Serie A – I risultati della 9^ giornata

Sabato
Ore 18.00
Sampdoria – Crotone 5 – 0
Ore 20.45
Napoli – Inter 0 – 0

Domenica
Ore 12.30
Chievo Verona – Hellas Verona 3 – 2
Ore 15.00
Atalanta – Bologna 1 – 0
Benevento – Fiorentina 0 – 3
Milan – Genoa 0 – 0
Spal – Sassuolo 0 – 1
Torino – Roma 0 –  1
Ore 18.00
Udinese – Juventus 2 – 6
Ore 20.45
Lazio – Cagliari 3 – 0

Con il pareggio nello scontro diretto di sabato sera, la distanza in classifica tra Napoli e Inter rimane di due punti, a prescindere dai risultati di Juventus e Lazio.

Classifica Serie A 2017/2018

1. Napoli 25
2. Inter 23
3. Juventus 22
4. Lazio 22
5. Roma 18*
6. Sampdoria 17*
7. Chievo 15
8. Bologna 14
9. Fiorentina 13
10. Torino 13
11. Milan 13
12. Atalanta 12
13. Sassuolo 8
14. Udinese 6
15. Cagliari 6
16. Genoa 6
17. Crotone 6
18. Hellas Verona 6
19. Spal 5
20. Benevento 0

 

Kolarov decisivo, di nuovo

Lavinia Colasanto -Voleva una vittoria sporca Di Francesco e la Roma l’ha subito accontentato. I giallorossi espugnano lo Stadio Olimpico Grande Torino, per 1-0, salendo a quota 18 punti in classifica vincendo la quarta partita in trasferta in altrettante giocate in campionato. Inoltre, i capitolini, grazie alla coppia Spalletti-Di Francesco, eguagliano il record di vittorie consecutive fuori casa, 11, segnato dall’Inter di Mancini nella stagione 2006/2007.

A decidere la partita è l’ennesima perla di Kolarov. Come un pittore il serbo disegna una traiettoria perfetta su punizione che termina la sua corsa baciando la rete, costringendo Sirigu a raccogliere il pallone in fondo al sacco. Il gol riscalda i cuori dei tanti romanisti presenti allo Stadio in una giornata di sole ma comunque fredda per il vento presente in Piemonte. Per il terzino si tratta del terzo sigillo stagionale, tra campionato e coppa, il tutto condito anche da 4 assist. Un inizio da favola, come sta diventando la sua storia con la Roma.

Il Torino ha provato a far paura ai giallorossi che sono rimasti solidi e non hanno mai tremato grazie anche all’ottima prestazione di Jesus e Moreno, coppia inedita al centro della difesa. Il messicano, soprattutto, dopo un periodo da UFO era chiamato a rispondere presente alla telefonata del tecnico. Nel complesso la Roma ha tenuto bene il pallino del gioco, non correndo rischi e tenendo il 62% di possesso palla, facendo correre a vuoto gli uomini di Mihajlovic. Nel futuro i ragazzi di Eusebio Di Francesco dovranno però aggiustare la mira perché su 13 tiri, molti dalla distanza, soltanto 5 hanno raggiunto lo specchio difeso da Sirigu, oltre che a costruire una mole di gioco offensiva più corposa.

Questi tre punti per la Roma pesano come un macigno perché consentono ai giallorossi di rimanere in scia al gruppo di testa e di prendere maggior convinzione nei propri mezzi dopo l’eccellente prova contro il Chelsea. Volti felici e distesi al triplice fischio di Damato. Di Francesco e i suoi continuano la loro marcia e il calendario ora presenterà Crotone e Bologna in casa, due occasioni troppo ghiotte per lasciarsele sfuggire e per sognare ancora.

Lavinia Colasanto

Contro il Torino con grande fiducia

Margherita Bellecca – Voleva una reazione Eusebio Di Francesco e reazione ha avuto. La Roma esce con un pareggio dalla partita contro il Chelsea sfoderando una grande prestazione e rimanendo seconda nel girone, con l’Atletico Madrid distante sempre 3 punti. Un ottimo modo di approcciarsi al prossimo match, quello contro il Torino, che si giocherà domenica pomeriggio tra le mura granata.

