Botta e risposta all’Olimpico. Roma-Fiorentina 2-2

Alice Dionisi – Dopo la sonora sconfitta contro il Napoli (e quella inaspettata contro la Spal), la Roma non riesce ad andare oltre il pareggio con la Fiorentina. Ranieri è costretto a fare a meno di Manolas, squalificato, schierando così Juan Jesus al fianco di Fazio in difesa, davanti a Mirante, preferito tra i pali allo svedese Olsen. Sulle fasce Kolarov e Santon, centrocampo a Nzonzi, Zaniolo e Cristante, con Kluivert e Perotti a supporto di Dzeko. Pioli schiera il “Cholito” Simeone in attacco, in coppia con Muriel (rimane in panchina Chiesa). Alle spalle di Gerson il centrocampo formato da Dabo, Veretout e Benassi. In difesa, davanti ai pali protetti da Lafont, Biraghi, Hugo, Pezzella e Milenkovic. È un botta e risposta ravvicinato quello tra Roma e Fiorentina, che si affrontano dopo la debacle giallorossa in Coppa Italia. Le squadre segnano un gol per tempo ciascuno, con i viola che entrambe le volte passano in vantaggio e la Roma che riesce a recuperare. Al 12’ Pezzella trova il gol del momentaneo 0-1, sfruttando il calcio d’angolo di Biraghi e anticipando Kolarov. Due minuti dopo risponde Nicolò Zaniolo, pareggiando di testa su un cross di Kluivert, con la palla che finisce prima sul palo e che poi supera la linea della porta prima che Dzeko possa rispedirla in rete. Nella ripresa è l’ex Gerson (in prestito secco ai viola) a siglare la rete del vantaggio della Fiorentina fuori dall’area (51’). L’ex giallorosso trova la sua terza rete in Serie A e porta in vantaggio i suoi. Al 57’ risponde Diego Perotti con una rete strepitosa che spiazza Lafont. Amareggiato per il risultato che smuove poco la classifica, Claudio Ranieri è comunque soddisfatto della risposta dei suoi: “In questo momento non ce ne va bene una, ma devo dire che la squadra mi è piaciuta per orgoglio, per reazione. I tifosi devono essere contenti”. Il tecnico però deve continuare a fare i conti con gli infortuni: “Incredibile, ne recupero due e ne perdo altri due, ma dobbiamo essere più forti di quello che sta accadendo”.

Alice Dionisi

Roma-Napoli 1-4: le pagelle. Saluti finali all’Europa che conta? Partenopei che demoliscono una squadra inesistente

Simone Indovino – Parliamoci chiaro, ogni tifoso della Roma non vede l’ora che sia metà maggio e che questa stagione infernale rimanga solo negli annali. Il Milanperde, il distacco dal quarto posto può diminuire, e i giallorossi che fanno? Regalano un’altra prestazione aberrante, venendo distrutti dal meritevole Napoli di Ancelotti. Non si salva nessuno nella debacle di questo fine marzo: Olsen sbaglia ancora, la difesaè distratta, il centrocampo è immobile e l’attacco non vede la porta. Ma quello che fa sempre più male è vedere degli uomini in campo senza la voglia di ribaltare la situazione e di rendere onore al club.

ROMA

Olsen 4.5 – Con la collaborazione degli attaccanti avversari è anche protagonista di alcune parate interessanti, specie quella su Verdi, che tengono a galla i suoi. Decisivo in negativo, poi, l’errore che regala il 2-1 agli avversari. Raggiunto il pari in maniera piuttosto casuale è inammissibile un abbaglio del genere che condiziona nuovamente la partita.

Santon 5 – Certamente più propositivo di Kolarov, anche se ovviamente conclude ben poco.

Manolas 4.5 – Già è stato un miracolo il fatto che fosse regolarmente in campo. All’interno della gara naufraga con il resto dei compagni.

Fazio 4.5 – Non fa più notizia che tutti i gol degli avversari siano “aiutati” da marcature piuttosto fittizie dell’argentino, la cui stagione è destinata a terminare come iniziata.

Kolarov 4.5 – Inutile alla causa, sia in fase offensiva sia in fase difensiva. Raramente si vede arrivare sul fondo per proporre qualche cross.

Nzonzi 4 – Difficile da commentare, ancora. Lento, lentissimo, impiega un’eternità anche a compiere un banale passaggio, quando non lo sbaglia. I centrocampisti avversari vanno al doppio della sua velocità.

