Bella Napoli, ma è il Torino la prova di maturità

Gianluca Notari – Parliamoci chiaro: alle 20.44 ci saremmo presi anche un pareggio. “Ma magari“, pensavano alcuni. Fortunatamente, tra questi non c’erano De Rossi e compagni, che hanno creduto fin dall’inizio in questa splendida vittoria. Napoli-Roma 2-4, non erano molti quelli pronti a scommetterci. Anzi.
Certo certo, senza il gol di Dybala probabilmente sarebbe stata un’altra partita. Però oh, il calcio è anche questo, prendere o lasciare. E noi, oggi, ce lo prendiamo volentieri.

LETTURA – La cosa che salta all’occhio dell’atteggiamento della Roma di ieri sera è certamente la lettura dei momenti: guidati dall’illuminata serata di mister Di Francesco, i giallorossi hanno saputo alternare fasi di pressing alto a momenti di baricentro basso, pronti ad aspettare il Napoli per poi ripartire. Ed è proprio con le ripartenze che i capitolini hanno colpito e affondato la prima della classe. Prima il rocambolesco gol di Under, viziato da una deviazione decisiva di Mario Rui. Poi la capocciata di Dzeko, con cross al bacio di Florenzi. Di nuovo Dzeko, dribbling secco e sinistro a giro. Infine Perotti, che ringrazia Rui per il goffo tentativo di rinvio del portoghese che spalanca la porta al monito.

TORINO – Proprio Perotti cerca di freddare i facili entusiasmi: «Prima di tutto non dobbiamo rilassarci troppo con questa vittoria, non abbiamo fatto nulla. E’ successo già altre volte che abbiamo fatto un buon risultato e poi perdiamo punti. Dobbiamo essere consapevoli che non abbiamo fatto nulla e finire la stagione al meglio». Eh si, perché tante volte la Roma ci ha dimostrato che la continuità è spesso manchevole, nelle prestazioni prima e nei risultati poi. Venerdì ci sarà il Torino, che dopo un ottimo periodo successivo all’esonero di Mihajlovic e all’ingaggio di Mazzarri sta vivendo un momento di flessione. Una gara ampiamente alla portata dei giallorossi, specialmente di quelli visti ieri sera, nonostante le assenze a cui dovranno far fronte. Due per la precisione: Fazio e Dzeko, entrambi diffidati ed entrambi ammoniti, salteranno il match contro i granata.

SCELTE – Contro il Toro ci si aspetta dunque qualche volto nuovo rispetto a quelli scesi in campo al San Paolo, visto soprattutto l’impegno di Champions League con lo Shakhtar Donetsk della settimana prossima, con la Roma chiamata a ribaltare il 2-1 subito in Ucraina. Spazio a Jesus in coppia con Manolas, e possibile esordio dal primo minuto per Jonathan Silva, tornato ormai da una settimana ad allenarsi con il resto del gruppo, con Kolarov a rifiatare in panchina. Possibile turno di riposo anche per Nainggolan, con Pellegrini al suo posto al fianco di De Rossi. Confermato Strootman, che sta trovando una certa continuità nelle ultime prestazioni, così come Under, punto di riferimento ormai nell’attacco di Di Francesco. I dubbi più grandi sono legati agli altri due ruoli del tridente giallorosso: Perotti, nonostante il gol del momentaneo 4-1, non è sembrato poi così in forma; pronto El Shaarawy al suo posto, che scalpita per un posto da titolare dopo diverse panchine e la tribuna di Kharkiv. A fare le veci di Dzeko, invece, dovrebbe esserci Schick: l’ennesima chance che il ceco dovrà essere bravo a sfruttare. L’ambiente Roma si aspetta moltissimo dall’acquisto più costoso della sua storia, e sarebbe ora che il talentuoso classe ’96 cominci a dare risposte concrete, anche in vista della prossima stagione. Così come la Roma, affinché quella di Napoli non rimanga una vittoria bella ma inutile.

Gianluca Notari

Crisi Roma, le scelte sbagliate di Monchi

Gianluca Notari – La stagione è ancora lunga, ma lungo sembra essere anche il tunnel in cui si è cacciata la Roma. La sconfitta interna contro il Milan sancisce quale sia il momento della squadra giallorossa, capace di tutto – come la qualificazione da prima in classifica nel girone di Champions League – e il suo contrario – un campionato che procede a singhiozzo ed un’eliminazione prematura in Coppa Italia.
Le accuse dei tifosi sono rivolte principalmente alla dirigenza, complice secondo loro di aver smantellato una squadra competitiva senza aver le capacità per rimpiazzare i giocatori partiti. “Qui non i vende, qui si vince” aveva detto Monchi in una delle sue prime conferenze stampa, ma la sensazione che rimane ai supporters giallorossi è quella di una squadra in affanno che fatica ancora a recepire i dettami tattici di Eusebio Di Francesco. Ma il tecnico ex Sassuolo, così come la rosa consegnatagli a inizio anno, sono frutto delle decisioni di Monchi e, procedendo con ordine nell’analisi del suo lavoro, non si fatica molto prima di trovare alcune scelte che lasciano non pochi dubbi.

