La seconda vita di Diego Perotti: Argentina, Spagna, Italia e ancora Argentina

Gianluca Notari – La numerologia non è una scienza semplice. Anzi, a dirla tutta, non è neanche una scienza. E’ un attitudine, uno studio volto a trovare relazioni, di matrice mistica o esoterica, tra numeri ed eventi riguardanti esseri viventi o meno. Ci si può credere o no, ma senza dubbio alcuno ha i suoi lati interessanti.

Presumendo di non conoscere un giocatore, la prima azione istintiva è quella di cercarlo su internet. Aprendo la pagina Wikipedia di Diego Perotti, si legge: “Diego Perotti è un calciatore argentino, centrocampista o attaccante della Roma e della nazionale argentina“. Primo pensiero: questo è forte. Continuando a scrollare la pagina, si legge: “Presenze in Nazionale dal 2009: 2“. La particolarità è che anche suo papà Hugo, pure lui calciatore, ha indossato la maglia albiceleste solamente due volte. Ma il giallorosso, al contrario del padre, non si vuole fermare.

Diego Perotti nasce a Moreno, cittadina in provincia di Buenos Aires, il 26 luglio del 1988. Chi nasce lì, solitamente, è subito costretto a scegliere tra due squadre: Boca o River, non si scappa. Nel suo caso, però, la scelta fu quasi obbligata. Papà Hugo, nella sua breve e tormentata carriera, giocò per 7 stagioni con gli xeneizes, divise in due esperienze: la prima della durata di 5 anni, e la seconda di due, intervallate da una breve parentesi – senza tra l’altro mai scendere in campo – con l’Atletico Nacional de Medellìn. Durante le ultime stagioni in maglia Boca collezionò pochissime presenze, appena due. Ma prima di appendere gli scarpini al chiodo, giocò un’ultima stagione, con la maglia del Gimnasia La Plata. Naturalmente, anche qui, le presenze furono soltanto due.

Perotti inizia la sua carriera nelle giovanili del Boca Juniors, ma prima di fare l’esordio da professionista si trasferisce nel più modesto Deportivo Moròn. Dopo una prima stagione da protagonista, si trasferisce nella squadra B del Siviglia, per poi entrare a far parte in pianta stabile nella prima squadra nella stagione 2008-2009. In maglia rojiblancos, nelle quasi 6 stagioni giocate in Andalusìa, conquista due trofei: la Coppa di Spagna del 2010 e l’Europa League del 2014. Anche se, ad onor del vero, nella stagione 2013/2014 lasciò il Siviglia a gennaio, in seguito ai numerosi infortuni accusati nella prima parte di stagione. Così, il figliol prodigo torna a casa, “à la Boca”. Ma anche qui le cose non vanno come dovrebbero: le presenze sono poche, appena due (toh), e successivamente Perotti dichiarerà: “Dopo quella stagione al Boca Juniors pensai di smettere“. Ma la vita, a volte, ti concede una seconda possibilità. E vedendo le volte in cui il numero 2 ricorre nella vita di Perotti, non c’erano poi molti dubbi.

E la seconda chance del Monito si chiama Italia: “Il Genoa mi ha cambiato la vita“, ammetterà poi Diego. Contro ogni aspettativa, nella stagione 2014/2015 terrà una continuità di rendimento impressionante e, esaltato dal 4-3-3 di Gasperini, colleziona 28 presenze condite da 4 gol e ben 6 assist, attirando su di sé gli occhi delle big italiane, il Napoli su tutti: per ogni argentino, Napoli rappresenta la Terra Promessa, dove tutti sognano di ripercorrere le orme del Diez per eccellenza, Diego Armando Maradona. Invece, l’altro Diego, Perotti, rimane a Genova fino al gennaio 2016, quando si trasferisce a Roma. Il suo impatto con i giallorossi è formidabile: nelle 15 partite in cui forma un tridente formidabile con El Shaarawy e Salah, Perotti segna 3 gol e confeziona 7 assist. L’anno seguente diventa sempre più protagonista della squadra di Spalletti, regalando anche ai giallorossi l’accesso in Champions League all’ultima giornata, il giorno dell’addio di un altro numero 10, Francesco Totti.

