Roma-Barcellona, una storia non da romanisti

Gianluca Notari – Questa storia non è una storia per romanisti. Questa è la storia di un gruppo di alieni, sbarcati per caso nei pressi dello Stadio Olimpico, che hanno affrontato e ribaltato la tradizione, l’equilibrio, lo status quo. Ed è solo un caso che questo invincibile gruppo di alieni abbia per una sera vestito la maglia della Roma, perché alla Roma, queste cose, non riescono mai. Roma-Barcellona doveva essere l’ennesimo Roma-Sampdoria, Roma-Liverpool o Roma-Lecce, l’ennesimo rimpianto di qualcosa che poteva essere ma che non è stato. L’ennesima gara in cui alla fine si esce dallo stadio e si impreca, ci si arrabbia, e si maledice il giorno in cui si è scoperto l’amore per questi colori. No: questa storia non è una storia per romanisti.

Eppure, dopo una notte troppo magica per poter sembrare vera, quello che doveva essere non è stato. La Roma è riuscita in qualcosa di straordinario, non ha disatteso i sogni dei tifosi e no, non è uscita dalla Champions League tra fischi e rimpianti. Roma-Barcellona 3-0, semifinale raggiunta e Barça eliminato ai quarti. Troppo bello per essere vero eppure, per una volta, è tutto vero.
E allora via ai caroselli, via alle adunate in piazza, via agli sfottò e alle grida di gioia. Perché Roma ha vinto, e nessuno se la sa godere più dei tifosi della Roma. Perché questa, oltre alla vittoria di Di Francesco, di Pallotta, di Dzeko, De Rossi e Manolas, sarà sempre e per sempre la vittoria dei tifosi. Un sogno, forse, o una bellissima storia da raccontare ai nipoti.

L’auspicio è che questa partita sia la prima pietra di un lungo percorso, ma ciò che importa adesso è che la Roma ha vinto e per la seconda volta nella sua storia raggiunge la semifinale della massima competizione europea. Ora tutto sembra possibile, anche pensare di arrivare allo Stadio Olimpico di Kiev per giocarsi una finale a dir poco insperata. Per ora c’è solo da sperare che quel gruppo di alieni non vada via da Roma prima della fine della stagione, lasciando i tifosi giallorossi liberi di sognare ancora un po’. Perché sognare sì che è per romanisti.

Gianluca Notari

Roma-Barcellona 3-0, le dichiarazioni dei protagonisti. Di Francesco: “L’obiettivo è la finale”

Gianluca NotariRoma-Barcellona 3-0 potrebbe essere considerato il titolo di un film americano di fantascienza, dove i più deboli hanno la propria occasione di vincere contro la tirannia dei più forti. Ma fuori dall’immaginario hollywoodiano, Roma-Barcellona è una bellissima verità. La Roma ha raggiunto per la seconda volta nella sua storia le semifinali di Champions League, prima e unica volta da quando la competizione si chiama così. Un match così a Roma non si era mai visto: anche nella famosa rimonta contro il Dundee United, l’avversario non aveva questa aurea sacrale attorno. Invece, questa volta, l’avversario era il Barcellona di Leo Messi: “Abbiamo battuto i più forti del mondo” dice Kostas Manolas. La sua corsa sotto la Tribuna Monte Mario con le braccia allargate e la bocca spalancata per le urla di gioia rimarrà impressa nella mente di tanti tifosi giallorossi per il resto della loro vita.