La partita di Londra ha levato molte energie alla Roma soprattutto a centrocampo dove c’è stata grande lotta su tutti i palloni. Di Francesco, dopo aver lanciato Gonalons in Champions, tornerà ad affidarsi a De Rossi. Al fianco del capitano ci sarà l’intoccabile Nainggolan mentre il tecnico dovrà fare le giuste valutazioni per decidere chi completerà il reparto. Il ballottaggio è tra Strootman e Pellegrini, pronto a prendersi un posto da titolare per andare a caccia del suo primo gol con la maglia della Roma. In difesa, con la sicura assenza di Manolas, la coppia centrale sarà composta da Fazio e Jesus mentre sulla corsia di destra si potrebbe rivedere Florenzi al posto di Peres. Confermato Kolarov a sinistra. Per Di Francesco l’abbondanza arriva in attacco. Schick e Defrel dovrebbero andare almeno in panchina dopo un lungo periodo di assenza. Opzioni in più per il tecnico abruzzese che dovrà decidere soltanto il partner di Dzeko, 10 gol nelle prime 10 partite di questa stagione, e Perotti, ancora in cerca del suo primo centro. La maglia da titolare se la giocheranno El Shaarawy e Under.

Se Di Francesco potrà contare sul suo bomber principe, Mihajlovic dovrà ancora rinunciare a Belotti che ne avrà almeno per un altro paio di settimane. Il gallo, che ha trovato la via del gol per tre volte in campionato, potrebbe essere sostituito da una conoscenza romanista, Umar Sadiq. Attenzione alle sorprese. Il tecnico serbo potrebbe decidere di giocare senza una punta di riferimento inserendo Berenguer e consegnando le chiavi dell’attacco all’ex milanista Niang, a Iago Falque e a Ljajic, altri due che conoscono bene Roma e la Roma. Il resto della formazione vedrà agire Rincon e Baselli a centrocampo, Moretti e Nkoulou in difesa, De Silvestri e Molinaro sulle fasce, con Ansaldi pronto e subentrare, e Sirigu in porta.

148 precedenti tra Roma e Torino con i giallorossi usciti vincitori per 60 volte, contro nessun’altra squadra i capitolini hanno vinto di più. I granata, dal canto loro, hanno trionfato per 48 volte, 35 di queste in casa dove la Roma è riuscita a vincere soltanto in 12 incontri su 74 apparizioni. Il confronto tra i due tecnici è a favore di Mihajlovic che ha battuto Di Francesco in tre occasioni. Tre sono anche i pareggi mentre il romanista ha gioito solo una volta.

Sull’onda dell’entusiasmo la Roma vuole continuare a convincere per ripartire in campionato e cominciare l’inseguimento alle posizioni di testa. Il Toro è avvisato, il lupo è affamato.

Margherita Bellecca

Serie A – I risultati dell’ 8^ giornata

Sabato
Ore 18.00
Juventus – Lazio 1 – 2
Ore 20.45
Roma – Napoli 0 – 1
Domenica
Ore 12.30
Fiorentina – Udinese 2 – 1
Ore 15.00
Bologna – Spal 2 – 1
Cagliari – Genoa 2 – 3
Crotone – Torino 2 – 2
Sampdoria – Atalanta 3 – 1
Sassuolo – Chievo Verona 0 – 0
Ore 20.45
Inter – Milan 3 – 2
Lunedì
Ore 20.45
Hellas Verona – Benevento
Classifica Serie A 2017/2018
1. Napoli 24
2. Inter 22
3. Juventus 19
4. Lazio 19
5. Roma 15*
6. Sampdoria 14*
7. Bologna 14
8. Torino 13
9. Milan 12
10. Chievo 12
11. Fiorentina 10
12. Atalanta 9
13. Crotone 6
14. Udinese 6
15. Cagliari 6
16. Genoa 5
17. Spal 5
18. Sassuolo 5
19. Hellas Verona 3*
20. Benevento 0*
* = una partita in meno

Il ruggito del leone

Serena Randazzo – 22 febbraio 2001. La Roma battè per 1 a 0 in trasferta il Liverpool nel ritorno degli ottavi di finale di Coppa Uefa. Questa fu la prima (e unica) vittoria che la squadra italiana, al tempo allenata da Capello, riuscì a portare a casa dall’Inghilterra. Risultato che ricorda bene Eusebio Di Francesco, il quale esultò dalla panchina al gol del suo compagno Gianni Guigou, ma che non bastò a ribaltare lo 0-2 dell’andata. Da lì a poco la Roma si sarebbe laureata campione d’Italia, ma il Liverpool, con un giovanissimo Gerrard, vinse invece la competizione europea. La sfida tra i due club continuò l’anno seguente e fu nuovamente disastrosa per i giallorossi, che furono eliminati dai britannici nella seconda fase a gironi della Champions League. Nella massima competizione europea il bilancio nelle trasferte inglesi è più che negativo: 2 pareggi, contro Arsenal e Manchester City e 5 sconfitte, di cui 3 contro il Manchester United, una contro l’Arsenal e una contro il Chelsea. Un altro dato più che preoccupante sono le tre sole reti realizzate nel sud della Gran Bretagna: una di Cassano nel pareggio ad Highbury, l’altra di De Rossi nella drammatica sconfitta per 7-1 all’Old Trafford e la più recente di Totti contro il Manchester City, che ha reso il capitano il più longevo marcatore nella storia della Champions.

