti perché hai scritto una determinata cosa.

Molti anni fa però si poteva assistere agli allenamenti…
A Sassuolo gli allenamenti erano aperti fino al giovedì, chiudevo il venerdì solamente per alzare la tensione dei giocatori. Alla Roma è differente perché abbiamo Roma TV che è una casa del Grande Fratello, nel senso positivo però (ride ndr). I giornalisti a Pinzolo potevano assistere sempre, a volte quindi se dicono che non ho mai lavorato sulla fase difensiva anche se hanno visto gli allenamenti dove dedicavamo 40 minuti solo alla linea difensiva, ti fa capire che quando uno scrive deve anche informarsi. A Sassuolo, ambiente differente ovviamente, potevano assistere tutti, ma non vedevo sempre i giornalisti perché avevano anche loro le proprie cose da fare. Roma ovviamente sarebbe differente.

Molti anni fa però arrivò al Milan un marziano come Sacchi che cambiò il modo di allenarsi…
Nulla nasce per caso, la ripetitività aiuta. Ora il calcio è tecnica e velocità. Arrigo ha cambiato il modo di pensare il calcio. Una volta si andava a 2 all’ora, era pieno di tempi morti. I giocatori tecnici di una volta nel calcio di adesso avrebbero dovuto alzare la velocità.

Nella partita della nazionale con la Macedonia hai notato la grande distanza tra difesa e centrocampo?
Sinceramente non l’ho vista, non lo dico per non dare giudizi, ma il gioco di Ventura tende a far aprire il campo. Può essere un vantaggio ma uno svantaggio nel recupero immediato. Io vorrei sempre avere una squadra corta, il difensore tende ad essere pigro quando non ha la palla e questa cosa va alimentata con una maggiore partecipazione.

Credi in una fusione totale tra possesso palla e recupero?
Chi attacca deve essere positivo, chi difende deve essere pessimista e aspettarsi sempre il peggio. Il “non me l’aspettavo” significa prendere un gol o non segnare, non essere un professionista. Le transizioni sono immediate nel calcio, roba di centesimi, lavorare su questi aspetti è determinante.

Quanto tempo dedichi all’analisi dei dati?
Nel dopo partita sono attento anche con chi vado a parlare. A me piace il giornalista che riesce a non prepararsi le domande, ma fa le domande in base alle risposte. I dati mi interessano meno. Oggi ci sono gli analisti e i tattici ma per me l’unico analista è il mister, il copia e incolla non esiste da nessuno. Si valuta insieme ad altre persone e si cerca di trasmettere. Il cambio di posizione di Nainggolan in Milan-Roma, quando l’ho messo addosso a Biglia, è stato motivato vedendo i dati dei palloni toccati. Lì è cambiata un po’ la gara. I centrocampisti si appiattivano e non si potevano fare ripartenze, in quelle situazioni bisognava andare da quella parte e basta. Lì è cambiata la partita. Si può parlare di bravura o di fortuna, ma a volte l’immediatezza nell’intrepretare certe cose fa la differenza. Sono cose che fanno parte del nostro lavoro. I dati in certe fasi sono importanti. Se andate a vedere i terzini sono i giocatori che hanno giocato più palloni, una scelta dettata dall’impostazione tattica.

Hai già studiato per il Napoli?
Assolutamente sì.

La partita dello scorso anno?
Ricordo quella partita, ai punti il Napoli ha meritato la vittoria ma nel finale la Roma poteva fare 3 gol. Con il Sassuolo pareggiai al San Paolo. Il Napoli costruisce tanto da una parte per andare a finalizzare dall’altra, è una grande qualità. Ci sono tante sfaccettature del basket. Gasperini trasmette molto in questo senso, come i duelli individuali. Io lavoro più su duelli di zona.