Continua il greco: “Ci abbiamo creduto, la Roma c’è, è una squadra forte e merita tutto il meglio. Venivamo da tre brutti risultati e avevamo molto stress. Ci abbiamo creduto e abbiamo dato tutto“. Un’impresa titanica quella dei giallorossi, guidati in campo da Daniele De Rossi e fuori da un allenatore, Eusebio Di Francesco, in assoluto stato di grazia. Sua la mossa vincente del cambio modulo: con il 3-4-3 ha messo la sua squadra in condizione di accettare l’uno contro uno in fase difensiva per guadagnare un uomo a centrocampo. “Ho fatto questa scelta per levargli ampiezza e con gli attaccanti vicini volevo essere più aggressivo. In questo momento, però, mi interessa la filosofia della squadra. Questa vittoria non nasce da stasera, ma da un’identità e un pensiero che porto avanti da tempo anche se non è sfociato alcune volte in delle vittorie che avremmo meritato. Abbiamo cambiato sistema perché avevo studiato il Barcellona e avevo visto che aveva avuto difficoltà contro una squadra con la difesa a tre. Credevo che ritoccando qualcosina saremmo stati ancora più aggressivi e così è stato“.
Infine De Rossi, che con il gol su rigore riscatta l’autogol dell’andata: “La partita dell’andata ci aveva detto che loro erano forti ma non così tanto come negli anni scorsi. Abbiamo avuto occasioni, ci siamo segnati da soli… Non c’era quel distacco“. Per lui, come per Di Francesco, l’avvicinamento alla partita è stato vissuto con speranza, sì, ma anche con consapevolezza:Eravamo consapevoli che sarebbe stato difficile. Ma c’era un pizzico di convinzione. Ma da qui al risultato di stasera ce ne passava. Merito di tutti e del mister“.

Difficile adesso dire dove può arrivare questa Roma: come detto dall’allenatore giallorosso nei minuti subito dopo il fischio finale, “L’obiettivo adesso è la finale di Kiev“, anche se non sarà una passeggiata arrivarci. Le due possibili avversarie, oltre al Liverpool, si sapranno stasera: con chiunque saranno le sfide per la Roma sarà una battaglia. Manolas, però, conosce la strada: “Con il nostro pubblico, nessuno ci può battere”.

Gianluca Notari

2002, Roma-Barcellona 3-0. Emerson, Montella e Tommasi sono gli artefici dell’impresa

Luca Fantoni – Quattro punti in due partite con il Barcellona. La Champions League dell’epoca era ancora con la formula del doppio girone e, dopo aver superato il primo con Real Madrid, Anderlecht e Lokomotiv Mosca, nel secondo la Romatrova il Liverpool, il Galatasaray e il Barça. Contro i blaugrana i giallorossi realizzarono due imprese, pareggiare al Camp Nou e vincere 3-0 all’Olimpico, ma non si riuscirono comunque a qualificare a causa dei pareggi con gli inglesi e con i turchi. Gli uomini di Capello fallirono pur uscendo imbattuti contro quella squadra che poi arrivò primae venne fermata solamente in semifinale. I capitolini giocavano con Antonioli in porta. La difesa a 3 era formata da Zebina, Samuel e Panucci, con Cafù e Candela sulle fasce. In mezzo al campo c’erano Emerson e Lima, con Totti, Batistuta e Delvecchio davanti. Il Barcellona di Rexach rispondeva con Reina tra i pali. Christanval e De Boer erano i due difensori centrali con Puyol a destra e Sergi a sinistra. Sulla mediana agivano Cocu e Thiago Motta mentre Luis Enrique, Gerard e Rivaldo supportavano l’unica punta Kluivert.

TUTTO NELLA RIPRESA – Il primo tempo è l’antitesi del calcio. Lo stile di quel Barcellona diede poi vita al Guardiolismo, con tanto possesso palla ma molto sterile. La Roma, che ha la necessità di vincere, stranamente si adegua a questo ritmo lento e non tenta quasi mai la giocata. La partita si accende nella ripresa con l’ingresso in campo di Montella. La pressione dei giallorossi si fa più costante e al 61’ trovano il vantaggio. Totti appoggia dietro per Candela, il francese tira forte ma la sua conlusione “sbatte” su Emerson e finisce in porta. Passano 13 minuti ed è Vincenzo Montella a raddoppiare. L’aereoplanino prima recupera un pallone sulla trequarti, poi servito da Totti salta un difensore e con il destro batte Reina. A scrivere il lieto fine completo sulla notte stellare dei capitolini ci pensa l’antieroe per eccellenza, Damiano Tommasi, che lascia partire una staffilata da fuori area e regala tre punti a Capello.