DIFESA – Ceduto Antonio Rudiger, la rosa della Roma poteva comunque contare su diverse soluzioni: oltre a Manolas, stella del reparto, Fazio e Juan Jesus erano difficilmente considerabili all’altezza del tedesco partito in direzione Chelsea. Auspicabilmente, Monchi avrebbe dovuto puntare su un titolare, ma fra tutte le scelte possibili lo spagnolo ha scelto di puntare su Hector Moreno. Dopo una (piccola) manciata di presenze, il messicano è partito verso la Spagna, lasciando la Roma con tre soli centrali più il rientrante Elio Capradossi. Sull’out di sinistra si è dimostrata sicuramente vincente la scelta di puntare su Aleksandar Kolarov, anche se al serbo avrebbe fatto comodo un sostituto. In realtà il sostituto c’era pure, se non fosse che non appena rientrato dall’infortunio, anche Emerson Palmieri è stato ceduto al Chelsea. Sulla destra, invece, Rick Karsdorp è stato acquistato infortunato ed è rimasto indisponibile per quasi metà stagione.

CENTROCAMPO – Nonostante sia uno dei reparti che ha subito meno defezioni, la linea mediana di Eusebio Di Francesco stenta a decollare. Oltre ai soliti Nainggolan, Strootman e De Rossi – anche loro non esenti da critiche -, gli acquisti di Pellegrini e soprattutto Gonalons hanno impoverito il reparto dopo le partenze estive di Paredes e Keita. Il francese, in particolar modo, avrebbe dovuto contendere il posto a Daniele De Rossi ma, viste le poche garanzie fornite dall’ex Lione, il capitano giallorosso è costantemente costretto agli straordinari.

ATTACCO – Probabilmente è qui che risiedono le maggiori colpe di Monchi: dopo aver venduto Salah e passato un’intera estate a rincorrere Mahrez, rimasto poi a Leicester, nelle ultime ore di mercato il ds ha chiuso l’acquisto di Patrik Schick. Un ottimo prospetto, su questo non ci piove, ma alla squadra serviva un esterno d’attacco, cosa che difficilmente il ceco potrà fare. Visto pochissimo fino ad ora – anche lui alle prese con diversi guai fisici -, la posizione di ala destra è stata occupata fino ad ora da Defrel – arrivato come vice-Dzeko -, Gerson e Under, che dopo mesi di adattamento sta finalmente giustificando i milioni spesi per lui in estate.

Monchi non è certo l’unico responsabile di questa annata poco esaltante e le sue scelte non si dimostreranno tutte errate. Ma dopo il secondo posto e gli 87 punti della scorsa stagione, i tifosi speravano fosse arrivato il momento del definitivo salto di qualità. Appuntamento al prossimo anno, dunque, o forse a al successivo, oppure a quello seguente, magari a quello dopo ancora…

Gianluca Notari

1998, Roma-Milan 5-0. Zeman batte Capello, doppietta di Di Biagio poi Candela, Paulo Sergio e Delvecchio

Luca Fantoni – Mai un confronto tra Roma e Milan era finito con cinque gol di scarto, da una parte o dall’altra. Successe solo quel giorno di maggio del 1998. Era la Roma di Zeman, che lottava per entrare in Europa, contro il Milan, allenato da Capello, che invece si assestava a metà classifica. Uno scontro tra due tecnici che hanno segnato, e non poco, la storia giallorossa. Da una parte l’ideologia, il credo calcistico e il gioco spumeggiante ma non accompagnato da risultati, dall’altra il pragmatismo, la voglia di vincere e uno scudetto portato a casa. I capitolini, dalla difesa in su, avevano un’ottima squadra. In porta giocava Chimenti. La difesa a quattro era formata da Aldair a destra, spostato terzino per l’occasione, Petruzzi e Zago al centro con Candela a sinistra. I tre di centrocampo erano Tommasi, Di Biagio e Di Francesco mentre in attacco Paulo Sergio e Totti assistevano Delvecchio. I rossoneri rispondevano con un 5-3-2 con Rossi tra i pali. Cruz e Maldini erano i due esterni mentre i tre centrali erano Daino, Costacurta e Desailly. Bà, Donadoni e Ziege costituivano il terzetto di centrocampo mentre le due punte erano Maniero e Weah.