Bilancio in perfetta parità contro Sarri per te. Ti piace affrontare le squadre di Sarri?
C’è stata un’evoluzione di Sarri, lavorando 3 anni con una squadra, che ha trasmesso la sua idea di gioco. Quando perse con me giocava con un altro modulo, il 4-3-1-2 dove si cercava più verticalità, ora la forza del suo Napoli è la capacità di lavorare sulle catene esterne. Sentivo un’ottima analisi giorni fa: non fa mai appiattire i suoi giocatori su una linea di passaggio. Io però cerco di lavorare però prima sulla mia squadra, per non far realizzare il suo sistema di gioco.

Uno spareggio per la lotta scudetto?
Magari no, ma è una partita fondamentale. Ogni partita, piccola o grande che sia, la facciamo diventare importante, questa avrà un gusto particolare.

Roma e Napoli sono l’obiettivo da raggiungere per le altre squadre italiane?
La squadra da battere resta la Juventus. Roma e Napoli sono quelle che si sono avvicinate di più, hanno anche la potenzialità giusta. La Roma ha cambiato di più, in primis l’allenatore, ma non vuol dire che siamo meno competitivi, siamo qui per crescere. Ci dispiace non aver giocato a Genova, a livello psicologico un po’ pesa e a lungo andare può pesare, dipenderà molto dal risultato contro il Napoli.

Schick, che personalmente mi piace da impazzire?
Mi farebbe impazzire anche poterlo allenare (ride, ndr). Ma si vede che ha l’istinto del campione. Non sto a dire in che ruolo giocherà, magari cambierò qualcosa a livello tattico ma è un attaccante, non solo una prima punta ma comunque un attaccante centrale. Dipende sempre dal sistema di gioco. Se andate a vedere le cose migliori alla Samp le ha fatte partendo dal centrodestra, caratteristica importante per me il piede invertito.

Giampaolo dice che nelle sue giocate non è mai banale…
Assolutamente, ha delle qualità importanti. Schick è un ragazzo giovane che magari ora manca in continuità. Non diamo però giudizi affrettati. Ho allenato tanti giovani e vi dico che vanno accompagnati e aiutati.

Ore 11:10 – Inizia l’evento al Caffè Paszkowski.

Simone Burioni

Tutti gli impegni dei calciatori giallorossi in Nazionale prima di Roma-Napoli

Simone Burioni – Il campionato si ferma sul più bello per la Roma. I giallorossi torneranno in campo il 14 ottobre contro il Napoli allo stadio Olimpico. Adesso tocca alle Nazionali. Sono dieci i calciatori della Roma convocati nelle rappresentative dei corrispettivi Paesi.

Alisson è stato confermato tra i pali del Brasile che affronterà la Bolivia ed il Cile il 5 e l’11 ottobre. Anche il secondo portiere giallorosso Lukasz Skorupski è stato chiamato dal ct della Polonia  per le gare del 5 e dell’8 ottobre, rispettivamente contro Armenia e Montenegro. Bogdan Lobont, a sorpresa, si riprende la Nazionale rumena all’età di 39 anni per le partite contro Kazakistan e Danimarca (5 ed 8 ottobre).

Manolas tornerà alla guida della retroguardia greca per le sfide contro Cipro (7 ottobre) e Gibilterra (10 ottobre). Federico Fazio è stato inserito nella lista stilata dal ct dell’Argentina Jorge Sampaoli per i match contro Perù (6 ottobre) ed Ecuador (11 ottobre). Il capitano del Messico, Héctor Moreno prenderà in mano le redini della propria Nazione, guidando la squadra nelle partite contro Trinidad ed Honduras del 7 e dell’11 ottobre. Non poteva mancare all’appello Aleksandar Kolarov, l’uomo simbolo della prima parte di stagione giallorossa: la sua Serbia affronterà Austria e Georgia il 6ed il 9 ottobre e potrebbe ipotecare la qualificazione già contro gli austriaci.