IMPRESA – Nonostante nella debacle del Camp Nou si sia comunque vista una Roma propositiva e che ha saputo tenere il campo, il risultato è quello che è. Il 4-1 è pesante, forse troppo. Torneranno Nainggolan e Under, che tanto erano mancati in Catalogna, ma sarà comunque difficile anche avere una minima possibilità di ribaltare il risultato. I capitolini devono comunque provarci e lo devono fare per quei 60mila tifosi che saranno allo stadio, che hanno comprato il biglietto pur sapendo che forse sarebbe stata una partita già decisa. In ogni caso, anche se non servirà in ottica qualificazione, una vittoria con il Barça sarebbe importante a livello di prestigio e a livello mentale per tornare poi a concentrarsi sul campionato con sensazioni positive e non, magari, con un’altra sconfitta.

Luca Fantoni

2002, Barcellona-Roma 1-1. Ogni maledetto mercoledì

Luca Fantoni – 1-1 al Camp Nou, dov’è che si firma? Di sicuro non se lo chiedeva chi quel giorno era lì. Nel 2002 sia chiaro, perchè raccontare l’altro precedente sarebbe stato un suicidio sportivo, letterale e morale. Quella volta però, i tifosi giallorossi arrivarono a Barcellona forti di essere i campioni d’Italia in carica e consapevoli di potersela giocare. Gli oltre 6000 che giunsero in Catalogna, tra una paella a Barceloneta, un giro sulla Rambla e un confronto poco amichevole con la Guardia Civil, poterono assistere ad un’impresa sfiorata. Si, sfiorata, perché altrimenti non sarebbero tifosi giallorossi. All’epoca, nonostante il Barça fosse comunque una corazzata, non era sicuramente quello dei tempi di Guardiola, ma sopratutto la Romapoteva vantarsi di qualche trofeo recente in bacheca. In porta, nella squadra di Capello, giocava Antonioli. Zebina, Samuel e Panucci facevano i tre centrali con Cafù e Candelasulle fasce. In mezzo al campo c’erano Tommasi, Emerson e Lima, con Totti e Batistutadavanti. I blaugrana di Rexach, che nella storia del Club conterà poi qualcosa, avendo scoperto uno come Lionel Messi, possono annoverare tra le proprie fila giocatori come Puyol, Luis Enrique e Kluivert.

SBAGLIA CANDELA – Vuoi per l’entusiasmo, vuoi perché quell’anno la Spagna sembrava terra di conquiste, l’inizio di partita è a tinte giallorosse. Ci provano prima Batistutapoi Totti, che quella stagione aveva già colpito al Bernabeu, ma entrambe le conclusioni sono poco precise. Il Barcellona reagisce con Saviola e Rivaldo ma il primo tempo scivola via sullo 0-0. Nella ripresa passano 12 minuti e la Roma trova il vantaggio. Tottibatte una punizione da posizione laterale, Panucci stoppa il pallone in area e di sinistro batte Reina. Apoteosi nel settore ospiti. I catalani provano subito a reagire ma la difesa dei capitolini sembra poter reggere, almeno fino a quando non arriva l’errore di Candela. Il francese prova il dribbling nella sua area ma si fa rubare palla da Puyol che la mette a rimorchio per Kluivert. Il tiro dell’olandese si infila sotto la traversa, trafiggendo Antonioli. Pareggio che i ragazzi di Capello si presero e si portarono a casa ma, a conti fatti, forse rimase un po’ stretto.

ANY GIVEN WEDNESDAY – Ce ne fossero di mercoledì come questo, o come quello che la Roma si appresta a vivere di nuovo al Camp Nou. Ce ne fossero più spesso, perché si può anche perdere ma la soddisfazione di andartele a giocare queste partite e di poter dire di essere tra le migliori otto d’Europa, è impagabile. Chi è realista sa che la missione è praticamente impossibile. Eppure, chiunque sia un tifoso romanista, o comunque un appassionato di calcio, non può non sperare. Sperare che per una volta le cose vadano diversamente, che un pallone si sposti di mezzo centimetro dentro o fuori, che per una volta non debba valere la legge del più forte, che l’ideale prevalga sul razionale. Il Camp Nou sembrerà un inferno e starà a De Rossi e compagni aprirsi la strada, lottando, verso la luce, come è già successo a Stamford Bridge quest’anno o al Bernabeu una decade fa. Magari alla fine servirà a poco, ma la Roma deve crederci e deve lottare, come ha sempre fatto, ogni maledetto mercoledì.