De Rossi 5 – Quali colpe vogliamo dargli? Cosa può fare un giocatore di quasi 36 anni di fronte all’impotenza di questa squadra imbarazzante? Fa quel che può, considerata anche la sua forma fisica.

Schick 4 – Rigore a parte conquistato, grazie più a un’ingenuità di Meret che dalla positività della sua giocata, non si vede mai in nessuna circostanza. Quando prova a mettere la testa fuori dal guscio, sbaglia appoggi e cross.

Cristante 4.5 – Ha voglia di fare ma questo si tramuta in una fretta che praticamente sempre compromette la qualità della sue giocate.

Perotti 6 – Con tutta la buona volontà del mondo è a conti fatti l’unico a provarci. Fa quello che deve, ovvero realizza il rigore conquistato e prova qualche spunto sulla sua corsia. Ma se i compagni di reparto non collaborano…

Dzeko 4 – Il tabù Olimpico chissà per quanto ancora andrà avanti. Sin dai primi minuti si vede ancora il Dzeko svogliato e poco concentrato che poco serve alla Roma. Il resto della squadre lo assiste poco, ma lui non fa nulla per cambiare la situazione.

Zaniolo 5 – Lo colpisce un virus che gli impedisce di giocare dall’inizio. Quando entra in campo è ormai tutto compromesso.

Kluivert s.v. – Appena qualche minuto.

Under s.v. – Toh, chi si rivede.

Ranieri 4.5 – È palese che la colpa di tutto questo non può essere sua. Ma dopo tre settimane piene di lavoro magari ci si poteva aspettare qualcosa in più. Evidentemente i discorsi motivanti portati avanti dal tecnico, ai giocatori, entrano da un orecchio ed escono dall’altro.

Simone Indovino

È iniziata la J League più bella di sempre

Gianluca Notari – Quando si parla di Giappone, i riferimenti a cui ci rifacciamo sono sempre quelli: il sushi, i cartoni animati e i film che parlano di arti marziali, tipo Karate Kid. Quando invece si parla di calcio giapponese, solitamente il discorso si riduce a pochi nomi: alcuni di questi sono legati a squadre leggendarie, come Kagawa per il Borussia di Klopp o Okazaki per l’impresa del Leicester con Ranieri; altri invece sono ricordati come meteore del calcio italiano, vedi Nagatomo e Honda; o altri ancora appartenenti ad un passato ancestrale come Nakata e Nakamura. Altre volte, invece, si torna a parlare di Holly e Benji, con le solite battute sulla lunghezza del campo e sulla negligenza dei medici che permettevano a Julian Ross di giocare. Ma fuori dagli stereotipi e dai cliché, il calcio giapponese è molto più di questo.

Il movimento calcistico in Giappone, al contrario di quanto si pensi comunemente, ha una tradizione secolare. Antecedente alla creazione nel 1992 della prima lega nazionale ufficiale – la J. League Division 1, nota oggi come J1 League -, il calcio in terra nipponica fu portato dagli inglesi nel lontano 1873 da Sir Archibald Lucius Douglas, ammiraglio della Royal Navy di base a Tokyo, dove aveva il compito di istruire una classe di cadetti di circa 30 unità. Si dice che proprio durante una pausa dall’addestramento il marinaio mostrò ai suoi alunni le sue abilità nel palleggio: inizialmente gli studenti non ne furono attratti, ma la magia del calcio fece sì che tutto ciò avvenisse in concomitanza con una grande rivoluzione che stava investendo tutto il Giappone, portando la sua società da una struttura di tipo feudale ad una di tipo occidentale. Questi cambiamenti, naturalmente, riguardarono anche il campo dell’istruzione e dello sport, avviando grandi opere di rinnovamento delle strutture sportive: vennero infatti costruiti in breve tempo nuovi impianti dedicati al baseball, al rugby e anche al calcio, che cominciò così la sua storia in terra nipponica. Nel 1918 iniziarono i primi tornei regionali, mentre il primo campionato nazionale di cui si ha notizia è datato 1921, in concomitanza con la nascita della Japan Football Association. Il calcio rimane però relegato al mondo accademico, decisamente in ombra rispetto al più popolare baseball. La prima vera occasione di rilancio si presenta alle olimpiadi di Tokyo nel 1964: la Nazionale nipponica non fece una grande figura, ma rimarrà per sempre impressa nella storia di questo sport la clamorosa vittoria contro l’Argentina, la stessa della tristemente nota Tragedia di Lima. Nello stesso anno, sotto l’impulso dei Giochi, nasce la Japan Soccer League, primo campionato nazionale giapponese, anche se ancora a livello amatoriale.