Per Di Francesco sarà invece la prima volta allo Stamford Bridge e ha tutte le buone intenzioni di riuscire a sfatare questo, ormai assodato, tabù. È stato chiaro in conferenza stampa: “Non firmerei per un pareggio. Voglio un approccio feroce”. Il tecnico vuole grinta e Edin Dzeko ne ha da vendere: “Troveremo un avversario arrabbiato, ma lo siamo anche noi”. Sarà il bosniaco a guidare il reparto offensivo, così come in tutte le partite fino ad ora giocate. Accanto troverà ancora una volta Perotti, a secco di gol in questo inizio di stagione, e probabilmente Florenzi, anche se l’allenatore sta valutando Under in alternativa per la fascia destra. A centrocampo rientra Strootman al posto di Pellegrini, uscito affaticato dalla sfida contro il Napoli. Con l’olandese lotteranno Nainggolan e uno tra De Rossi e Gonalons, l’altro ballottaggio in corso. A completare il 4-3-3 ci saranno Kolarov, Juan Jesus, Fazio e Bruno Peres. In porta l’imprescindibile Alisson. Non sarà un lavoro facile per gli uomini di Pallotta, soprattutto dopo la quasi certa conferma del rientro dal primo minuto di Alvaro Morata, che sarà supportato da Pedro e Hazard. Conte schiererà un 3-4-3, con Zappacosta, Bakayoko, Fabregas e Marcos Alonso alle spalle degli attaccanti. In difesa Azpiculeta, David Luiz e il capitano Cahill. Tra i pali Courtois. La formula vincente per provare a battere i campioni della Premier League è quella di giocarsela senza paura, a testa alta. Come 11 leoni in campo i giocatori dovranno rispondere al ruggito del mister, onde evitare di tornare nella Capitale come animali sacrificati.

Serena Randazzo

Il palo ferma la Roma, passa il Napoli

Lavinia Colasanto – La Roma si ferma ancora una volta sul palo, l’ottavo e il nono in 7 partite di campionato, ed esce sconfitta dal big match contro il Napoli, ora distante 9 punti. Per i giallorossi, però, non c’è tempo per disperarsi e per leccarsi le ferite perché tra poche ore si torna di nuovo in campo in Champions League. A Stamford Bridge, la tana del Chelsea, Di Francesco farà visita ai campioni d’Inghilterra di Conte primi nel girone davanti ai capitolini.

I problemi per il tecnico abruzzese non finiscono mai. Sabato sera si è fermato Manolas che contro i Blues non ci sarà lasciando spazio alla coppia Fazio-Jesus, vista già contro il Benevento dove il greco riposò. Nessun cambio sulle fasce visto che giocheranno Peres e Kolarov, col serbo che ha già accumulato 794 minuti con la maglia giallorossa. In mezzo al campo ci sarà il rientro di Strootman, pienamente recuperato dopo lo stop di Milano. A fargli spazio sarà Pellegrini che non è ancora al 100%. A completare il reparto De Rossi e Nainggolan che tornerà nel ruolo di mezzala. Attacco obbligato per l’assenza di Defrel e quella quasi sicura di Schick. El Shaarawy, invece, si è allenato col gruppo ed è pronto a stringere i denti per occupare un posto in panchina. Come contro il Napoli il tridente sarà composto da Florenzi, Perotti e Dzeko con Under pronto a subentrare.

Situazione difficile anche per Conte che in un colpo solo dovrà rinunciare a Kantè, un mese e mezzo di stop per uno strappo alla coscia, a Drinkwater, ancora a secco di presenze in questa stagione, e a Moses uscito per un problema muscolare contro il Crystal Palace. Probabile recupero per Alvaro Morata. Conte non può fare a meno dell’ex juventino che quest’anno ha timbrato il cartellino per 7 volte. Batshuaiy non convince, così al fianco dello spagnolo ci saranno Hazard e Pedro. Fabregas e il gigante Bakayoko comporranno il centrocampo con Marcos Alonso e Zappacosta sulle corsie. In difesa sicura la presenza di Azpilicueta e David Luiz mentre si giocheranno un posto l’ex romanista Rudiger e Cahill. In porta Courtois.

Contro le inglesi il piatto piange soprattutto nella terra della Regina dove la Roma ha vinto soltanto una volta: contro il Liverpool nel 2001. A secco di successi, invece, Di Francesco contro Conte. Il tecnico pugliese si è imposto tre volte su quattro. In parità lo score tra giallorossi e Chelsea grazie al botta e risposta nella Champions del 2008/2009.