Luca Fantoni

2011, Bologna-Roma 0-2. Sprazzi di Tiki Taka di una squadra che doveva diventare il Barcellona

Luca Fantoni – Un giorno la Roma doveva diventare il Barcellona. Inizio estate. Tra i tifosi romanisti comincia a serpeggiare una parola, che dalle parti del Colosseo non conoscono molto: Tiki Taka. Il credo calcistico per eccellenza, la filosofia vincente, l’apoteosi del bel gioco. Per diffondere il verbo del calcio catalano arriva colui che, quel modo di giocare, aveva aiutato a crearlo. Si tratta di Luis Enrique, tecnico del Barcellona B. Asturiano, ex giocatore di Real e Barça e poca esperienza in panchina mal’entusiasmo dopo il suo arrivo era comunque alle stelle. Con l’arrivo di Bojan già si pregustava un facile triplete per poi andare a vincere il Mondiale per club con il mantra del tiki taka. A distanza di 7 anni è evidente che “El Proyecto” è fallito. In realtà ci sono voluti solo due mesi a rompere l’idillio, quando, contro lo Slovan Bratislava, Tottilasciò il campo per Okaka e la Roma uscì subito dall’Europa League. Poteva andare diversamente? Forse. La certezza è che la rosa di quell’anno, con il senno di poi, fu eccessivamente sopravvalutata e fare meglio del 7° posto non era così scontato. Nessuno potrà mai sapere come sarebbe andata se Luis Enrique fosse rimasto. Qualche segnale positivo era comunque arrivato nel corso della stagione, la partita contro il Bologna ne è un esempio. Stekelenburg giocava in porta, la difesa a 4 era formata da Rosi, Juan, Heinze e Taddei. A centrocampo c’erano Simplicio, De Rossi e Pjanic, con Totti e Lamela a sostegno di Osvaldo.

ROMA BLAUGRANA – Quella partita neanche si sarebbe dovuta giocare quel giorno. Originariamente doveva essere il match di apertura della stagione ma uno sciopero dei calciatori la fece rinviare a dicembre. Vedendo la prima Roma di quell’anno, meglio così. Passano cinque minuti, tre scambi nello stretto, un tacco di Simplicio e Totti di sinistro si fa parare il tiro da Gillet. Si capisce subito che è una giornata a tinte blaugrana. Al 17’ i giallorossi passano in vantaggio. Taddei raccoglie una pallone vagante fuori dall’area e al volo di destro mette la palla all’angolino basso. Quasi come Dani Alves. Passano una ventina di minuti e Osvaldo, che ora fa la rockstar e magari in qualche bar di Barcellona ci ha anche suonato, fulmina il portiere avversario con un tiro da fuori. Sul 2-0 per i capitolini è facilissimo amministrare il gioco e anche divertirsi. Alcune occasioni che portano alla conclusione Totti e Lamela sono da accademia del calcio. Il terzo gol non arriva ma la squadra di Luis Enrique torna a casa da quella partita con la consapevolezza che tutto sommato, con un po’ di tempo in più, giocare in quel modo poteva non essere un’utopia.

TESTA AL BOLOGNA – Tre anni fa la Roma si è scontrata contro il Tiki Taka, ha preso sei gol ed è salita sul primo aereo di ritorno. Questa volta il credo calcistico è cambiato, il Barça di Valverde è più compatto ma non per questo meno spaventoso. Prima di pensare alle notti magiche però, i giallorossi dovranno concentrarsi sul Bologna di Donadoni, una squadra ostica e fastidiosa, con cui, tuttavia, è importante vincere. Spazio al turnover ma con moderazione, la Coppa Italia insegna. Sarà fondamentale scendere in campo con la testa giusta, senza farsi condizionare dall’ossessione del Camp Nou. I rossoblu da battere, sabato, sono altri. Bisogna uscire dal Dall’Ara con i tre punti, felici e soddisfatti, solo allora si potrà pensare al Barcellona anche perché le grandi imprese nascono da piccole vittorie e quella contro gli emiliani deve essere una di queste.