DOMINIO – Il primo tempo assomiglia molto ad un allenamento. Per la Roma è tutto troppo facile. Ci pensa subito Paulo Sergio a scaldare i guantoni di Rossi, poi al 16’ è Candela a salire in cattedra. Il francese infatti raccoglie un pallone che rimbalzava a circa venticinque metri dalla porta e al volo lo mette all’angolino. Dopo quattro minuti Totti viene stesso in area da Ziege e l’arbitro Farina concede il rigore. Dal dischetto lo specialista Di Biagio non sbaglia. Il centrocampista italiano si ripete poco dopo con un gran tiro di sinistro da fuori area, firmando la sua doppietta. A calare il poker ci pensa il brasiliano Paulo Sergio che con un dribbling salta secco Costacurta e poi batte facilmente Rossi. 4-0 alla fine del primo tempo, il dominio è totale. Nella ripresa i ritmi si abbassano vertiginosamente con i capitolini che si limitano ad amministrare il gioco, riuscendo però a trovare anche il quinto gol con Delvecchio che sfrutta un bellissimo cross di Di Francesco e di testa mette la palla in rete. Cinque gol e tre punti fondamentali per il quarto posto finale.

TRE PARTITE DECISIVE – Milan, Napoli e Torino. Queste sono le tre squadre che attendono la Roma nelle prossime giornate di campionato. Tre sfide difficili, quella a Napoli quasi proibitiva. Alla fine di questo mini ciclo potremmo avere indicazioni importanti sull’andamento della stagione dei giallorossi. Ad aiutare i ragazzi di Di Francesco c’è il fatto che il calendario non è agevole neanche per le dirette concorrenti con la Lazio che dovrà incontrare Sassuolo, Juventus e Cagliari (con Milan e Dinamo Kiev in mezzo) mentre l’Inter dopo il Benevento affronterà Milan e Napoli. Fare sette punti in questi tre match sarebbe fondamentale e potrebbe mettere una seria ipoteca sul terzo posto finale. La volata è partita, ora sta alla Roma dimostrare di essere superiore e cominciare a prendere il largo.

Luca Fantoni

2007, Dinamo Kiev-Roma 1-4. I giallorossi rompono il ghiaccio in Ucraina con Panucci, Giuly e Vucinic

Luca Fantoni – Quando dall’urna di Nyon escono squadre ucraine, russe o comunque del nord Europa, si dice sempre che il problema più grande è il clima rigido di quella parte del mondo. Vi immaginate giocatori come Juan o Taddei, abituati alla spiaggia di Copacabana o al sole di Roma, catapultati nel freddo gelido di Kiev? Vedere una temperatura sopra lo zero alle 20.45 di una sera di fine novembre è come un oasi nel deserto. Le gambe non girano, ogni respiro si fa più affannoso e ogni secondo che passa i gradi sembrano scendere sempre di più. Quella sera a Kiev però, un francese, un montenegrino e un italiano trasformarono il cuore dei tifosi romanisti da ghiacciato a flambé, trovando una vittoria fondamentale che assicurò il passaggio del turno. L’allenatore era Luciano Spalletti e il modulo era il consueto 4-2-3-1. In porta giocava il brasiliano Doni. La difesa a 4 era formata da Panucci, Juan, Ferrari e Cassetti. I due mediani erano Pizarro e De Rossi con Taddei, Giuly e Tonetto, nell’insolito ruolo di ala sinistra, che agivano alle spalle di Vucinic. La Dinamo di Demanienko non era oggettivamente una grandissima squadra. Nella rosa spiccavano la bandiera del club ucraino, Oleg Gusev, e l’attaccante Ismael Bangoura, autore di una discreta carriera sopratutto in Francia.

VUCINIC PROTAGONISTA – Per rompere il ghiaccio, in tutti i sensi, la Roma impiega solo quattro minuti. Panucci crossa di sinistro, Vucinic non arriva sul pallone ma con il suo movimento inganna il portiere Rybka che non riesce ad intervenire, regalando il vantaggio ai giallorossi. Il radoppio arriva al 32’ quando il folletto francese, Ludovic Giuly, si avventa su una palla vagante, salta l’estremo difensore in uscita e deposita dolcemente in rete. L’ex Monaco si ripete poco dopo, questa volta trasformandosi in uomo assist. Suo è infatti il passaggio che libera Vucinic davanti alla porta. Il montenegrino apre il piattone e fa 0-3. Nella ripresa Taddei e compagni abbassano leggermente la guardia e subiscono il gol del 1-3 con Bangoura che sfrutta un errore in anticipo di Juan e batte Doni. È solo un fuoco di paglia. A 12 minuti dalla fine infatti, Tonetto, coraggiosamente a maniche corte, mette una palla dietro per il solito Vucinic che di destro la mette all’angolino, firmando il quarto gol e regalando il passaggio del turno a Spalletti.