Per aspettare la creazione di un campionato ufficiale professionistico si dovranno aspettare quasi 30 anni: come detto, la J League nacque nel 1992, diventando a tutti gli effetti sport nazionale. Ma se il livello della competizione era piuttosto scadente, il fascino dell’Oriente riuscì ad ammaliare campioni da tutto il mondo praticamente da subito: la prima migrazione verso est si attesta già nel 1994, quando atterrò a Tokyo la leggenda Dragan Stojkovic, mentre un anno dopo fu il turno di Dunga. I due, che vestirono rispettivamente le maglie di Nagoya Grampus e Jùbilo Iwata, diedero un certo lustro al campionato, ma per farsi conoscere il Giappone a undici necessitava di un ambasciatore che girasse per il globo ad avvertire il mondo che, ormai, a pallone si giocava anche lì. Detto fatto, il legato prescelto fu Kazuyoshi Miura: per rinsaldare il legame culturale tra Brasile e Giappone, Miura si trasferì a giocare in sudamerica quando ancora doveva esordire nel calcio professionistico. Giocò lì per quattro stagioni, vestendo le maglie tra le altre di Santos, Palmeiras e Coritiba, per poi tornare al Verdy Kawasaki, a casa sua. Poi lo acquistò il Genoa, e Miura divenne il primo nipponico a solcare i campi di Serie A, ma dopo una sola stagione cambiò aria, rimbalzando tra Croazia, Australia e ancora Giappone. La cosa più interessante da dire riguardo a Miura è che ancora oggi gioca: è da poco tornato nel Yokohama FC, e alla veneranda età di 52 anni è il più anziano giocatore professionista ancora in attività.

Ma tutto questo, dando uno sguardo all’odierno Giappone, si direbbe appartenere alla preistoria: dopo la parentesi iniziale degli anni 2000, dove la J League ha vissuto un periodo di assestamento che l’ha tenuta ancora lontana dai canoni occidentali (per capire la provincialità del torneo basti pensare alla canzone scelta nel 2003 come intro dei match di campionato: “Supercafone” di Piotta, per intenderci), i nipponici che giocano in Europa sono oggi circa una cinquantina, ed il fenomeno è in continua espansione. Il livello della competizione è ancora basso rispetto all’Europa, ma la sua reputazione sembra destinata a crescere: come fu per Dunga e Stojkovic, gli ultimi movimenti di mercato dei club giapponesi potrebbero dare l’imput per un nuovo balzo in avanti dell’intero movimento. Quella di quest’anno, infatti, si preannunica essere la J League più bella di sempre. Primo motivo di questo fenomeno sono, così come fu per la Cina qualche anno fa, gli enormi capitali investiti: Iniesta, dopo una carriera che gli ha permesso di entrare nell’olimpo di questo sport, ha deciso di svernare a Kobe, città che fino a quel momento era famosa solamente per la lavorazione della squisita carne di manzo. E chissà quante bistecche potrà mangiare oggi l’ex Barça con lo stipendio da 26 milioni di euro annui che gli assicura il Vissel, squadra in cui si è trasferito un annetto fa. Assieme a lui, capitano del Kobe l’ex enfant prodige Lukas Podolski, ormai da due stagioni in Giappone.

A completare il tridente d’attacco con Podolski e Iniesta c’è un altro spagnolo, anche lui ex Barcellona: David Villa. Ritiratosi dai grandi palcoscenici ormai diversi anni fa, El Guaje ha deciso di girovagare per il mondo giocando a calcio e incassando un sacco di soldi, passando per Stati Uniti, Australia e, per l’appunto, Giappone. Ma la lista dell’ “anvedi chi ce sta” non finisce qui. In ordine sparso: Fernando Torres, punta di diamante del Sagan Tosu, l’ex Manchester City Jò, acquistato un anno fa dal Nagoya Grampus assieme a Mitchell Langerak, portiere ex Dortmund e stella del calcio australiano. Ci sono poi altri calciatori più o meno noti, come il mai esploso Leandro Damiao e una vecchia conoscenza del calcio italiano come Victor Ibarbo, alcuni autoctoni come la bandiera del Gamba Osaka Yasuhito Endo e all’ex Schalke 04 Atsuto Uchida oltre alle certezze Hugo Vieira del Marinos e Patric del Sanfrecce, autore quest’ultimo di 20 reti nell’ultimo campionato.