Ora, dopo un inizio di stagione positivo nella nuova Roma di Di Francesco, arriva forse la sorpresa più inattesa: la convocazione in Nazionale. La prima volta era stato convocato da Maradona, nel 2009, mentre la seconda e ultima gara l’aveva giocata nel 2011, contro la Nigeria. La gioia di Perotti per una convocazione che mancava da più di 6 anni è stata incontenibile e prontamente ha postato sui social una sua immagine in maglia albiceleste con le parole: «Tra cose buone e cose cattive, ma la vita e il calcio mi hanno mostrato che non devi mai arrenderti o abbassare le braccia. Vamos Argentina!»

La voglia di continuare a stupire è tanta, così come la voglia di ricordare a papà Hugo che il numero due, in fondo, è solamente un numero, e che la vita è pronta sempre a darti un’altra chance. Chi si ferma è perduto, anche se di cognome ti chiami Perotti.

Gianluca Notari

Malagò: “Stadio della Roma? Spero solo si risolva tutto. Dal primo giorno sono un sostenitore del progetto”

Luca Fantoni – Giovanni Malagò, presidente del Coni, ha rilasciato una breve battuta sullo Stadio della Roma a margine dell’evento svoltosi all’Acqua Acetosa sul sostegno dell’impiantistica pubblica e privata. Queste le parole raccolte dai nostri inviati:

 Stadio della Roma?
Dal primo giorno sono un sostenitore del nuovo stadio della Roma, così come dello stadio della Lazio. Non mi mettete in mezzo a queste faccende burocratiche, spero solo si risolva tutto.
Luca Fantoni

De Sanctis: “Questa prima parte di stagione ci ha premiato coi risultati. Fare il calciatore è più semplice rispetto al dirigente”

Luca Fantoni – Il team manager della Roma, Morgan De Sanctis, è intervenuto all’evento UTR di questa sera ed ha parlato anche della sua nuova esperienza. Queste le sue parole:

Che tipo di lavoro è il team manager? Ti piace?
Innanzitutto ci tenevo a portare i saluti di tutta la società, del Presidente Pallotta, di Gandini, di Baldissoni, di Monchi, di Francesco e di tutti i ragazzi che si stanno godendo 2/3 giorni di meritato riposo. Vi ringraziamo per l’ospitalità, siete sempre generosi nella vostra manifestazione di affetto e di questo noi ve ne riconosciamo grande merito. Sebino ha fatto riferimento a quanto sia importante rappresentare la bandiera della Roma ed è importante perché voi siete tanti, generosi e attaccati a questi colori. Quindi noi dalla nostra parte cerchiamo sempre di metterci il massimo impegno e questa prima parte di stagioneQuindi noi dalla nostra parte cerchiamo sempre di metterci il massimo impegno e questa prima parte di stagione ci ha anche premiato nei risultati. Il cammino è lungo, lo sappiamo, è un luogo comune dire che tutti insieme nella stessa direzione si possono ottenere grandi risultati però è nella realtà dei fatti. Credo che essere giocatore era più semplice, non più bello o più brutto o complicato. Quando sei giocatore devi concentrarti a fare il giocatore e nel resto della giornata devi pensare a riposarti e non fare stupidaggini. Nel ruolo da dirigente ci sono tantissime cose da fare e soprattutto si entra a contatto con la vita reale. La vita reale è complicata, quindi io un po’ mi immedesimo anche in voi, che bene o male fate parte della vita reale e avete nella Roma una grossa valvola di sfogo e speriamo che possa regalarvi sempre le più grandi gioie possibili. Ribadisco i saluti della società, della squadra e dell’allenatore. Grazie ancora per l’ospitalità, il capitano prima o poi dovrà venire nelle vesti da dirigente in questi centri di rappresentanza ad incontrare i tifosi. Grazie a tutti e daje Roma!