Luca Fantoni

File ai Roma Store per Roma-Barcellona, portali per la vendita dei biglietti a lungo fuori servizio. Terminata la Curva Sud

Luca Fantoni – Roma-Barcellona è una sfida che i giallorossi aspettavano da 10 anni. A testimoniare l’importanza di questo match sono le lunghe file che si sono create nei vari Roma Store. I terminali per la vendita dei tickets sono rimasti fuori servizio per oltre un’ora, mentre era già partita la vendita online (anche qui lunghe file sul sito di riferimento). Dopo circa mezz’ora di vendita dei biglietti ci sono stati altri problemi tecnici. Fase di prelazione andata a gonfie vele con oltre 21.000 tagliandivenduti, la Capitale sente l’aria di Champions e risponde presente. Nonostante il malfunzionamento dei terminal adibiti alla vendita, la Curva Sud è totalmente esaurita

Luca Fantoni

2017, Crotone-Roma 0-2. Nainggolan segna da capitano e Dzeko fa 25 in stagione

Luca Fantoni – Tre partite e tre vittorie. Sono solo questi i precedenti tra Roma e Crotone e l’unico allo Scida è quello vinto dai giallorossi per 2-0 nella stagione scorsa. Se nella partita d’andata di quel campionato i capitolini dilagarono facendo affidamento sulla loro bandiera, Francesco Totti, in quella di ritorno a trascinare la squadra furono altri due giocatori cardine, Dzeko e Nainggolan. Il Ninja, capitano per l’occasione, riuscì a raggiungere quota 9 gol stagionali, dimostrando ulteriormente quanto il gioco di Spalletti riuscisse a esaltare in maniera incredibile le sue doti offensive. Alisson ancora non era titolare e in porta giocava Szczesny. La difesa a 3 era formata da Manolas, Rudiger e Fazio. A centrocampo i due esterni erano Bruno Peres ed Emerson Palmieri con Paredes e Strootman al centro. Davanti Salah e Nainggolansostenevano Dzeko. Il Crotone di Nicola, che sembrava in una situazione di classifica disperata, rispondeva con Cordaz, tra i pali, Ceccherini, Dussenne, Ferrari e Rossi in difesa. Sulla linea mediana agivano Capezzi e Crisetig con Tonev e Mesbah sulle fasce. Davanti spazio a Falcinelli e Acosty.

SBAGLIARE E RIMEDIARE – Dopo quattro giorni la Roma avrebbe giocato con il Villarreal in Europa League e, almeno nei primi minuti, la testa è proiettata verso l’impegno europeo. A provarci subito infatti è Tonev ma Szczesny blocca. Al 17° Salah viene leggermente trattenuto in area da Ferrari e l’arbitro Russo concede un generoso rigore. Dzeko, per fugare ogni dubbio, lo calcia fuori dimostrando ancora una volta che i tiri dagli undici metri non sono proprio la sua specialità. I giallorossi iniziano a spingere e trovano il vantaggio nel finale del primo tempo con Nainggolan che controlla un pallone in area e trova la girata vincente. La ripresa si apre con una festa del palo tra Dzeko e Fazio. Il bosniaco prende una traversa con un tiro di sinistro mentre il colpo di testa del difensore si infrange sul montante. Dopo un tiro di Acosty ben disinnescato da Szczesny, Dzeko riesce a rifarsi degli errori commessi, depositando in rete un passaggio di Salah, firmando il definitivo 2-0.

ROSSOBLU – Saranno tre settimane in rossoblù per la Roma. Prima il Crotone, poi il Bologna per concludere con il Barcellona. Tre sfide tanto diverse per la difficoltà ma neanche troppo per l’importanza. Vincere le due partite di campionato comporterebbe la possibilità di guadagnare qualche punto in ottica terzo posto e porterebbe i giallorossi ad affrontare i blaugrana con un pizzico di serenità mentale in più. Il confronto con la squadra di Valverde sarà un’impresa titanica. I capitoli hanno forse il 5, massimo il 10% di possibilità di qualificarsi ma se si vuole cominciare a costruire una mentalità europea si deve partire da match come questi. Scendere in campo e giocarsela, perché le partite iniziano tutte da 0-0. Questo deve essere il mantra!