Davanti a 2.300 tifosi, e al presidente Pallotta, la Roma cercherà il colpo grosso per prendersi la leadership nel girone e acquisire quella fiducia che potrebbe essere determinante fino alla prossima sosta.

Lavinia Colasanto

Roma e Juventus sulla stessa barca…barcollante

Gianluca Notari – La Roma e la Juventus. Una rivalità ultratrentennale, fatta di sfide politiche e sociali prima che sportive per molti anni, meramente calcistiche, ma ugualmente intense, negli ultimi periodi. Da più parti, nei giorni scorsi, si è incensato il grande sabato di calcio di questo weekend: i bianconeri che sfidano l’ottima Lazio di Inzaghi, i giallorossi che affrontano il Napoli dei marziani. E le prime due della classe dello scorso anno, sconfitte entrambe. A -5 dalla vetta i piemontesi, addirittura a -9, ma con una partita da recuperare, i capitolini. Insomma: Juve e Roma sulla stessa barca, situazione figlia di scelte societarie discutibili per entrambi i club, cornute prima e mazziate poi da un Napoli che sembra inarrestabile.

La Juventus, dopo la finale persa di Cardiff contro il Real Madrid, è entrata in un tunnel da cui non sembra riuscire a venir fuori. I contrasti nel gruppo, con l’allenatore e tra i giocatori stessi – da cui poi la partenza di Bonucci, direzione Milan – sono stati resi noti da più spifferi usciti fuori dalle mura dello spogliatoio. In particolar modo durante la finale di Champions League, quando tra il primo ed il secondo tempo sembra esser scoppiato il parapiglia tra il difensore viterbese ed alcuni compagni, Dybala su tutti. E se c’è una cosa che ha contraddistinto la Juventus in tutti questi anni di predominio, è stata certamente il collettivo. Se quello viene meno, sono guai. Inoltre, se ci si mette una gestione del mercato quantomeno rivedibile, che le cose possano non andare per il verso giusto è la prima logica conseguenza. Salutati Bonucci e Dani Alves, Marotta e Paratici hanno investito su Howedes e De Sciglio, che fino ad ora, complici anche diversi infortuni, non hanno praticamente mai visto il campo. In più, per il ruolo di sostituto di Alex Sandro sulla sinistra è rimasto solamente Asamoah, dato già per partente durante l’estate e rimasto solo perché non è arrivato un suo sostituto all’altezza. Grossi investimenti invece sono stati fatti nel reparto avanzato, ma Douglas Costa e Bernardeschi sembrano ancora non decollare. Ciliegina sulla torta, il caso Higuain: nel vocabolario italiano accanto alla voce “gol” c’è la sua faccia, ma inspiegabilmente quest’anno l’argentino non riesce ad andare a segno con continuità, finendo anche in panchina in un paio di occasioni.

E poi c’è la Roma. Cambio di allenatore, via diversi giocatori dal peso non indifferente, molti acquisti, ma molta confusione. La novità migliore rispetto alla scorsa stagione è senza dubbio quella che riguarda la rosa: i giallorossi ad oggi sulla carta sono una squadra completa, profonda e ricca di profili giovani ed interessanti, così come giovane ed interessante è l’allenatore. Però, giovani ed interessanti difficilmente sono sinonimo di vittoriosi. Anzi. La scelta di Di Francesco ricorda vagamente quella che fu di Luis Enrique: allenatore giovane che ha in testa un calcio fresco e dinamico, ma con poca esperienza a certi livelli sulle spalle ed un carisma tutto da testare. Fino ad oggi il tecnico abruzzese si barcamenato con discreta sicurezza tra le difficoltà, ed è chiaro che senza aver mai avuto tutta la rosa al completo, tra cui i due acquisti più importanti della campagna di mercato estiva – Schick e Karsdorp-, il lavoro si complica non poco. Il problema, se mai di problema si può parlare, è a monte. Di Francesco ha bisogno di tempo, molto tempo, per far assimilare ai suoi giocatori un’idea di calcio complessa e dispendiosa. Ma la Roma e i romanisti di tempo ne hanno buttato fin troppo, inseguendo sogni ed icone totemiche piuttosto discutibili. Il progetto Di Francesco poteva essere sposato da una squadra che ha vinto negli anni passati, o che abbia necessità di ricostruire dopo un qualche tipo di cataclisma. Ma la Roma di Spalletti non era nulla di tutto ciò. Era una squadra forte, certamente perfettibile, ma che con 87 punti ha fatto meglio di ogni altra Roma nella storia del club. Serviva un passo in avanti per raggiungere una tanto agognata vittoria, e non un progetto in cui credere. La sola parola ‘progetto‘ scatena nel tifoso giallorosso orticaria, secchezza della fauci e dolori articolari. Probabilmente il futuro di Di Francesco e della Roma sarà roseo, ma Pallotta&co. dovrebbero tenere a mente che esiste anche un presente, in cui i tifosi continuano a sperare.