Luca Fantoni

Castan: “Mi sento bene e sono felice di essere qua. Gerson è veramente forte. Non pensavo fosse così dura la cosa che ho passato”

Luca Fantoni – Leandro Castan, difensore della Roma, è intervenuto all’evento UTR di questa sera ed ha parlato anche del sul ritorno in campo. Queste le sue parole:

Com’è stato questo compleanno in giallorosso? 
Sono arrivato qua che ero un ragazzino, pochi giorni fa ne ho fatti 31. Mi sento bene e sono felice di essere qua, sono arrivato ragazzino poi dopo ho avuto un po’ di sfortuna. Sono molto credente, credo che Dio abbia un proposito per tutto e prendo questo con allegria e serenità.

L’anno di Castan e Benatia dicevamo che la forza di quella difesa eri tu. C’è la voglia di tornare a quel livello?
La voglia non manca mai, purtroppo la cosa che ho passato non pensavo fosse così dura. Io come dico sempre alla mia famiglia, sono un professionista. E’ passato tanto tempo e per un calciatore stare fermo come sono stato io, con un intervento al cervello, non è facile. Ma chissà che non potrei tornare. Con Benatia abbiamo fatto veramente molto bene.

Risponde De Sanctis: “La palla non ti arrivava mai, non servivi a niente”.

Che rappresenta la Roma per te? 
Siamo sulla strada giusta. Quest’anno stiamo crescendo sempre, ho visto che è arrivato un allenatore molto bravo e è cambiato tantissimo anche negli anni scorsi. Ci vuole tempo, però l’importante è che a inizio campionato pur non giocando benissimo ha fatto dei punti e ha vinto, è un segnale importante. Adesso sta cominciando a giocare bene e sono contentissimo. Morgan è un grande e ci ha aiutato tantissimo.

Che consigli hai dato a Gerson? 
E’ un ragazzo giovane, però ha la testa molto matura. E’ un ragazzo tranquillo, un professionista e sono molto contento per lui perché il lavoro paga. Penso che nessuno se lo aspettava e sono molto contento perché è un ragazzo dal cuore d’oro e conosco sua moglie e sua figlia, merita tutto quello che gli sta accadendo. E’ un ragazzo veramente molto forte.

Luca Fantoni

Gerson: “Al secondo gol contro la Fiorentina ho pensato che dovevo segnare e basta. Posso fare molto di più”

Luca Fantoni – Gerson, centrocampista della Roma, è intervenuto all’evento UTR di questa sera ed ha parlato anche della partita contro la Fiorentina. Queste le sue parole:

Descrivi quel secondo gol alla Fiorentina…
Ho pensato devo fare gol e basta.

Che cosa ha rappresentato per te la giornata di domenica?
Ho fatto gol e sono molto contento.

Cosa ha rappresentato per te la giornata di domenica?
Castan traduce: “E’ molto contento, si aspettava un’opportunità così di poter giocare. Il lavoro paga e tutto quello che aspettava è un’opportunità”.

Hai lavorato per questo momento o hai sofferto? 
Sapevo che l’anno scorso non ho fatto bene, quest’anno sono tornato cambiato, molto concentrato e sono felicissimo. Questi gol sono solo l’inizio, posso fare molto di più.

Luca Fantoni

2010, Fiorentina-Roma 0-1. Un assedio dei viola ma Julio Sergio para tutto e Vucinic colpisce

Luca Fantoni – Un muro. Julio Sergio, quel 7 febbraio 2010, gioca una delle sue più belle partite con la maglia della Roma. I giallorossi soffrono tutto il match, sembrano poter subire gol da un momento all’altro ma tutti gli attacchi della Fiorentina si infrangono sul brasiliano. In panchina siede Ranieri, subentrato a Spalletti alla 3° giornata, che sta facendo una rimonta pazzesca sull’Inter. Quella sulla Fiorentina è la quinta vittoria consecutiva. Ne arriveranno altre ma alla fine, per colpa di una doppietta di Pazzini, i capitolini non riusciranno a completare l’opera. Davanti al già citato Julio Sergio giocano Motta a destra, Riise a sinistra e Juan e Mexes al centro. Il centrocampo a tre è formato da De Rossi, Pizarro e Taddei. Perrotta agisce dietro alle due punte, Vucinic e Totti. I viola sono allenati da Prandelli. Non stanno facendo benissimo in campionato ma la squadra non è male. In porta c’è Frey. La difesa a 4 è formata da De Silvestri, Gamberini, Kroldrup e Pasqual. I due in mediana sono Montolivo e Bolatti mentre Marchionni, Vargas ed un giovane Jovetic supportano l’unica punta Gilardino.