Stephan El Shaarawy è l’unico italiano della Roma a rientrare nella lista di Ventura, dopo che Daniele De Rossi e Lorenzo Pellegrini sono stati esclusi causa infortunio. Il Faraone tenterà di tornare al gol contro Macedonia (6 ottobre) e Albania (9 ottobre). Anche il giovane Cengiz Under è stato chiamato dalla propria Nazionale. Il turco ci sarà contro Islanda (6 ottobre) e Finlandia (9 ottobre). Una formalità la convocazione di Edin Dzeko con la sua Bosnia, dopo che il numero 9 della Roma si era caricato la squadra sulle spalle e l’aveva portata alla vittoria contro il Milan a San Siro. Edin sfiderà il Belgiodell’escluso Nainggolan e l’Estonia, rispettivamente il 7 e il 10 ottobre.

LISTA CONVOCATI ROMA:

ALISSON (Brasile) – Bolivia (5/10/17) e Cile (11/10/17)

SKORUPSKI (Polonia) – Armenia (5/10/17) e Montenegro (8/10/17)

LOBONT (Romania) – Kazakistan (5/10/17) e Danimarca (8/10/17)

MANOLAS (Grecia) – Cipro (7/10/17) e Gibilterra (10/10/17)

FAZIO (Argentina) – Perù (6/10/17) e Ecuador (11/10/17)

MORENO (Messico) – Trinidad (7/10/17) e Honduras (11/10/17)

KOLAROV (Serbia) – Austria (6/10/17) e Georgia (9/10/17)

EL SHAARAWY (Italia) – Macedonia (6/10/17) e Albania (9/10/17)

UNDER (Turchia) – Islanda (6/10/17) e Finlandia (9/10/17)

DZEKO (Bosnia) – Belgio (07/10/17) e Estonia (10/10/17)

*Daniele De Rossi e Lorenzo Pellegrini non convocati con l’Italia per infortunio.

Simone Burioni

Qarabag-Roma 1-2: le pagelle. Manolas il migliore, serata da dimenticare per Gonalons

Luca Fantoni – La Roma fatica ma trova tre punti fondamentali contro un Qarabag che si è dimostrato un avversario più duro del previsto. Dzeko e compagni si sono imposti con il risultato di 2-1 grazie alle reti del bosniaco e di Manolas. Per gli azeri a segno Pedro Henrique che ha sfruttato un banale errore in fase d’impostazione di Maxime Gonalons. I giallorossi ora sono attesi dalla trasferta allo Stamford Bridge, in casa del Chelsea, per una partita che può decidere già gran parte delle sorti del gruppo C.

ROMA

Alisson 6 – Il brasiliano non ha grandi colpe sul gol e, a causa dell’imprecisione degli azeri, non è particolarmente chiamato in causa durante il resto della partita.

Bruno Peres 5.5 – Il terzino ex Torino non si è fatto vedere in avanti come di consueto e si è reso protagonista anche di alcuni errori banali in fase d’impostazione. In una delle poche sortite offensive effettua un bel cross sulla testa di El Shaarawy che va vicino al gol.

Manolas 7 – Il greco ha il merito di sbloccare la partita e anche quello di tenere a galla una difesa che oggi sembrava far acqua da tutte le parti. Più in palla del compagno di reparto anche nel costruire gioco.

Juan Jesus 5.5 – Il centrale mancino fa un passo indietro rispetto alle ottime prestazioni delle partite precedenti. Impreciso negli appoggi, nel finale rischia di provocare il pareggio del Qarabag permettendo a Ndlovu di saltare da solo in area.

Kolarov 6.5 – Dopo due partite in fase leggermente calante, il serbo si riprende alla grande dimostrandosi uno dei registi di questa squadra. La modestia dell’avversario lo aiuta, ma quando parte sulla fascia è difficile da contenere per chiunque.

Nainggolan 5.5 – Prestazione stranamente incolore per il belga che non partecipa a quasi nessuna azione offensiva dei giallorossi.