Luca Fantoni

2006, Roma-Shakhtar 4-0. Prima partita ed unica vittoria contro gli ucraino-brasiliani

Luca Fantoni – Brasile ed Ucraina. Due posti talmente lontani geograficamente e differenti culturalmente che una contaminazione sembra impossibile. Eppure no. C’è un posto nel Donbass, localizzato nella parte orientale della nazione, precisamente a Donetsk, dove al freddo dell’inverno dell’est europeo si è mischiato un po’ di calore di Porto Alegre, un po’ di carnevale di Rio de Janeiro e un po’ di fantasia carioca. Anche nel 2006, all’inizio dell’”esplosione” dello Shakhtar, di giocatori verdeoro ce ne erano, anche se solamente tre, meno di quanti ce ne siano ora. Matuzalem, che poi andrà alla Lazio, il talento Elano e l’attaccante Brandão. Era la partita d’esordio del girone di Champions. Sulla panchina degli arancioneri sedeva Lucescu e tra gli altri in campo c’erano giocatori come Timoschyuk, Marica e Srna. La Roma di Spalletti quell’anno vivrà forse la stagione migliore dal punto di vista europeo degli ultimi anni. Quel giorno si schierava con Doni in porta, Panucci, Ferrari, Chivu e Tonetto in difesa. Aquilani, preferito a Pizarro, affiancava De Rossi in mediana. Davanti Taddei, Perrotta e Mancini sostenevano Totti.

LA PARTITA – L’attesa per la prima partita europea della stagione è tanta ma la Roma inizia con il freno a mano tirato e rischia di prendere gol in più occasioni. Chi ha visto quel match si ricorderà gli incredibili errori dell’attaccante Brandão che prima mette fuori un pallone che chiedeva solamente di essere toccato in porta, e poi calcia addosso a Doni da buonissima posizione. L’attaccante brasiliano diventa, quindi, il migliore in campo del primo tempo per i giallorossi. L’inizio di ripresa è ancora di marca Shakhtar con Marica che semina il panico nella difesa dei capitolini. Con l’ingresso di Pizarro per Aquilani però, la partita cambia. Il cileno riesce a dare le geometrie giuste e al 67’ i padroni di casa passano con Taddei, che raccoglie un cross sul secondo palo e scarica un destro che si infila sotto la traversa. Passano nove minuti e Totti si inventa una girata di sinistro che si infila sotto al sette. Tempo di rimettere la palla al centro ed è già 3-0 con un colpo di testa di De Rossi. Il sigillo finale dell’escalation di gol romanista, lo mette proprio il “Pek” con un bel tiro da fuori.

DI BRASILIANO NE BASTA UNO – Certo, i brasiliani dello Shakhtar non sono male ma anche quelli della Roma non scherzano. Anzi, ce n’è uno in particolare che questa stagione sta giocando a livelli altissimi. Parliamo di Alisson Becker. Il numero uno giallorosso si è preso il posto da titolare, dopo una stagione da comprimario, e si sta affermando come uno dei migliori al mondo. Martedì la qualificazione passerà anche da lui, dalle sue parate, dalla sua capacità di guidare la difesa e magari anche da qualche rinvio come quello che ha permesso ad El Shaarawy di segnare contro l’Inter. Contro lo Shakhtar servirà segnare, quindi, ma non solo. Sarà fondamentale l’equilibrio che, proprio come ha detto Di Francesco dopo il match contro il Torino, deve essere alla base per migliorarsi, crescere e magari togliersi lo sfizio di entrare nelle migliori 8 d’Europa!

Luca Fantoni

Attenta Roma: Ferreyra is on fire

Gianluca Notari – «Una squadra brasiliana più che ucraina». Di Francesco dixit. Niente di nuovo, insomma. Dello Shakhtar Donetsk si è parlato tanto, prima e dopo la gara di Kharkiv. Tanta qualità nel palleggio, ali rapide e funamboliche che puntano l’uomo, difesa solida – anche se lenta – e soprattutto una punta che fa gol. Tanti.