Riprendendo il discorso relativo al campionato, la competizione è composta da 18 squadre che si affrontano in due gironi, andata e ritorno. La prima e la seconda sono ammesse automaticamente alla AFC Champions League, la Champions d’Asia, la terza invece deve affrontare i preliminari. Le ultime due retrocedono direttamente in J2 League, mentre la terzultima accede ai playout. Detentore del titolo è il Kawasaki Frontale, che ha vinto le ultime due edizioni. L’asticella, però, quest’anno si è alzata di molto, e dopo le prime tre giornate di campionato non c’è stato un responso chiaro sulle possibili favorite: il Vissel di Iniesta, Podolski e Villa ha perso la prima e vinto le ultime due, mentre il Tosun di Fernando Torres è ultimo a 0 punti. Primo in classifica a punteggio pieno è il Nagoya, quindicesimo lo scorso anno, trascinato dai gol di Jò: il brasiliano è già andato a segno per due volte dopo le 24 reti della scorsa stagione, quando vinse il titolo di capocannoniere. La sorpresa, per il momento, è il brasiliano Anderson Lopes, autore di quattro reti nella goleada del Sapporo contro lo Shimizu S-Pulse.

Infine, uno sguardo alla fruzione: il numero di persone che assiste alle partite di J League è in crescendo, tanto che la piattaforma DAZN ha cominciato dallo scorso agosto a trasmettere il calcio giapponese per la prima volta in Italia, sintomo di un mercato in continua espansione anche tra i buongustai del pallone. Ma la più grande vittoria che il movimento nipponico ha raggiunto negli ultimi anni è forse quello delle presenze allo stadio: i numeri sono in continuo aumento, con medie di paganti che in molti casi somigliano a quelle italiane. Certo, come già detto lo spettacolo a cui i tifosi assistono non è ancora paragonabile agli standard europei, ma le cose stanno migliorando e l’arte del saper aspettare non è cosa nuova da quelle parti. Proprio come diceva il maestro Myagi in Karate Kid: “Dai la cera, togli la cera, dai la cera, togli la cera...”.

Gianluca Notari

Roma-Empoli 2-1: le pagelle. Ranieri chiama, Schick risponde. El Shaarawy leader, difesa ancora distratta

Simone Indovino – Tre punti: quello contava e quello è il bottino ottenuto. Con difficoltà, defezioni, squalifiche, infortuni. Ma le tre lunghezza in più in classificaerano a dir poco fondamentali in questa giornata in cui tutte le squadre concorrenti avevano vinto, eccezion fatta per la Lazio. Un successo di misura, maturato grazie alla rete di El Shaarawy e l’incornata di Schick. In mezzo, un autogol clamoroso di Juan Jesus che ha rimesso in carreggiata l’Empoli. Giallorossi bravi ma anche obiettivamente fortunati, e stavolta aiutati dal Var. Incomprensibile, invece, il secondo giallo a Florenzi.

ROMA

Olsen 6 – A conti fatti l’unica parata che compie è quella facile facile all’ultimo minuto di gioco. Poco può sull’improvviso e maldestro colpo di testa di Juan Jesus.

Florenzi 6 – Con un’ammonizione iniziale che compromette in parte la sua performance, i primi 20 minuti di partita non fa altro che sbagliare i passaggi in verticale alla ricerca dai compagni. Poi guadagna fiducia e qualità nelle giocate, fino a quando regala il pallone che Schick spinge in porta. Lascia la squadra in 10 subendo un doppio giallo piuttosto severo da parte dell’arbitro.

Juan Jesus 5 – Un autogol che ha dell’incredibile, in cui la protagonista non è la sfortuna ma soltanto una pessima coordinazione del brasiliano. Anche nel gol annullato dal Var non è particolarmente attento.

Marcano 6 – Non è un giocatore che fa stropicciare gli occhi, questo si è ampiamente capito, ma è comunque efficace in molti dei suoi interventi.

Santon 6 – In un ruolo certamente a lui non usuale, mette in atto un’onesta gara senza sfigurare. Dalle sue parti non si corrono particolari rischi.

Cristante 6 – Un’ordinaria ma buona gestione del possesso palla in mediana. Lucidissimo quando, col pallone tra i piedi, è pressato dagli avversari che provano a scippargli la sfera.

Nzonzi 6.5 – Avvio molto, molto negativo. Per fortuna guadagna fiducia col passare dei minuti e le sue giocate aumentano di qualità. Bravo a interrompere l’azione avversaria facendola spesso ripartire.