UN TURCO IN UCRAINA – Da Kiev a Kharkiv, casa dello Shakhtar. Se possibile farà ancora più freddo. Per mercoledì sera infatti la temperatura si aggirerà sui -10 gradi, rendendo più difficile una trasferta che, già di per se, non sarebbe stata facilissima. Gli arancio-neri, a differenza della Dinamo Kiev nel 2007, sono una buonissima squadra che può contare su elementi di assoluto talento come Marlos, Taison o Fred, già promesso sposo del Manchester City. Di talento ne hanno sicuramente anche i giallorossi che, tuttavia, non devono prendere sottogamba la partita. Un probabile protagonista del match sarà Cengiz Under, autore di 4 gol nelle ultime 3 partite. Se Di Francesco decidesse di non schierarlo sarebbe un delitto. Il turco non ha un buon rapporto con lo Shakhtar, avendo perso tutte e due le partite giocate quando vestiva la maglia del Basaksehir, ma è pronto a rifarsi, è pronto a caricarsi la squadra sulle spalle, nonostante la giovane età, ed è pronto a segnare ancora. In Ucraina sono avvisati, la Roma formato Turkish Airlines sta arrivando!

Luca Fantoni

Monchi chiede fiducia: “Il mio lavoro è vincere”

Gianluca Notari – Cinque Europa League, due Coppe del Re, una Supercoppa di Spagna e una Supercoppa Europea. Quando Monchi dice che il suo mestiere è quello di vincere, forse non ha tutti i torti. Quelle elencate sopra sono tutte le coppe vinte dal direttore sportivo quando era a Siviglia, un club dove ha speso una buona parte della sua vita, prima da calciatore e poi da dirigente. Infine, dopo anni di successi, la scelta di venire a Roma, per “poter essere il vero Monchi“, parola sua.

Intervistato da Gianluca di Marzio durante il programma Calciomercato, l’Originale di Sky, Monchi ha fatto conoscere alcuni lati di sé fino ad ora poco noti ai tifosi, come ad esempio il suo stacanovismo: “Arrivo a Trigoria alle 7.30: la mattina ho bisogno di fare esercizio fisico e quella è l’ora in cui non mi chiama nessuno“. Tra le sue passioni ci sono quella per il Carnevale di Cadice (“E’ un Carnevale diverso, e nel 2010 ho fatto il concorso di canto. Arrivai nono su 180 partecipanti“) e quella per la Roma:Sono innamorato di questa società dal momento in cui sono arrivato. Ho capito subito quanto i tifosi tengono a questa società“. Eppure, la Roma non è solo passione, ma anche tanto lavoro. Lo sa bene il ds, che dice la sua sull’impronta che vorrebbe dare alla sua squadra: “I numeri sono importanti perché siamo un’azienda, ma per i tifosi servono i trofei. In quegli anni a Siviglia quello che conta sono i trofei, e questo per ora mi manca a Roma. Io capisco perfettamente i tifosi, loro non vogliono parlare di numeri, vogliono vincere, questo è il mio lavoro. Dobbiamo costruire una società non per vincere, ma per farlo in forma continua. I tifosi non vogliono le promesse, vogliono i risultati. Li capisco, ma chiedo un po’ di fiducia: il mio obiettivo è quello di renderli felici seguendo i loro desideri“.

Monchi nel centro sportivo di Trigoria. Alla sua destra, il giornalista Gianluca Di Marzio