LA PARTITA – La prima azione è della Roma con un tiro cross di Pizarro sul quale non arriva nessuno. Sarà l’unica di tutto il primo tempo. Al 18° Vargas si vede annullare un gol per un fuorigioco millimetrico. Dieci minuti dopo è Julio Sergio a compiere un miracolo prima su un tiro al volo del peruviano e, subito dopo, anche su Pasqual. Prima dell’intervallo il brasiliano si supera anche su Jovetic mentre De Silvestri calcia a lato da posizione favorevole. Nella ripresa Totti e compagni mostrano qualche segno di risveglio con Vucinic che si divora un gol già fatto lisciando la palla con il sinistro. È solo un fuoco di paglia. Gilardino si presenta davanti al portiere giallorosso ma si fa ipnotizzare. Il duello tra i due si ripete 20 minuti dopo ma il colpo di testa dell’italiano è centrale. A 10 minuti dalla fine succede l’impensabile. Calcio d’angolo, Mexes spizza di testa e la palla arriva a Vucinic che di destro calcia sotto la traversa battendo Frey. 1-0 immeritato ma fondamentale.

Quella Roma fu brutta ma cinica. Il campo di Firenze non è mai stato facile per i colori giallorossi e una vittoria come quella di 7 anni fa sarebbe importantissima anche per dimostrare la crescita mentale di una squadra che non deve sentirsi già arrivata. L’impresa contro il Chelsea non ha significato nulla, il bello viene adesso. Da Vucinic ad un altro ex Jugoslavo. Edin Dzeko è in astinenza di gol da 4 partite, molte per l’attaccante ammirato nell’ultimo anno e mezzo. L’ariete bosniaco ha voglia di tornare a sfondare le porte. La Fiorentina è avvisata.

Luca Fantoni

Ancora la Champions, ancora Edin Dzeko

Gianluca Notari – Stimolante. L’aggettivo che più si utilizza per descrivere le gare di Champions League è stimolante. Vero, si può pensare. Giocare in grandi stadi, gloriosi e storici, contro avversari di fama mondiale, dev’essere senz’altro stimolante. A volte può sorgere un po’ di tensione, un po’ di reverenza nei confronti di figure totemiche che difficilmente si ha l’opportunità di affrontare. E per questo, spesso, in partite così importanti come sarà quella di stasera tra Roma e Chelsea, i calciatori tendono sempre a dare quel qualcosa in più. Però, non è detto che si riesca. Anzi: ci sono giocatori che raggiungono il picco massimo di efficacia e di continuità solamente in campionato. Uno di questi, è Edin Dzeko.

Dzeko fa il suo esordio in Champions League nella stagione 2009-2010 con la maglia del Wolfsburg, dopo aver sbaragliato la concorrenza nell’anno precedente andando a vincere uno storico titolo di Bundesliga. La coppia d’attacco di quella squadra, Dzeko-Grafite, è ancora oggetto di venerazione da parte dei tifosi biancoverdi. Quell’anno, in coppa, segna 4 reti in 6 partite. Niente male per un esordiente. Ma la storia d’amore che sembrava poter nascere tra il bosniaco e le notti europee si ferma lì. Perché con la maglia del Manchester City, Dzeko segna appena 3 reti in 24 apparizioni, ovvero un gol ogni 8 partite. Poco, davvero troppo poco per quell’attaccante magnifico che, regolarmente, dava bella mostra di sé in campionato. Perché in Premier, il 9 giallorosso segna sempre e con regolarità: 50 gol in 130 presenze, al netto però del primo spezzone di stagione con i citizens (passò dal Wolfsburg al City nella finestra di mercato del gennaio 2011) in cui segna appena due gol in 15 presenze, e dell’ultima travagliata stagione (4 gol in 22 presenze), dove colleziona più infortuni che marcature. Poi, a fine anno, si trasferisce nella Capitale.