Gonalons 4.5 – L’aria di Champions non fa bene al numero 21. Sbaglia quasi tutti i passaggi, anche quelli più semplici, e un suo errore causa il gol del 2-1. Serata completamente da dimenticare.

Pellegrini 6 – Il giovane centrocampista della Roma è più nel vivo del gioco rispetto a Nainggolan ma, anche lui, non si rende quasi mai pericoloso se non con un tiro da fuori nella ripresa.

Defrel 5 – Dimostra ancora una volta che il suo ruolo naturale non è quello di esterno destro. Il francese, oggi chiamato più ad offendere che a difendere, non riesce nel suo compito. Non crea alcuna situazione pericolosa e si divora il gol che poteva chiudere la partita.

Dzeko 6 – Trova l’ennesimo gol di questo inizio di stagione ma la prestazione è da rivedere. Il bosniaco si muove di meno rispetto al solito, forse anche a causa della stanchezza accumulata nelle molte partite giocate fino ad adesso. Un turno di riposo non gli farebbe male.

El Shaarawy 5.5 – La partita del faraone è meno scoppiettante rispetto a quella contro l’Udinese. Da segnalare il bellissimo assist sul gol di Dzeko ma poco altro. Non salta quasi mai l’uomo, giocando troppo sull’esterno e non accentrandosi come gli chiede Di Francesco.

Florenzi (dal 57°) 5.5 – Entra in campo per sostituire Defrel infortunato ma non riesce a dare quella spinta in più che servirebbe.

De Rossi (dal 67°) S.V. Entra al posto di un Gonalons sottotono.

Strootman (dal 82°) S.V. Rileva un affaticato Pellegrini.

Di Francesco 5.5 – L’atteggiamento con cui la Roma rientra in campo dopo l’intervallo è discutibile. Troppo tardivo il cambio di Gonalons quando era evidente che non era la sua serata.

Luca Fantoni

Champions League, tutti gli incroci di calendario con il campionato romanista. Ritorno con l’Atletico tra Lazio e Genoa

Simone Burioni – Trentadue squadre per una sola coppa. La Champions League è il torneo competitivo per antonomasia ed ogni dettaglio può fare la differenza. Tra questi rientrano la forma fisica di una squadra, la sua determinazione, lo stato d’animo di ogni singolo calciatore. Per questo è importante conoscere tutti gli incroci di calendario che la Roma dovrà affrontare. Prima dell’esordio casalingo in Champions League del 12 settembre contro l’Atletico Madrid di Simeone, la Roma affronterà la Sampdoria fuori casa, mentre pochi giorni dopo la gara con gli spagnoli sarà la volta di Roma-Hellas Verona. Il 27 settembre è prevista la lunga trasferta a Baku per affrontare il Qarabag, ma i giallorossi dovranno sfidare, pochi giorni prima, l’Udinese di Luigi Delneri all’Olimpico. La squadra tornerà in campo il primo ottobre a San Siro contro il MilanRoma-Napoli è il match che precede l’insidiosa trasferta contro il Chelsea di Conte, in programma per il 18 ottobre. I giocatori avranno solo una manciata di giorni per recuperare, prima di dirigersi a Torinoper la sfida contro i granata. Il 31 ottobre sarà ancora la volta dei Blues per la prima giornata di ritorno del girone, partita che si giocherà in casa come quella che precede questo big-match, ovvero Roma-Bologna. Il 5 novembre, salvo cambiamenti, è in programma la trasferta di Firenze, valida per la 12° giornata di Serie A. Ancora più delicato sarà il derby con la Lazio che potrebbe essere determinante per l’umore dei ragazzi di Di Francesco in vista della sfida contro l’Atletico Madrid del 22 novembreal Wanda Metropolitano, alla quale seguirà un difficile Genoa-Roma. Il 5 dicembre andrà in scena l’ultima gara del girone, quella contro il Qarabag all’Olimpico, preceduta da un Roma-Spal che potrebbe permettere alla squadra di rifiatare in vista di un possibile match da “dentro” o “fuori”. I calciatori torneranno poi in campo contro il Chievo dopo 4-5 giorni, in trasferta al Bentegodi di Verona.