Kluivert 7 – Molto coinvolto sin dall’inizio di partita, mostra subito un buon feeling col match. Ha il motorino sotto i piedi e questo aiuta a mettere in difficoltà la difesa avversaria. Duro e deciso anche nei contrasti, cosa che non guasta mai.

Zaniolo 6 – Tanto movimento e le solite spallate con la gran parte degli avversari durante il match. Si divora in maniera incredibile, considerate le sue qualità balistiche, un gol praticamente fatto. Poi è costretto a uscire per il riacutizzarsi di un problema al polpaccio già avvertito in settimana.

El Shaarawy 7 – Faraone fondamentale per qualità ed esperienza in campo. Apre le marcature con uno dei più classici dei suoi gol, a giro sul secondo palo, ed è abile a far salire la squadra nei difficilissimi minuti finali.

Schick 6.5 – È il match winner. Esce stremato, e questo fa piacere poiché è la diretta conseguenza di un apporto alla squadra costante. Ranieri l’ha chiamato e lui ha prontamente risposto.

Perotti 5.5 – Ha quasi un tempo a disposizione ma a conti fatti non si vede praticamente mai.

Karsdorp 6 – La sua forza fresca aiuta la difesa nel finale.

Celar s.v. – Per lui l’indimenticabile esordio in Serie A.

Ranieri 6.5 – Arrivato nel momento più difficile della recente storia, si è ritrovato a debuttare con una squadra decimata. Ha fatto quello che poteva, mettendo in piedi un undici comunque concentrato e voglioso di vittoria. C’è da crescere, ovviamente, ma oggi era veramente importante ottenere i 3 punti.

Simone Indovino

Una serie di (s)fortunati eventi

Alice Dionisi – Oltre il danno, la beffa. La Roma esce sconfitta in casa del Porto nella gara di ritorno degli ottavi di finale di Champions League, ma oltre al dispiacere per la sconfitta c’è anche il fattore infortuni. Daniele De Rossi, autore del gol del momentaneo pareggio, è stato costretto ad uscire dal campo per un problema al polpaccio destro a ridosso dello scadere del primo tempo. In campo al suo posto Lorenzo Pellegrini, anche lui destinato a chiedere la sostituzione a Di Francesco nei supplementari, prima del termine della gara. Si allunga così la lunga lista degli infortuni in casa Roma dall’inizio della stagione. Dopo l’eliminazione dalla Champions è arrivata la conferma da parte della società: esonerato Eusebio Di Francesco, reduce anche dalla sconfitta nel derby. “Vorrei ringraziarlo per l’impegno profuso. Ha sempre lavorato con un atteggiamento professionale e ha messo al primo posto gli interessi del Club rispetto a quelli personali. Gli auguriamo il meglio per la sua carriera” ha commentato il presidente Pallotta tramite il sito del club. Rescissione contrattuale per il ds Monchi: la direzione sportiva verrà affidata a Massara, ma non finiscono qui gli addii in casa Roma. Dopo sette anni, lascia anche il medico sociale Riccardo Del Vescovo, dopo un’animata discussione con Fienga, Baldissoni, Massara e Tempestilli. Con lui anche il capo dei fisioterapisti, Damiano Stefanini. È rivoluzione per la società di Pallotta, dello staff di Eusebio Di Francesco rimane solo il preparatore Franchini. Claudio Ranieri risponde presente alla richiesta d’aiuto del club e accetta di tornare allenare i giallorossi fino al termine della stagione. L’aria di cambiamento potrebbe aiutare la Roma ad ingranare la giusta marcia in campionato e ottenere la qualificazione per la prossima edizione di Champions League. Il tecnico testaccino nel suo (secondo) esordio però dovrà fare i conti con gli infortuni. Nella sfida casalinga contro l’Empoli l’allenatore non avrà a disposizione Under, Manolas, De Rossi e Pellegrini, oltre agli squalificati Fazio, Kolarov e Dzeko. Anche la Roma Primavera è chiamata ad aiutare “i grandi” contro il club toscano: in panchina Semeraro, Cargnelutti, Riccardi, Pezzella e Celar. La voglia di esordire davanti ai proprio tifosi e mettersi in luce con il nuovo tecnico potrebbe essere l’arma in più di Ranieri in questa nuova sfida nella Capitale.