Insomma, Roma e Juventus a braccetto nella malinconia di questo turno di campionato, lontane dalla vetta e lontane dai programmi di inizio stagione. Unite ma divise da rivalità ataviche, e fa specie dirlo ma dispiace quasi vedere una Juventus in difficoltà. O per meglio dire, dispiace che non sia stata proprio la Roma la causa di queste difficoltà, poiché in una fase di transizione anch’essa.
Non la vedi, non la tocchi oggi la malinconia? Non lasciamo che trabocchi: vieni, andiamo, andiamo via” canta Guccini in “Autogrill“. E come quando si è in un momento di difficoltà e si crede che un viaggio possa rimettere a posto le cose, così Roma e Juventus si rituffano in Europa con gli impegni di Champions, per provare a non pensare ad un turno di campionato che ha tolto loro il sorriso e qualche certezza.

Gianluca Notari

Verso Roma-Napoli

Margherita Bellecca – Accantonata la Nazionale, per la penultima volta nel 2017, torna il campionato. Sfida delicata per la Roma perché all’Olimpico arriva il Napoli di Sarri, primo in classifica con 7 vittorie su 7. I giallorossi inseguono a 6 punti, con una partita in meno, ma la strada che ha intrapreso Di Francesco sembra essere quella giusta per una possibile rimonta.

La Roma è tornata nel vortice degli infortuni e il tecnico abruzzese dovrà scegliere con più cura del solito l’11 da schierare. Nelle ultime ore c’è stato il forfait di El Shaarawy per un edema all’adduttore destro, problema accusato durante il ritiro dell’Italia. Attacco obbligato, quindi, con Florenzi, in gol contro il Milan, Perotti, rientrante dopo lo stop in Champions League, e Dzeko che vuole aggiornare le sue statistiche stagionali dopo essere entrato nei 30 che si contenderanno il Pallone d’Oro. Ancora in dubbio per un posto in panchina Schick mentre Defrel sarà ancora out.

I problemi più grandi Di Francesco li ha a centrocampo. De Rossi e Pellegrini sono recuperati ma non sono al top della condizione, Strootman, invece, al massimo si accomoderà in panchina. Chi è carico è Nainggolan che, dopo l’esclusione dai convocati del Belgio, è pronto a far cambiare idea a Martinez e a far gioire il popolo giallorosso. In difesa Alisson sarà protetto da Peres, Manolas, uno tra Fazio e Jesus, che si giocheranno il posto fino alla fine, e Kolarov. Recuperato Karsdorp che tiferà i suoi compagni dalla panchina.

Dall’altra parte del campo ci sarà il miglior attacco del campionato, 25 gol messi a segno, e una delle migliori difese, con 5 reti al passivo, anche se è proprio il reparto arretrato il punto debole del Napoli. Non sempre perfetti gli uomini di Sarri che si affiderà ancora una volta a Reina, Hysaj, Albiol, Koulibaly e Ghoulam. Qualche dubbio a centrocampo perché Allan e Jorginho sono insidiati da Zielinski e Diawara, utilizzati spesso a partita in corso. L’attacco, anche per via dell’infortunio di Milik, non verrà cambiato e sarà composto da Callejon, Mertens ed Insigne supportati da Hamsik che è tornato al gol contro il Cagliari.

Il bilancio totale tra le due squadre è a favore della Roma che ha trionfato 55 volte contro le 43 del Napoli. All’Olimpico la forbice si allarga con 36 vittorie per i giallorossi e 10 per i partenopei.

In una giornata scoppiettante dove si giocheranno anche Juventus-Lazio e Inter-Milan, la Roma è pronta a fare la voce grossa, quella voce che i 40 mila che saranno presenti all’Olimpico dovranno usare per spingere la squadra verso i tre punti.