 Simone Burioni

Champions League, il girone della Roma: Chelsea e Atletico le certezze, ma occhio al Qarabag

Gianluca Notari – La fortuna, si sa, non guarda in faccia a nessuno. La sfiga, invece, si dice veda benissimo. Si scherza, naturalmente, ma è più o meno questo quello che deve esser passato per la testa ai tifosi della Roma quando ieri, dall’urna di Nyon, i giallorossi sono stati sorteggiati nel gruppo C dei gironi di Champions League, ovvero quello con Chelsea, Atletico Madrid e Qarabag. E pensare che la sorte poteva dire ben altro: la Roma sarebbe potuta essere nel girone F, quello che poi è toccato al Napoli, il quale affronterà sì il Manchester City, ma che poi dovrà vedersela con due squadre di medio cabotaggio come lo Shaktar Donetsk e il Feyenoord, veramente poca roba pensando invece alle sfide che attendono la squadra di Eusebio Di Francesco.

Il Chelsea di Antonio Conte, fresco campione di Premier League, si è presentato come testa di serie a questa Champions League. Difficile ipotizzare una sua vittoria finale: il tecnico italiano nelle coppe europee ha sempre stentato, e nonostante il livello altissimo della rosa, la stagione non è iniziata nel migliore dei modi: nonostante i Blues si siano aggiudicati il primo derby di Londra della stagione, all’esordio hanno perso in casa contro il modesto Burnley. Inoltre, rimbalzano da più parti le voci di un Conte piuttosto scontento del mercato estivo, poiché nonostante i diversi acquisti – e i molti soldi spesi – la rosa è rimasta incompleta e piuttosto corta, inadatta per affrontare 4 competizioni. Inoltre, si aspetta ancora il rientro a pieno regime di Eden Hazard, la vera stella di questa squadra, il quale potrebbe dare la giusta spinta in questo momento di confusione nell’ambiente Chelsea.

Eden Hazard, l’arma in più di Antonio Conte

L’Atletico Madrid, dal canto suo, non ha bisogno di presentazioni: si è scritto, parlato e discusso in ogni dove e quando sulla filosofia di gioco di Diego Simeone, che in pochi anni ha riportato l’Atletì su livelli altissimi, raggiungendo per ben 2 volte in quattro anni la finale di Champions League, persa però entrambe le volte per mano dei rivali del Real Madrid. Una squadra solida e collaudata, che però ha avuto la finestra di mercato estiva chiusa, per scontare una pena circa alcune irregolarità riscontrate dal TAS nella compravendita di giocatori minorenni. Per questo motivo, Vitòlo – promesso sposo dei Colchoneros – si è trasferito in prestito semestrale al Las Palmas, mentre Diego Costa, in rottura con il Chelsea, si sta già allenando con i nuovi/vecchi compagni rojiblancos, ma dovrà aspettare gennaio per formalizzare il tesseramento. E pazienza, infine, se Griezmann sembra soffrire di mal di pancia: trasferimento al Manchester United rimandato anche per lui, almeno fino a gennaio.

Infine il Qarabag. La squadra azera parte decisamente per fare la figura della sparring partner degli avversari più quotati, ma chissà se non riuscirà a rubare qualche punto qua e là. Difficile calcolare la squadra di Baku come un’avversaria che possa impensierire le altre tre, ma nel calcio non si sa mai. L’allenatore, Gurban Gurbanov, da quelle parti è considerato un astro nascente del calcio: capace di vincere il titolo per 4 volte consecutive, Gurbanov ha allestito una squadra giovane e di talento, che vede in Richard e Pedro Henrique i suoi giocatori più temibili. Il Qarabag è sicuramente la squadra meno quotata del girone, ma occhio a facili sottostime.

Gianluca Notari