Nel suo primo anno di Roma, Edin ritrova la Champions: l’annata storta, porta il cigno di Sarajevo a trovare due sole segnature in 7 presenze, in linea con la media gol tenuta in campionato (8 reti in 31 presenze nella Serie A 2015-2016). I giallorossi, in quel campionato, arrivano terzi in classifica, e la stagione successiva non riescono a passare lo scoglio dei preliminari di Champions League contro il Porto. Così, Totti e compagni, si ritrovano a dover giocare l’Europa League 2016-2017 dove, a sorpresa, Dzeko fa bene, benissimo, riuscendo a raggiungere anche il titolo di capocannoniere della competizione, con 8 gol in altrettante presenze. Il resto è storia recente: nella Champions di quest’anno il bosniaco ha già siglato 3 reti in appena 3 presenze, una media incredibile che oggettivamente non appartiene alla sua storia personale. La speranza di tutti i tifosi giallorossi è che Dzeko possa continuare a segnare con questa regolarità, lasciando loro tempo e modo di credere in qualcosa in cui era difficile sperare quando, dall’urna di Montecarlo, la Roma fu sorteggiata nel girone C, assieme ad Atletico Madrid e Chelsea.

Il passaggio del turno ora è possibile, soprattutto grazie a lui, Dzeko, che a Roma – numeri alla mano – sta vivendo le migliori stagioni della sua vita professionale. La media gol in campionato è di uno ogni 1,77 partite, mentre nelle due esperienze precedenti, in Germania e in Inghilterra, è di una rete ogni 2,07 gare. In Champions League, ancora meglio: un gol ogni due partite con la maglia della Roma, addirittura un gol ogni 3 partite e mezzo con le maglie di City e Wolfsburg. Insomma, come spesso capita da qualche tempo a questa parte, le speranze della Roma, in campionato o in coppa, hanno solo e soltanto un nome: Edin Dzeko.

Gianluca Notari

2008, Roma-Chelsea 3-1. La partita perfetta, vinta dai gregari

Luca Fantoni – Tre partite e due sconfitte. La prima, inaspettata, in casa contro il Cluj, l’altra a Londra. Un risultato negativo all’Olimpico contro il Chelseaavrebbe complicato molto il discorso qualificazione. Quella sera però, la Roma, in piena crisi di risultati anche in campionato, si riscoprì grande. Tornò ad essere la corazzata che l’anno prima vinse Coppa Italia, Supercoppa e che in Champions venne eliminata solo da un grande Manchester. Un Davide contro Golia calcistico, una partita in cui i blues ricevettero una lezione di calcio dai capitolini. Sulla panchina sedeva Spalletti che, per l’occasione, aveva optato per un nuovo modulo. Una sorta di 4-3-1-2 con Doni in porta, Cicinho e Panucci sulle fasce e Juan e Mexes al centro. I tre di centrocampo erano De Rossi, Pizarro e Brighi. Perrotta agiva dietro Vucinic e Totti, in campo nonostante non fosse al meglio della condizione. Il Chelsea di Scolari invece, poteva contare su nomi molto importanti. In porta c’era Cech, la colonna difensiva era il capitano John Terry. Davanti i blues avevano un talento infinito con Deco, Lampard, Joe Cole, Malouda e Anelka.