Alice Dionisi

Monchi, addio alla Roma

Alice Dionisi –  Attraverso un comunicato stampa sul sito del club la Roma ha comunicato di aver raggiunto un accordo per risolvere consensualmente il proprio rapporto lavorativo con il direttore sportivo Monchi. Lo spagnolo ha ringraziato tifosi, presidente, staff e giocatori, augurando il meglio alla Roma per il futuro. Monchi si è dimesso -come già anticipato- dopo l’esonero dell’allenatore Eusebio Di Francesco all’indomani dell’eliminazione dalla Champions League per mano del Porto, ma il rapporto con il presidente James Pallotta non era dei migliori già da tempo. Non a caso, infatti, nel comunicato della società, è stato l’amministratore delegato Guido Fienga a ringraziare lo spagnolo per il suo operato. La direzione passa momentaneamente nelle mani di Massara, ma al suo posto a giugno potrebbe arrivare Luis Campos dal Lille. Tra le mosse più contestate dell’ex Siviglia c’è la cessione di Alisson al Liverpool, sostituito con Olsen (“Se va via Alisson gioco io in porta” aveva dichiarato il 21 maggio 2018) e la vicenda di Malcom, mai atterrato nella Capitale nonostante sembrasse in dirittura d’arrivo, con il conseguente acquisto di Nzonzi al suo posto. “L’importante non è vendere, ma comprare bene” era il suo motto. Nella sua gestione, lo spagnolo ha chiuso con un bilancio in attivo: ha venduto per 333,65 milioni, di cui ne ha spesi 264,7. Al netto delle plusvalenze, il saldo recita +69 milioni. Da quando è arrivato nella Capitale, il ds ha portato in giallorosso a titolo definitivo Pastore, Kluivert, Coric, Bianda, Mirante, Santon, Zaniolo, Olsen, Marcano e Nzonzi, più il prestito con obbligo di riscatto per Cristante. Tra le cessioni invece, oltre a quella di Alisson, anche Strootman, Manolas, Luca Pellegrini, Gyomber, Radonjic, Ponce e Romagnoli, più i prestiti di Gonalons, Gerson, Defrel, Ponce, Bruno Peres, Seck e Sadiq.

Alice Dionisi

La Roma esonera Di Francesco. Il bilancio del tecnico in giallorosso

Alice DionisiLa Roma comunica l’esonero di Eusebio Di Francesco, per cui è stata fatale la sconfitta e la conseguente eliminazione dalla Champions League contro il Porto. I giallorossi cercano di salvare il salvabile per avere ancora una chance di qualificarsi alla prossima edizione della massima competizione europea, affidando la guida tecnica della squadra a Claudio Ranieri. È il nono cambio sulla panchina della Roma in nove anni e mezzo e il nono cambio in Serie A dall’inizio della stagione. Di Francesco rimane il tecnico con il miglior piazzamento europeo della gestione americana, con il fiore all’occhiello della rimonta contro il Barcellona ai quarti in Champions, “L’allenatore sarà sempre ricordato dai tifosi per aver guidato la Roma fino alle semifinali di Champions League nella stagione 2017-18, il miglior piazzamento mai ottenuto in Europa dal Club dal 1984, grazie all’incredibile rimonta per 3-0 contro il Barcellona” si legge sul sito della società. Il bilancio dell’allenatore nelle 87 partite disputate sulla panchina giallorossa è di 46 vittorie, 23 sconfitte e 18 pareggi, per un totale di 156 punti ottenuti su 261 disponibili. L’abruzzese, dopo aver conquistato il titolo con la Roma nel 2001 nel corso della sua carriera da calciatore, non è riuscito a contribuire ad alcun trofeo da allenatore. La media punti è inferiore a quella di Spalletti e Rudi Garcia: 1.93 il bilancio del toscano, 1.84 quello del francese, a confronto con la media di 1.79 punti per Di Francesco, al terzo posto nella classifica degli allenatori. 151 i gol segnati nel corso della sua gestione, 104 quelli subiti. Se il percorso in Champions League nella stagione 2017/18 è tra i ricordi migliori che rimarranno ai tifosi, l’eliminazione dai quarti di finale della Coppa Italia per mano della Fiorentina con la disastrosa disfatta per 7-1 rimarrà una delle maggiori macchie della sua carriera. Tra i meriti di Eusebio anche quello di aver “scoperto” Nicolò Zaniolo, schierandolo per la prima volta da titolare al Bernabeu contro il Real Madrid, al suo esordio con la Roma. “Da parte mia e di tutta l’AS Roma, vorrei ringraziare Eusebio per l’impegno profuso” le parole del presidente James Pallotta, “ha sempre lavorato con un atteggiamento professionale e ha messo al primo posto gli interessi del Club rispetto a quelli personali. Gli auguriamo il meglio per la sua carriera”.