Margherita Bellecca

Da Dzeko a Charles: cronistoria di una Roma… d’oro

Gianluca NotariTredici giocatori. Nella sua storia, la Roma ha avuto candidati in lizza per il Pallone d’Oro tredici calciatori, per un totale di diciotto candidature. Dopo due lustri in cui nessun giallorosso aveva raggiunto questo traguardo, quest’anno è toccato a Edin Dzeko: dopo aver vinto il titolo di capocannoniere della Serie A e quello di capocannoniere dell’Europa League, era difficile rimanere fuori dalla lista dei 30 migliori calciatori che giocano in Europa. Prima di lui però è toccato ad altri, giocatori simbolo della storia della Roma. L’ultimo fu Francesco Totti, nel 2007, l’anno in cui poi vinse la Scarpa D’Oro. Tornando ancora indietro nel tempo, nel 2004 fu inserito Traianos Dellas, fresco vincitore del più incredibile dei campionati Europei degli ultimi decenni. Nel 2003 ancora Totti, mentre nel 2002 fu la volta di Marcos Cafu, che da poco aveva sollevato nel cielo di Yokohama la quinta Coppa del Mondo della storia del Brasile. Nel 2001 toccò ancora al numero 10 insieme a Damiano Tommasi, testa e corpo della Roma tricolore, mentre nel 2000 di nuovo il Capitano, che durante l’estate si era reso autore dell’insano ‘cucchiaio’ a Van der Sar nella semifinale degli Europei, e Gabriel Omar Batistuta, appena trasferitosi in giallorosso.

Poi anni di vuoto, tornando indietro nel tempo fino al 1992, quando Thomas Hassler, in quegli anni sulla cresta dell’onda con la propria Nazionale, si piazzò al quarto posto, risultando tra tutti i romanisti quello che è arrivato più in alto. Per tre volte poi fu Rudi Voeller ad essere tra i 30 selezionati finali, nel 1987, nel 1990 e nel 1991. Poi Boniek nell’85, e Bruno Conti nell’82 e nell’83. Da qui in poi si va nella preistoria: Karl-Heinz Schnellinger nel 1963, quando era di proprietà della Roma ma giocava nel Mantova. In casacca giallorossa ci giocò la stagione successiva, quella ’64-’65, quando poi fu ceduto al Milan, di cui divenne una bandiera per ben nove anni. L’ultimo della lista, ed il primo in ordine temporale, fu John Charles: attaccante gallese classe 1931, giocò con la Roma per una sola stagione, mettendo a segno quattro reti in appena dieci presenze. Fu inserito nella lista per il Pallone d’Oro nel 1962, arrivando ottavo nella classifica finale.

Gianluca Notari

Di Francesco al Festival del Calcio: “Scelsi la Roma per Franco Sensi. Vince chi sbaglia meno. Schick ha l’istinto del campione”

Simone Burioni – E’ il momento del gran finale al“Festival del Calcio” che nell’ultima settimana ha visto Firenze diventare la capitale di questo sport nella prima edizione dell’evento. Questa mattina, presso il Caffè Paszkowski in piazza della Repubblica, Paolo Condò e Giuseppe De Bellis intervistano l’allenatore della Roma Eusebio Di Francesco.

LIVE

Ore 12:10 – Di Francesco al termine dell’evento ha rilasciato una battuta ai giornalisti presenti: “Gli infortunati li valuteremo oggi“.

Ore 12:00 – Finisce la conversazione tra Di Francesco e Condò.

Ore 11:15 – Condò inizia a conversare con Di Francesco:

Cosa è cambiato dal Sassuolo alla Roma? Dopo la tua seconda esperienza a Roma ti saresti immaginato di tornarci da allenatore?
Assolutamente no perché la mia scelta all’epoca era di staccare totalmente dal calcio. Poi aver preso uno stabilimento a Pescara mi ha dato la possibilità di smettere e fare la vita dei miei genitori. Ma poi ti rendi conto che ti mancano tanti aspetti del campo e quindi ci vuoi tornare. La casualità ha voluto che io tornassi a Roma e credo sia per me una cosa unica. Lo faccio con grande voglia, ci sono pressioni differenti rispetto al Sassuolo. Le tue pressioni interne però sono identiche, perché dei risultati devi portarli da una parte e dall’altra. Gli obiettivi sono diversi ma comunque importanti.

Obiettivo della Roma lo scudetto. Per te sarebbe stato uguale se fosse arrivata una proposta simile da altri club?
Avevo alcune opportunità ma è stata una scelta di sentimento. Roma mi ha dato tanto, ci sono molto legato. Questo è uno stimolo in più. Quando scelsi la Roma da calciatore è stata la stessa cosa perché io potevo andare in altre grandi squadre italiane, anche più blasonate, ma io ho scelto per la persona che più mi ha voluto, Franco Sensi. Io a novembre avevo già un accordo con la Roma. Mi lego tanto alle persone. Sarei potuto andare da altre parti ma non è scattata la scintilla.

Come hai cambiato mentalità da giocatore ad allenatore?
Ruoli totalmente differenti perché il calciatore è più orientato a se stesso, alla propria prestazione. L’allenatore ha una società alle spalle, deve gestire uno staff completo, tantissimi giocatori dove l’aspetto psicologico è fondamentale. Valutare le scelte di campo. Io sono subentrato da allenatore in situazioni dove si giocava 4-4-2. Non essendo incosciente ho cercato di inculcare le mie idee su un sistema di gioco differente dal mio. Potrà succedere ancora, l’importante è avere una filosofia di calcio. Comunque vi assicuro che sono due ruoli differenti. Un calciatore sul campo deve tirare fuori tutto quello che ha. L’allenatore dipende dai calciatori. Anche un calciatore ormai dipende dal mister e da quello che gli viene trasmesso.