Poi, un focus su alcune operazioni. Sull’operazione Salah non ci sono rimpianti: “Rammarico? Alla fine possiamo arrivare a 50 milioni con i bonus, ma in quel momento avevamo bisogno di vendere e quella era un opzione importante. Poi i casi di Neymar e Mbappe hanno fatto saltare il mercato, ma in quel momento era necessario vendere“.
Lo spagnolo si sofferma poi sulla mancata cessione di Edin Dzeko al Chelsea dello scorso mese: “Noi abbiamo cominciato a parlare con loro per Emerson, poi loro hanno parlato di Edin. Gli abbiamo detto di fare un’offerta, noi abbiamo ascoltato e gli abbiamo fatto una richiesta. Loro non credo abbiano trovato mai un accordo con Dzeko. Noi volevamo vendere Emerson, non eravamo convinti di vendere invece Dzeko. Non hanno mai raggiunto la cifra che noi abbiamo richiesto“.
Dopotutto, la partenza del bosniaco avrebbe potuto giovare a Patrik Schick, che fino ad ora si è dimostrato poco incisivo: “Avremmo preso sicuramente un sostituto se lui fosse partito, ma è vero che la fiducia che abbiamo in Schick e Defrel è tanta, per questo eravamo tranquilli. Ma è sicuro che se Edin fosse partito avremmo preso un attaccante“. Proprio a proposito di Schick e Defrel, Monchi ha voluto rispondere ai tifosi che lo rimproverano di aver speso una fortuna: “Le cifre che si sanno non sono quelle. Fino ad oggi abbiamo speso 5 milioni per Schick e 6 per Defrel. Schick lo paghiamo in 5 anni e non sappiamo ancora quanto sarà. Non sono 42 milioni, non è così. In questo anno noi spenderemo 6 milioni per Schick, è un’operazione comoda per noi. Credo che Patrik diventerà fortissimo per la Roma“.

Infine, una battuta su alcuni temi caldi in casa Roma, come il rinnovo di Florenzi e la reiterata assenza dalla Capitale di Pallotta:Io e il presidente abbiamo un rapporto bellissimo. Alcune volte ho sentito che manca la sua presenza, mentre io gli dico di essere meno presente. Io parlo tutti i giorni con lui, lui è molto vicino alla squadra e alla società e ne è costantemente preoccupato. Lui ha in mente una Roma campione e così sarà. Florenzi? Rimarrà qui ancora per tanti anni“.

È chiaro che non sarà una cosa immediata per Monchi inserirsi a pieno nel mondo Roma: dopo aver speso una vita intera a Siviglia, dovrà lavorare molto prima di capire a pieno i meccanismi di questo ambiente. I presupposti, però ci sono tutti: è un ds stimato in tutto il mondo, capace di tenere alto il livello qualitativo della squadra senza mai perdere d’occhio il budget. Certo, il suo profilo rappresenta una discontinuità rispetto al passato, ma un elemento esterno come lui potrebbe segnare finalmente il famoso salto di qualità che troppo spesso la Roma ha mancato, perdendosi nei paradossi di una società dal sicuro potenziale ma dal suo mancato esercizio.

Gianluca Notari

2000, Verona-Roma 1-4. Il Re Leone ruggisce due volte e i giallorossi volano

Luca Fantoni – Gabriel Omar Batistuta. Per molti il centravanti più forte della storia della Roma, per tutti semplicemente il Re Leone. Nell’estate del 2000, Franco Sensi decide di sborsare l’incredibile somma (per l’epoca) di 70 miliardi di lire, per acquistare questo attaccante che tanto bene aveva fatto alla Fiorentina negli anni precedenti. L’argentino lo ripagherà con 20 gol che trascineranno i giallorossi al loro terzo scudetto. Alla 7° giornata la squadra di Capello vola a Verona per giocare contro l’Hellas che arrancava nei bassifondi della classifica. I capitolini sono una macchina perfetta, nelle prime partite segnano raffiche di gol a ripetizione per chiunque ed anche i gialloblu non scampano alle grinfie della Lupa. In porta gioca Antonioli, la difesa a 3 è formata da Zebina, Zago e Samuel. Sulle fasce giocano Candela e Cafù mentre a centrocampo ci sono Zanetti e Tommasi. Totti agisce da rifinitore dietro a Batistuta e Delvecchio. I veneti, guidati da Perotti, solo omonimo dell’attuale numero 8 giallorosso, rispondono con Ferron tra i pali. La linea difensiva a 4 è formata da Oddo, Gonnella, Apolloni e Cvitanovic. Camoranesi, Colucci, Mazzola e Salvati costituiscono il quartetto di centrocampo mentre davanti agiscono Mutu e un giovane Gilardino.

SUBIRE E DILAGARE – Neanche il tempo di prendere confidenza con la partita che il Verona è già in vantaggio. Gilardino viene steso in area di rigore da Antonioli e dal dischetto va Massimo Oddo che spiazza il portiere. La Roma però reagisce subito, aumentando la pressione sugli avversari e trovando il pareggio al 38′ con un tiro da fuori di Candela sul quale Ferron non è perfetto. Negli ultimi secondi del primo tempo è Capitan Totti a realizzare il gol del vantaggio deviando in rete un cross dalla sinistra. Nella ripresa sale in cattedra il Re Leone. Al 58° c’è una punizione per i giallorossi poco fuori l’area. Sul pallone va Batistuta che calcia fortissimo e mette la palla all’incrocio sul palo del portiere. I veneti provano a reagire ma non si rendono mai realmente pericolosi dalle parti di Antonioli. Al 90° è sempre Batigol a chiudere la pratica con un tap in sotto porta. Doppietta e tre punti importanti per lo scudetto.