Alice Dionisi

Porto-Roma 3-1 d.t.s.: le pagelle. Tanti errori in attacco, tanti in difesa, tanti errori del Var. Il risultato è l’eliminazione

Simone Indovino – È una nottata piuttosto amara quella che i tifosi della Roma si apprestano a vivere. L’Europa che conta, quest’anno, deve essere salutata già a inizio marzo. Forse troppo presto per quello che i capitolini hanno dimostrato nella complessità della doppia gara. Pur vero che anche questa sera si sono visti gli erroriche stanno contraddistinguendo la squadra di questa stagione. Troppe disattenzioni difensive che regalano circostanze favorevoli al Porto. Ai supplementari vengono fuori cuore e orgoglio, e i ragazzi meriterebbero di andare avanti nella competizione. A quel punto subentra il Var, mal utilizzato dall’arbitrorigore dubbio assegnato al Porto, penalty piuttosto netto negato a Schick. E si chiude il palcoscenico della Coppa dalle grandi orecchie, con la speranza di riaprirlo l’anno prossimo.

ROMA

Olsen 6 – Quello che può fare lo fa. Incolpevole sui gol subiti, è anzi bravo a sventare diverse situazioni pericolose.

Juan Jesus 7 – Generosissimo, ci mette il cuore in qualsiasi situazione e lotta come un leone contro Marega, una vera forza della natura.

Manolas 4.5 – Imperdonabile l’uscita sbagliata che causa la prima rete avversaria. Per il resto della partita è vigile, ma quella disattenzione pesa in maniera netta nell’ottica generale di gara e qualificazione.

Marcano 5 – Perché rimanere fermo nella propria posizione e non andare immediatamente ad aggredire l’attaccante avversario, quando parte il cross dalla trequarti? La sua partita si consuma in quell’errore lì, che permette a Marega di fare il 2-1.

Karsdorp 5 – Corona lo fa letteralmente impazzire per tutti i minuti in cui è in campo. Le marcature praticamente non esistono, proprio le basi della fase difensiva. La sua sciocchezza clamorosa dà il via alla seconda rete del Porto.

Nzonzi 5 – Lento, lentissimo. E questo non dà dinamicità al centrocampo della Roma, che spesso è in difficoltà. Non vince praticamente nessun duello aereo, nonostante sia decisamente più alto di tutti gli altri giocatori in campo. Aumenta il proprio rendimento nei supplementari, ma non basta.

De Rossi 6.5 – Primo quarto d’ora da dimenticare, in cui soffre la maggior fisicità degli avversari come del resto tutta la squadra. Poi qualche lampo, tra cui il pallone recuperato che porta al rigore che lui stesso trasforma con gigantesca freddezza. È purtroppo costretto ad arrendersi dopo appena 45 minuti a causa di un problema muscolare.

Kolarov 6 – Non gli si può che fare un plauso per l’applicazione che mette all’interno della gara dal primo all’ultimo minuto. Fino allo scadere è in proiezione offensiva per tentare di rivoltare la gara.

Zaniolo 5.5 – Paradossalmente gioca meglio nei supplementari rispetto ai tempi regolamentari. Troppi gli errori all’interno della gara, anche in occasioni semplici, parzialmente bilanciate con buone giocate in uscita.

Dzeko 5 – La stella europea del bosniaco, questa volta, non brilla. I 90 minuti sono complicati, e non riceve nessun pallone. Ma nei supplementari ha due occasioni troppo ghiotte che non riesce a trasformare.

Perotti 6 – La sua miglior qualità è la velocità sulla fascia, e la sfrutta a pieno considerata anche la non perfetta fase difensiva di Militao. Si procura il rigore, ed è pericoloso per tutta la partita. Eroico nei supplementari in cui, nonostante il debito di ossigeno, è pericoloso fino alla fine. Se solo avesse dato quel pallone al centro a Pellegrini…

Pellegrini 5 – Entra malissimo in gara, perdendo palle e contrasti. Non conferisce qualità al centrocampo, e si fa male dopo 45 minuti. Peggio di così…

Cristante 5.5 – Qualche uscita corretta, qualcuna spregiudicata. Fornisce un perfetto assist a Dzeko che il bosniaco non riesce a sfruttare.