L’allenatore della Roma deve aderire al volere popolare o essere disincantato, come Capello?
Magari ci sono stati altri allenatori che sono stati disincantati e non sono riusciti a vincere. Sicuramente io sono molto staccato da certe dinamiche. Se dovessi andare dietro a certe cose sbaglierei sicuramente. Non si vince non sbagliando ma sbagliando meno. Credo che la squadra che sbagli meno alla fine vince. Per arrivare a questo devi staccarti da tante dinamiche e concentrarti solo sul tuo lavoro. Lo spogliatoio viene prima di tutto.

Come ha gestito la vicenda di Dzeko nello spogliatoio dopo la partita con l’Atletico Madrid?
Ha sbagliato perché dietro c’è un lavoro e tanti di voi non possono sapere quello che facciamo in settimana. Anche altri possono far fatica a digerire determinate cose. La cosa importante è avere i risultati che legittimino il tuo lavoro, che è difficile non solo a Roma. Perché poi sembra che uno punti il dito sempre verso giornalisti, radio, etc… Basta, cambiamo mentalità. Incontro gente che mi dice di non dare retta a nessuno poi però danno tutti retta a tutti. Predicano bene e razzolano male. Non c’è niente di male ad esprimere il proprio pensiero con educazione, rispetto a chi non lo fa. La cosa fondamentale è il tempo per trasmettere le idee di gioco. Come quando entri in azienda, servono anni per farla crescere. Sarri per esempio, ricordiamoci da dove è partito, dal sistema di gioco iniziale e le difficoltà del caso. Chi gli è stato vicino ha avuto l’intelligenza di aspettare e credere in questo allenatore. Noi siamo partiti facendo un ritiro e una tournée. Dopo 3 giorni in cui avevo tutti i giocatori abbiamo affrontato Psg, Juventus e Tottenham, senza mai perdere.

Un allenatore non ha più il potere di scegliere cosa fare durante l’estate?
Ora come ora ti direi di si, però se vieni preso a metà giugno quando tutto è programmato non è corretto. Tu entri e ti devi adattare, ma non deve essere un alibi. A scuola di solito si passa dal facile al difficile. Noi siamo partiti con tutte gare difficili e questo magari non trasmette consapevolezza e forza alla tua proposta di gioco. Poi siamo arrivati alla sfida con l’Inter, che forse meritavamo più di tutte le altre gare di vincere, e l’abbiamo persa. In quel caso il giudizio si basa sui 20 minuti finali, che fanno la differenza. Io però non mi posso basare su solo 20 minuti ma su una prestazione complessiva, quello che magari la gente non riesce a capire. La forza sta nel continuare a credere in quello che si propone. Dzeko, in una gara in cui tocca 2 palloni ma per demerito non solo degli altri ma anche suo, doveva mettersi a disposizione e la differenza è lì. Ma lui lo sa benissimo, a fine gara anche io posso dire le cose non giuste. Di solito a fine partita nello spogliatoio non entro, parlo due giorni dopo quando la lucidità ti porta a dare giudizi differenti. Come anche i giornalisti, che magari fanno i voti di getto, giustamente. Si scrivono tante cavolate, ma è anche normale.

Com’è cambiato il rapporto con i media?
Dipende dal contesto. Ora ci si avvicina meno ai giornalisti. Si parla nelle conferenze. Credo però sia normale perché tante volte si cerca più il pettegolezzo che il vero messaggio delle parole. I social hanno cambiato molto. Non dico che sia sbagliato, fa parte delle nuove generazioni. Tornando alle pagelle è il particolare che fa la differenza perché vi assicuro che i calciatori leggono le pagelle. E gli danno molto peso. Questo può influire in una stagione perché c’è chi si butta giù. Anche la mia comunicazione è importante all’interno della squadra. Un titolo di giornale può mettermi molto in difficoltà. Questo non deve accadere ed è fondamentale essere chiari. I media sono importanti all’interno di uno spogliatoio, per me un pochino meno perché la vivo in maniera differente e riesco ad accettare qualsiasi giudizio. Poi se mi chiedi il mio parere io ti rispondo, ma non verrò mai a chiederti perché hai scritto una determinata cosa.