DA BATISTUTA A DZEKO – Quanto servirebbero i gol di Batistuta alla Roma di oggi. Dzeko non sembra più lo stesso dello scorso anno, anche se la fine delle voci di mercato che lo volevano già a Londra potrebbe fargli acquisire quella serenità che, sopratutto nelle ultime partite, era mancata. I giallorossi devono ricominciare a vincere per uscire dalla crisi. A questo serviranno i gol del bosniaco, che all’andata diede inizio al suo periodo migliore in questa stagione realizzando una doppietta. Verona può essere uno spartiacque della stagione romanista. Se i capitolini dovessero vincere potrebbero tornare ai livelli che gli competono, se dovessero perdere sarebbe un catastrofe totale. Sta ai giocatori dimostrare che sono ancora con Di Francesco.

Luca Fantoni

Emerson Palmieri: un infortunio di troppo e una bella storia da raccontare

Gianluca Notari – Tutto è bene ciò che finisce bene. Così si è soliti dire quando, tutto sommato, i danni non superano i vantaggi. Ed è così che si può dire riguardo al mercato della Roma, conclusosi con una cessione ed un acquisto. Un terzino sinistro per un altro, uno brasiliano e l’altro argentino. Emerson Palmieri si è ufficialmente accasato al Chelsea per una cifra di circa 25 milioni di euro, realizzando una plusvalenza non da poco, visto che era stato acquistato dai giallorossi per 2 milioni – meno di un decimo della cifra a cui è stato rivenduto -. In questa stagione Emerson aveva indossato la maglia porpora solamente due volte, per appena 105 minuti. Complice la rottura del legamento crociato subito il 28 maggio scorso, nella partita contro il Genoa, che però non gli aveva impedito di entrare in campo a fine gara per rendere omaggio a Francesco Totti, alla sua ultima volta con il 10 sulle spalle.

La parabola dell’italobrasiliano nella Capitale ha assunto con il passare dei mesi le sembianze di un miracolo sportivo: arrivato come oggetto misterioso dal Santos – dopo una precedente esperienza in Italia al Palermo -, con Garcia non vede praticamente mai il campo di gioco. Poi l’avvicendamento in panchina tra il francese e Spalletti, il quale intravede in lui subito qualcosa di speciale, su cui lavorare ma soprattutto su cui scommettere. Ma la prima volta sembra dar torto al tecnico di Certaldo. Nella gara di ritorno dei playoff di Champions League contro il Porto, Emerson entra in campo spaesato, nervoso, e la sua prestazione ne risente: dopo aver preso il posto in campo di Paredes, dopo appena 9 minuti rimedia un rosso diretto per un brutto intervento ai danni del messicano Corona. Un altro rosso, per la verità, visto che prima di lui era stato espulso anche De Rossi per un’entrata killer su Maxi Pereira. Roma in 9, 0-3 il risultato finale. Addio Champions. Decisamente non il miglior modo di iniziare una stagione.

Ma il classe ’94 non si lascia abbattere, ed in sinergia con il proprio allenatore confeziona una stagione memorabile, fatta di tante buone partite, diverse ottime prestazioni e qualche gol, di cui uno splendido contro il Villarreal in Europa League. La Roma, anche quell’anno, non vincerà nulla, ma la sensazione che rimane è che la squadra sia forte, fortissima, perché altrimenti non si fanno 87 punti in campionato. Come detto prima, però, l’infortunio complica non poco l’inizio della stagione corrente. Poi l’offerta dei Blues e i conti in rosso: Monchi e colleghi accettano, e tanti saluti.

Su Jonathan Silva, il nuovo acquisto giallorosso arrivato dallo Sporting, si sa poco. Tanta gavetta in Argentina, la prestigiosa maglia del Boca, il salto in Europa, un paio di apparizioni con la Selecciòn. Niente più.
La sensazione di fronte al suo annuncio è stata simile a quella che fu quando venne reso noto l’ingaggio di Emerson.
A ‘sto punto, speriamo anche il seguito.