Florenzi 5 – Sarebbe uno scampolo di gara a dir poco splendido quello giocato dal romano, che attacca, difende, e compie diagonali perfette. Troppo, ma davvero troppo ingenua la trattenuta che causa il rigore (giusto o meno) che decide la qualificazione.

Schick 6 – Fa bene vederlo lottare con grinta, vederlo scivolare per riconquistare palla e guadagnare un rigore piuttosto netto che Cakir decide gentilmente di non assegnare.

Di Francesco 5.5 – Troppo remissiva la squadra in avvio. Timorosa, non ha il coraggio e la forza fisica e psicologica per provare a far gol. La sveglia arriva solamente dopo il primo gol subito, peccato solo che dopo il pari di De Rossi gli errori difensivi continuino a fioccare. Sfortunato poi l’epilogo: la squadra, con quel tipo di gioco dimostrato ai supplementari, non meritava certo di uscire.

Simone Indovino

Ranieri ha accettato l’offerta di tre mesi di contratto. L’allenatore domani mattina nella capitale, possibile un futuro da dirigente

Simone Indovino – Claudio Ranieri sarà il nuovo allenatore della Roma. L’ex tecnico del Leicester sbarcherà domani alle 12.50 a Fiumicino e firmerà un contratto fino al 30 giugno 2019 senza alcuna opzione di rinnovo automatico. La trattativa è stata portata avanti da Franco Baldini, che ha convinto Ranieri ad accettare un accordo fino a fine anno, con la possibilità di entrare nello staff dirigenziale una volta terminata l’avventura in panchina. L’ex difensore giallorosso ci ha messo giusto qualche ora per accettare l’offerta della sua squadra del cuore ed ha deciso di portare solo due membri del suo vecchio staff: Paolo Benetti, che sarà il vice-allenatore, e Carlo Cornacchia, collaboratore tecnico e match analyst.

Simone Indovino

La Roma soffre in casa del Frosinone, vittoria all’ultimo respiro

Alice Dionisi La Roma vince in rimonta all’ultimo minuto al Benito Stirpe contro il Frosinone grazie ad una doppietta di Edin Dzeko. La formazione allenata da Baroni non era mai riuscita a segnare alle squadre che occupano le prime sei posizioni in classifica in questo campionato, ma si porta in vantaggio dopo appena cinque minuti di gioco grazie ad una rete di Ciano, che sfrutta un errore di Nzonzi e calcia verso Olsen. Male la reazione del portiere giallorosso: respinge il pallone che però rimbalza e torna dietro la linea della porta, decretando il vantaggio dei padroni di casa. Al 10’ il Frosinone attacca ancora, colpendo la traversa con Beghetto. Alla mezz’ora di gioco la Roma trova il gol del pareggio grazie alla prima rete di Edin Dzeko, che si fa strada in area in mezzo alla difesa dei padroni di casa e sfrutta la disattenzione di Goldaniga. Appena un minuto dopo, i giallorossi si portano in vantaggio con Lorenzo Pellegrini: Dzeko in contropiede serve El Shaarawy, a tu per tu con Sportiello, che calcia il pallone verso la porta, poi spedito in rete dal numero 7 della Roma, in scivolata. Esultanza alla Francesco Totti dedicata alla moglie Veronica, in dolce attesa. Nella ripresa, a dieci minuti dalla fine, Andrea Pinamonti, in prestito al Frosinone dall’Inter, trova il gol del pareggio che accende il Benito Stirpe: sfrutta l’assist di Ciano e beffa Olsen di piatto davanti alla porta. La Roma riesce a portare a casa la vittoria con il gol di Edin Dzeko sullo scadere dei minuti di recupero. Al 95’ De Rossi serve El Shaarawy di prima, il numero 92 la mette in mezzo per il bosniaco che va a festeggiare la doppietta sotto il settore ospiti. I giallorossi, in extremis e con una vittoria sofferta, confermano la striscia di risultati positivi: 6 vittorie e 2 pareggi nelle ultime 8 gare disputate. Adesso testa al derby e al ritorno di Champions League contro il Porto. “Ci sono stati alcuni errori ma il bicchiere è pieno vista la vittoria -commenta l’allenatore Eusebio Di Francesco-. Sul gol De Rossi si è trovato in una posizione sbagliata e questo non deve accadere. In passato però partite così non le avremmo vinte. Nel derby sono convinto che faremo una grande partita perché possiamo solo migliorare. Ansia quarto posto? No, la Roma deve ambire alla Champions League con le pressioni. L’ambiente è destabilizzante ma dobbiamo gestirlo”.

Alice Dionisi