LA PARTITA – Su un campo non perfetto, dopo il nubifragio caduto sulla capitale qualche ora prima, l’arbitro Medina Cantalejo dà il via alla partita. Nelle fasi iniziali il Chelsea fa possesso palla mentre la Roma prova a ripartire in contropiede. Deco e Lampard scaldano subito i guantoni di Doni, mentre dall’altra parte è Vucinic a rendersi pericoloso con un tiro alto di poco. Al 34° i giallorossi passano in vantaggio. Pizarro apre per Cicinho che crossa in mezzo per Panucci. Il terzino italiano anticipa tutti e mette alle spalle di Cech. Il primo tempo si chiude senza ulteriori emozioni, sul 1-0. L’approccio nella ripresa di Totti e compagni è perfetto. Dopo soli tre minuti infatti, Brighi scambia con il capitano e appoggia poi per Vucinic che di destro fulmina il portiere avversario, è 2-0. Il tris arriva al 58° con il montenegrino che ruba palla a Mikel a centrocampo, si invola verso la porta e firma la doppietta. Nel finale c’è il tempo per il gol della bandiera di Terry che non rovina, però, una serata magica che resterà impressa per molto tempo nella testa dei tifosi romanisti.

Fu la vittoria dei gregari. Brighi e Perrotta giocarono, forse, la loro partita più bella in maglia giallorossa. Nella squadra di Di Francesco però, di questo tipo di giocatori ce ne sono pochi. Sono tutti protagonisti. C’è chi ha reso di più, come Kolarov e Dzeko, e chi un po’ di meno come Perotti. Proprio il numero otto è uno che può risultare determinante contro il Chelsea. Poi si sa, le Falkland-Malvinas e la “mano de dios” di Maradona insegnano, agli inglesi, gli argentini non sono mai andati a genio. Che sia Perotti, o che siano altri, qualcuno deve prendersi la squadra sulle spalle. A Londra i lupi hanno solo assaggiato la loro preda, adesso è arrivato il momento di azzannarla.

Luca Fantoni

2000, Roma-Bologna 2-0. L’anno dello scudetto inizia nel segno di Totti

Luca Fantoni – Tutti si ricordano di Roma-Parma 3-1. Festeggiare lo scudetto in casa è stata un’emozione impareggiabile, un evento che i tifosi romanisti non dimenticheranno mai. Per conquistare il titolo però, fu importante vincere ogni partita, a partire dalla prima. Il campionato della Roma inizia, casualmente, contro un’altra formazione emiliana, Il Bologna. La squadra di Guidolin viene da un 11° posto nella stagione passata ma ha comunque un undici titolare “fastidioso” con “El JardineroCruz Luis Oliveira in attacco e Thomas Locatelli a centrocampo. Tra le fila rossoblu ci sono anche due giocatori che poi faranno un’ottima carriera nella capitale: Francisco Lima e Max Tonetto. Capello schiera i suoi con il consueto 3-4-1-2 con Antonioli in porta e Zebina, Samuel e Zago davanti a lui. Sulle fasce agiscono Cafu e Candela mentre al centro ci sono Zanetti e Assunção. Totti supporta Delvecchio e Batistuta. Il Re Leone non è al meglio ma viene comunque schierato in campo a discapito di Montella.

LA PARTITA – Le prime occasioni sono di marca giallorossa con un paio di tiri di Delvecchio e Batistuta. I padroni di casa non riescono però ad ingranare ed il Bologna reagisce. Poderoso l’intervento con cui Antonioli respinge il colpo di testa, da distanza ravvicinata, di Cruz. Il duello tra i due si ripete 8 minuti più tardi con l’argentino che, da buona posizione, calcia addosso al portiere. Gli ospiti giocano decisamente meglio ma, nel recupero del primo tempo, è la Roma a passare in vantaggio. Punizione di Cafu per la testa di Totti che si libera della marcatura di Olive e segna. Nella ripresa i capitolini, più liberi mentalmente, raddoppiano con una grande azione di Tommasi, subentrato ad Assunção, che scarica per Cafu. Sul cross del brasiliano è Castellini a mettere nella propria porta per il 2-0. Nel finale gli emiliani hanno l’occasione di rifarsi sotto ma Oliveira calcia solamente sull’esterno della rete permettendo ai ragazzi di Capello di prendersi i primi tre punti della stagione.