Si chiama Facundo Ferreyra, ha 26 anni e viene da Lomas de Zamora, Argentina. A questa piccola cittadina, che si estende su una superficie di 20 km quadrati a sud-ovest di Buenos Aires, sono legati diversi nomi della letteratura e della poesia come Julio Cortàzar e Alexandrine Rappel. Ma Ferreyra, del gusto e dell’estetica dell’artista, ha davvero poco o nulla.

Guardando lo Shakhtar da una prospettiva lontana, El Chucky sembra sulla carta un corpo estraneo rispetto alla sinfonia di cui gode: Marlos, Bernard, Fred e Taison sono gli interpreti perfetti dell’idea di calcio di Fonseca, fatta di fraseggi, possesso palla e dribbling. Lui, invece, si «limita» a buttarla dentro. Un po’ sgraziato, alto e dinoccolato, ha nel gioco fisico e nel colpo di testa le sue armi migliori. E quest’anno sta segnando a raffica: 27 gol in 33 presenze, di cui 7 nelle cinque gare del 2018. Come intonava un coro di qualche anno fa, sarebbe il caso di dire “Ferreyra is on fire“. Anche ieri, nella vittoria dello Shakhtar sul Vorskla, l’argentino ha messo a segno una doppietta. A fine gara il monito per De Rossi e compagni: «Ora ci prepareremo per la Roma. Sappiamo quanto sono forti, ma io credo nella mia squadra. Affronteremo una gara importantissima anche dal punto di vista storico, abbiamo bisogno di vincere».

Ma oltre che ad avere fiducia nella squadra, Ferreyra farebbe bene a credere in sé stesso: cresciuto calcisticamente nel Banfield, a pochi chilometri da casa, fa il suo esordio in prima squadra a 17 anni, nel 2008. Con la maglia del Taladro, il primo gol arriva a dicembre dello stesso anno, nel derby contro l’Argentinos Juniors. Con il Banfield gioca fino al 2012, quando si trasferisce al Velez Sarsfield, altra società di Buenos Aires: con i biancoblu El Chucky gioca una stagione pazzesca, mettendo a segno 17 reti in 25 presenze distribuite tra campionato e Libertadores. E’ il 2013, Ferreyra ha 22 anni e già decine di gol alle spalle: una chiamata dall’Europa è scontata. E così fu, infatti. Lo Shakhtar Donetsk annuncia il suo acquisto il 10 luglio, per la modica cifra di 10 milioni di euro. Nella sua prima stagione con i minatori l’argentino gioca piuttosto bene, collezionando 6 reti in 13 presenze. Ma l’Ucraina in quegli anni lì non è il massimo, e dopo l’attentato di Donetsk (quando fu abbattuto un Boeing 777 e persero la vita 298 persone), lui e altri compagni decidono di cambiare aria. Così si trasferisce con la formula del prestito in Inghilterra, al Newcastle, ma con i Magpies non sboccia il feeling: le presenze sono appena 8, ma con la squadra Primavera, perché in quella stagione le apparizioni ufficiali di Ferreyra in maglia bianconera sono 0. Naturalmente il club inglese non riscatta il giocatore, che così torna in Ucraina. Il che, calcisticamente parlando, è stata la sua fortuna.

7 gol nella stagione 15/16, 16 nella stagione 16/17: El Chucky diventa il perno dell’attacco di Fonseca, che costruisce alle sue spalle una linea di trequartisti che ne esalta le caratteristiche. Quest’anno Ferreyra è già a quota 27, e non sembra volersi fermare proprio ora. La Roma è avvisata.