Gianluca Notari

Mercato Roma. Il Guangzhou acquista Gudelj, addio all’idea Nainggolan

Luca Fantoni – Oltre alle possibili cessioni di Dzeko ed Emerson Palmieri, a tenere banco in questa sessione di calciomercato è stato il possibile trasferimento di Radja Nainggolan in Cina. Dopo la smentita del General manager del Beijing però, arriva anche un’altra indicazione della permanenza del belga nella capitale. Il Guangzhou Evergrande, la seconda squadra interessata al Ninja, ha acquistato il centrocampista Nemanja Gudelj dal Tianjin Teda. Questo arrivo completa la casella degli stranieri disponibili per la registrazione. La squadra cinese ha già infatti in rosa i due brasiliani Alan, Ricardo Goulart e il sud coreano Kim Gwong che occupa il posto riservato ai giocatori asiatici (regola valida ormai solo per la Champions Leagueasiatica). C’era infatti la possibilità che Nainggolan fosse tesserato in quanto tale per le sue origini indonesiane. Il Guangzhou rispetta così le gentili “indicazioni” del governo cinese, non spende cifre spropositate per un giocatore dall’estero, e fa felici i tifosi della Roma che si potranno godere il centrocampista belga per un altro po’ di tempo.

Luca Fantoni

2011, Roma-Sampdoria 3-1. L’ultima partita dell’era Sensi, Welcome to “Fabulous” America

Luca Fantoni – “Born in the Usa” direbbe “The Boss”, Bruce Springsteen. Quel 22 maggio 2011 nasce ufficiosamente la nuova Roma americana. Ad una cosa che sorge ne corrisponde però sempre una che tramonta, è un ciclo. La partita contro la Sampdoria segna la fine dell’era Sensi, prima quella di Franco e poi quella di Rosella. 18 anni che hanno segnato la storia giallorossa. Sconfitte, delusioni ma anche uno scudetto e sicuramente tanto cuore, perché prima di essere presidente, Sensi era un tifoso. Ma torniamo a quel giorno. Avete presente il famoso cartello “Welcome to Fabulous Las Vegas”? Idealmente divide l’aridità del deserto del Nevada e le mille luci della città che non dorme mai. Dopo quel match di fine stagione, i tifosi romanisti si sentivano come se avessero superato quel cartello. Le aspettative sulla nuova proprietà erano alte, forse troppo. I risultati sono stati deludenti, è un dato di fatto, ma non si può dare tutta la colpa a Pallotta e soci. Hanno preso una società sull’orlo del fallimento e stanno cercando di riportarla in alto, combattendo con l’atavica condizione di “Eterna seconda” che è propria della Roma. La vittoria sui blucerchiati permise ai capitolini di iniziare la nuova era giocando l’Europa League. In panchina sedeva Montella. In porta c’era Lobont e davanti a lui Loria e Burdisso, con Riise e Rosi sulle fasce. Il centrocampo a tre era formato da Perrotta, Taddei e Pizarro con Totti dietro a Vucinic e Borriello. I blucerchiati, già retrocessi, con Cavasin in panchina, avevano tra i loro migliori giocatori Ziegler, Palombo e Biabiany.

LA PARTITA – Quella stagione non è stata di certo esaltante, sopratutto se si pensa all’anno precedente, con Ranieri alla guida, quando proprio contro la Sampdoria, la Roma si vide sfuggire uno scudetto storico. Lo stadio è mezzo vuoto ma l’occasione resta comunque di quelle speciali. E proprio per questo i giallorossi non iniziano con il piede giusto. Al 26° infatti, Mannini raccoglie una corta respinta di Lobont e segna. Dopo 4 minuti però, è Totti a liberarsi in area e a lasciar partire un destro imparabile per Da Costa. Dopo il pareggio i capitolini si spingono in avanti, hanno molte occasioni, ma il gol del vantaggio arriva solo al 71°, con Vucinic che si libera con una finta e in spaccata mette in rete. Il sigillo del definitivo 3-1 porta la firma di Marco Borriello che con un tiro sporco ribadisce nella porta avversaria una punizione respinta di Totti. Nel finale accadono due eventi rilevanti. Fa il suo esordio in maglia giallorossa Alessandro Florenzi, un ragazzo di cui sentiremo parlare negli anni a venire e il capitano abbraccia Rosella Sensi, ponendo definitivamente la fine ad un’epoca.