Col passare del tempo la Roma mise in campo un gioco anche piuttosto divertente. Quella partita però fu giocata male, sopratutto nella prima frazione. I giallorossi furono costretti a soffrire ed a chiudersi per poi capitalizzare le occasioni che si presentavano. È un po’ quello che sta succedendo ora. Le vittorie contro Atalanta, Torino e Crotone sono arrivate in questo modo e bisogna cominciare a capire che, nonostante tutto, valgono sempre tre punti come quando segni 4 gol. La squadra di Di Francesco deve prendere esempio da quella partita, dalla quale cominciò la scalata al titolo, e deve continuare su questa strada. A volte non serve essere spettacolari ma basta essere sporchi, brutti e cattivi.

Luca Fantoni

Gonalons, Kolarov e la Roma adulta

Gianluca Notari – “Prima queste partite non le avremmo vinte“. Firmato Diego Perotti, come è sua la firma sull’1 a 0 di questo Roma-Crotone. Risultato secco, forse sotto le aspettative, ma che presta il fianco a diverse considerazioni.
Il volto di questa gara è certamente Maxime Gonalons. Il francese, arrivato come riserva di De Rossi, si era fatto notare nella partita di Londra contro il Chelsea, sorprendendo tutti per la sua calma olimpica dopo la sofferta partita di Baku, ed anche oggi ha dimostrato di essere un elemento di cui mister Di Francesco può fidarsi certamente. Come lui, la Roma oggi ha dimostrato di saper gestire i momenti della stagione, premendo sull’acceleratore quando serve e frenando un po’ quando non è richiesta la velocità massima. Sia chiaro, la concentrazione non deve mai mancare, ma a far specie è la consapevolezza della dimensione e della mentalità che questa squadra sta maturando nei propri confronti. Oggi Nainggolan e compagni hanno fatto ciò che desideravano: andare subito in vantaggio per poi gestire al meglio la partita. E meglio di così proprio non si poteva: era dal 2013 che la Roma non prendeva così pochi tiri nello specchio, appena 3, con Alisson che per reiterata inoperosità rischiava quasi di rimanere senza voto nelle pagelle finali.

Potrebbe essere definita questa una Roma donwtempo: calma e rilassata nei momenti di superiorità, ritmata e vivace quando il gioco lo richiede. E per rimanere sulla metafora musicale, una particolare menzione va fatta per Aleksandar Kolarov, cassa dritta di questa squadra: è lui il faro che illumina la squadra, il compagno a cui tutti si affidano quando si libera spazio sulla sinistra. Ogni qualvolta che l’ex City ha la palla tra i piedi il tifoso romanista scalpita, si agita e sfrega le mani, pregustando la giocata che lo farà gridare di gioia. Il suo rendimento va oltre ogni più rosea aspettativa, e non per la qualità delle giocate – che sapevamo non mancare, ahi noi, per averla testata anche sulla nostra pelle – ma per l’incredibile continuità che gli riesce a dare. Durante la scorsa stagione, con Guardiola, il serbo ha giocato la maggior parte delle partite da difensore centrale, in difese a tre o a quattro. E alla soglia dei 32 anni, non è per nulla facile riprendere un ritmo che si è perso, specialmente in un campionato così dispendioso come la Serie A. Eppure, per Kolarov il tempo sembra non essere passato. Probabilmente arriverà il momento di calo fisico, perché immaginarlo così per tutta la stagione somiglierebbe più ad un romanzo di Bruce Sterling, ma l’impressione è che per il momento Kolarov sia, e si senta, insostituibile. Questo forse alla lunga potrebbe diventare un limite per Di Francesco, che però ha la scusante di non aver mai avuto un suo sostituto naturale, cosa che invece avrà quando, tra poche settimane, rientrerà Emerson Palmieri. In quel momento il tecnico abruzzese dovrà esser bravo ad alternare i due, avendo maturità nel discernere quale dei due sia il più indicato partita per partita.

Insomma, la Roma di Di Francesco non è la Roma più bella che si sia vista da questi lidi. E probabilmente non è nemmeno la più forte. E’ una squadra in crescita, ma che presenta già diversi caratteri distintivi, su tutti quello dell’essere adulta, che sa capire quando si deve accelerare e quando frenare per arrivare all’obiettivo, cioè quello di vincere.
Che poi, vincere le partite sporche è una qualità, non una pecca.

Gianluca Notari