Gianluca Notari

2016, Roma-Torino 3-2. Una serata da lacrime di gioia, una favola con Totti protagonista

Luca Fantoni – Le sensazioni di quei tre minuti contro il Torino sono racchiuse tutte nelle lacrime di quel tifoso che, inconsapevole di essere ripreso dalle telecamere, ha mostrato al mondo cosa rappresenti la Roma per i suoi sostenitori. Ci sono dei momenti che non si possono misurare con l’orologio ma solo con i battiti del cuore, parafrasando David Grossman. In quei 180 secondi il tempo si è fermato. Tutto quello che stava accadendo sembrava galleggiare tra un alone di leggenda e uno di incredulità. Quando però i supporter giallorossi hanno guardato il tabellone a fine partita con su scritto 3-2 hanno capito che tutto era reale: Francesco Totti era entrato, aveva segnato due gol e aveva ribaltato la partita. Dopo un primo periodo fantastico, dall’arrivo di Spalletti in poi, erano cominciate ad emergere le prime tensioni. I capitolini erano ancora in lotta per il secondo posto con il Napoli, ma tra l’ex Capitano e il tecnico toscano si erano già formati i primi dissapori che però quel finale di campionato pazzesco riuscì in qualche modo ad oscurare. Nella formazione iniziale solo 5/11 giocano ancora all’Olimpico: Manolas, Florenzi, Nainggolan, El Shaarawy e Perotti. Szczesnydifendeva la porta, in difesa c’erano Maicon, Rudiger ed Emerson Palmieri. A centrocampo il secondo mediano era Keita, con Salah che completava il quartetto offensivo. Il Torino di Ventura rispondeva con un 3-5-2 che vedeva Padelli in porta. Moretti, Glik e Maksimovic erano i tre centrali con Silva, non Jonathan ma Gaston, e Bruno Peres sugli esterni. Gazzi, Obi e Baselli giocavano a centrocampo con Belotti e Martinez davanti.

FAVOLA REALE – Come ogni favola che si rispetti, all’inizio sembra che il “nemico” possa avere la meglio sull’eroe di turno. Ci prova subito Martinez, dopo una discesa splendida di Bruno Peres (sarebbe stato bello leggere più spesso questa frase durante l’esperienza romanista), ma la sua girata finisce alta. Subito dopo Belotti colpisce il palocon un tiro da fuori. Al 35’ lo stesso attaccante si procura un calcio di rigore e lo trasforma spiazzando Szczesny. La Roma prova a reagire sul finale di primo tempo con un tiro di Nainggolan ben disinnescato da Padelli. Il pareggio arriva solamente nella ripresa quando da un calcio d’angolo Manolas arriva in cielo e di testa la mette in rete. All’82’ arriva il secondo colpo di scena di questa storia: Bruno Peres si libera sulla destra, mette un cross sul quale la difesa capitolina si addormenta e sul secondo palo Martinez fa 2-1. Quando tutto sembra perduto, Spalletti gioca l’asso nella manica, se non la sua quella della Roma. È il minuto numero 86, Totti entra in campo, pochi secondi dopo realizza il 2-2 e tre minuti dopo realizza il rigore della vittoria. Due palloni toccati e due gol. Un lieto fine da sogno per la squadra e per Totti, ma d’altronde non poteva finire diversamente: nelle favole vincono sempre i buoni.

CONTINUARE LA CORSA – Da una favola ad un racconto thriller, o almeno così sembrava fino alla partita contro il Napoli. Al San Paolo la Roma si è trasformata in “Hannibal Lecter”, divorando il match e gli avversari come poche altre volte si è visto fare quest’anno. Ora bisogna dare continuità. Troppe volte è stato già detto, ma nelle prossime due partite deve essere un imperativo perché si deciderà la stagione dei giallorossi. Non ci sarà più Totti e non ci sarà neanche Dzeko per squalifica. Questa volta l’asso nella manica di Di Francesco si chiama Patrik Schick. Il talento ceco ha l’ennesima occasione per mostrare di valere tutti i soldi che sono stati spesi per lui. Partirà titolare e i tifosi della Lupa sperano che possa regalare anche solo un decimo delle emozioni che regalò quel giorno Totti, anche perché avrebbe veramente bisogno anche lui di un lieto fine. La squadra di Di Francesco deve continuare a recitare questo ruolo da “Red Sparrow”: concreta, intelligente ma sopratutto spietata.

Luca Fantoni