Da Bruce Springsteen a James Brown, da “Born in the Usa” a “Living in America”. C’è un pezzo in quella canzone che fa “Da qualche parte durante la strada potresti trovare chi sei”. Ecco, la Roma ancora non ha trovato sé stessa. Non ha ancora capito se può diventare una grande squadra o se sarà per sempre relegata al ruolo di eterna incompiuta. Questa stagione ne è l’emblema. Si è passati dalla beatificazione dopo la partita con il Chelseaal disfattismo più totale dopo questo periodo di crisi. Vivere di pallone nella capitale significa anche questo, oscillare tra bianco e nero senza vedere mai i grigi. La società si può criticare per alcuni aspetti ma difficilmente si può ricordare una Roma con un parco giocatori così forti, sopratutto lo scorso anno. L’obiettivo da perseguire è togliere quello 0 dalla casella dei trofei vinti nell’era a stelle e strisce. Difficilmente il risultato contro la Sampdoria potrà cambiare il corso di questa stagione ma come cantavano i Morcheeba, “Rome wasn’t built in a Day”, Roma non è stata costruita in un giorno ma prima poi si deve iniziare a farlo.

Luca Fantoni

1988, Sampdoria-Roma 0-2. In un Marassi trasformato in cantiere, Völler e Massaro firmano la vittoria

Luca Fantoni – Siamo alla fine degli anni 80, precisamente a dicembre del 1988. In discoteca i ragazzi ballavano i Duran Duran e Michael Jackson, ad Anversa un piccolo Nainggolan compiva 8 mesi e a Roma i tifosi giallorossi vivevano uno dei tanti periodi sofferti della loro storia. I “Wild Boys” del Liedholm 3.0 sono solo un ricordo sbiadito della squadra che ha vinto il secondo scudetto. I capitolini alternano buone gare a clamorose debacle, come quella con la Dinamo Dresda in Europa. Se per la Roma quello non fu un periodo da ricordare, non si può dire lo stesso per il movimento calcistico italiano che si apprestava a vivere il suo momento di massimo splendore, iniziato con il mondiale del 90’. Proprio per quella manifestazione vennero rimodernati tutti gli stadi, compreso Marassi. La squadra di Leidholm si trova quindi a giocare in un cantiere a cielo aperto. La porta è difesa da Tancredi. La retroguardia a 5 è composta da Tempestilli, Nela, Manfredonia, Oddi e Collovati. I tre di centrocampo erano Policano, Desideri e Giannini con “il tedesco volante” Rudi Völler e Massaro in avanti. La Sampdoria di Boskov, che al contrario dei romani si apprestava a vivere gli anni migliori della sua storia, schierava negli undici i due ex Vierchwood e Cerezo ed anche i gemelli del gol Vialli e Mancini.

LA PARTITA – Con un ultimatum a Liedholm. Così si presenta la Roma a Marassi. A causa dei risultati deludenti, il presidente Dino Viola aveva dato un termine di 8 giorniall’allenatore per risollevare le sorti della squadra. L’ambiente non era quindi tra i più sereni. L’inizio del match fa presupporre che lo svedese, al panettone, non ci sarebbe mai arrivato. La Sampdoria attacca e va vicinissima al gol più volte con Mancini e Cerezo, ma un Tancredi in grande giornata e un intervento quasi sulla linea di Manfredonia, evitano lo svantaggio. Al 35° i giallorossi, a sorpresa, segnano. Il difensore Antonelli effettua un retropassaggio sciagurato per il proprio portiere Pagliuca che non è deciso nell’uscita e si fa trafiggere da Voeller, un vero rapace d’area di rigore.Nella ripresa il copione non cambia. Ci prova prima Dossena e poi Victor Muñoz ma il colpo di testa dello spagnolo si infrange sul palo. A 13 minuti dalla fine però, i capitolini colpiscono ancora in contropiede. Giannini, con uno splendido passaggio in profondità, chiude un triangolo con Massaro il quale supera Pagliuca in uscita. 2-0 e giallorossi che ottengono la loro 5° vittoria nella storia sul campo della Samp.

Forse non ci saranno ultimatum per Di Francesco ma la situazione è critica. Pareggiare a Milano con l’Inter, di per sé, non è un cattivo risultato ma in un momento come questo serviva solamente la vittoria. A Marassi non sarà facile. 30 anni fa la Roma vinse grazie ai suoi due attaccanti, ora non si sa neanche chi sarà il centravanti titolare. Dzeko sembra già con la valigia pronta per Londra, sponda Chelsea. È una perdita enorme per i capitolini, sopratutto se non dovessero riuscire a sostituirlo a dovere. Schick può rappresentare un’alternativa? Forse, ma con ancora tutta una stagione da giocare, con lo spettro del non ingresso in Champions League l’anno prossimo, vale davvero la pena di rischiare? Le risposte ce le darà il campo. Sempre oscillante tra amore e odio, Dzeko è stato “vittima sai di un bilancio sbagliato come cantava Julio Iglesias. Ora che i conti però torneranno a posto, è compito e dovere di Monchi cercare di costruire una squadra che sappia riportare un trofeo a Roma dopo 10 anni.

Luca Fantoni