Molti anni fa però si poteva assistere agli allenamenti…
A Sassuolo gli allenamenti erano aperti fino al giovedì, chiudevo il venerdì solamente per alzare la tensione dei giocatori. Alla Roma è differente perché abbiamo Roma TV che è una casa del Grande Fratello, nel senso positivo però (ride ndr). I giornalisti a Pinzolo potevano assistere sempre, a volte quindi se dicono che non ho mai lavorato sulla fase difensiva anche se hanno visto gli allenamenti dove dedicavamo 40 minuti solo alla linea difensiva, ti fa capire che quando uno scrive deve anche informarsi. A Sassuolo, ambiente differente ovviamente, potevano assistere tutti, ma non vedevo sempre i giornalisti perché avevano anche loro le proprie cose da fare. Roma ovviamente sarebbe differente.

Molti anni fa però arrivò al Milan un marziano come Sacchi che cambiò il modo di allenarsi…
Nulla nasce per caso, la ripetitività aiuta. Ora il calcio è tecnica e velocità. Arrigo ha cambiato il modo di pensare il calcio. Una volta si andava a 2 all’ora, era pieno di tempi morti. I giocatori tecnici di una volta nel calcio di adesso avrebbero dovuto alzare la velocità.

Nella partita della nazionale con la Macedonia hai notato la grande distanza tra difesa e centrocampo?
Sinceramente non l’ho vista, non lo dico per non dare giudizi, ma il gioco di Ventura tende a far aprire il campo. Può essere un vantaggio ma uno svantaggio nel recupero immediato. Io vorrei sempre avere una squadra corta, il difensore tende ad essere pigro quando non ha la palla e questa cosa va alimentata con una maggiore partecipazione.

Credi in una fusione totale tra possesso palla e recupero?
Chi attacca deve essere positivo, chi difende deve essere pessimista e aspettarsi sempre il peggio. Il “non me l’aspettavo” significa prendere un gol o non segnare, non essere un professionista. Le transizioni sono immediate nel calcio, roba di centesimi, lavorare su questi aspetti è determinante.

Quanto tempo dedichi all’analisi dei dati?
Nel dopo partita sono attento anche con chi vado a parlare. A me piace il giornalista che riesce a non prepararsi le domande, ma fa le domande in base alle risposte. I dati mi interessano meno. Oggi ci sono gli analisti e i tattici ma per me l’unico analista è il mister, il copia e incolla non esiste da nessuno. Si valuta insieme ad altre persone e si cerca di trasmettere. Il cambio di posizione di Nainggolan in Milan-Roma, quando l’ho messo addosso a Biglia, è stato motivato vedendo i dati dei palloni toccati. Lì è cambiata un po’ la gara. I centrocampisti si appiattivano e non si potevano fare ripartenze, in quelle situazioni bisognava andare da quella parte e basta. Lì è cambiata la partita. Si può parlare di bravura o di fortuna, ma a volte l’immediatezza nell’intrepretare certe cose fa la differenza. Sono cose che fanno parte del nostro lavoro. I dati in certe fasi sono importanti. Se andate a vedere i terzini sono i giocatori che hanno giocato più palloni, una scelta dettata dall’impostazione tattica.

Hai già studiato per il Napoli?
Assolutamente sì.

La partita dello scorso anno?
Ricordo quella partita, ai punti il Napoli ha meritato la vittoria ma nel finale la Roma poteva fare 3 gol. Con il Sassuolo pareggiai al San Paolo. Il Napoli costruisce tanto da una parte per andare a finalizzare dall’altra, è una grande qualità. Ci sono tante sfaccettature del basket. Gasperini trasmette molto in questo senso, come i duelli individuali. Io lavoro più su duelli di zona.

Bilancio in perfetta parità contro Sarri per te. Ti piace affrontare le squadre di Sarri?
C’è stata un’evoluzione di Sarri, lavorando 3 anni con una squadra, che ha trasmesso la sua idea di gioco. Quando perse con me giocava con un altro modulo, il 4-3-1-2 dove si cercava più verticalità, ora la forza del suo Napoli è la capacità di lavorare sulle catene esterne. Sentivo un’ottima analisi giorni fa: non fa mai appiattire i suoi giocatori su una linea di passaggio. Io però cerco di lavorare però prima sulla mia squadra, per non far realizzare il suo sistema di gioco.

Uno spareggio per la lotta scudetto?
Magari no, ma è una partita fondamentale. Ogni partita, piccola o grande che sia, la facciamo diventare importante, questa avrà un gusto particolare.

Roma e Napoli sono l’obiettivo da raggiungere per le altre squadre italiane?
La squadra da battere resta la Juventus. Roma e Napoli sono quelle che si sono avvicinate di più, hanno anche la potenzialità giusta. La Roma ha cambiato di più, in primis l’allenatore, ma non vuol dire che siamo meno competitivi, siamo qui per crescere. Ci dispiace non aver giocato a Genova, a livello psicologico un po’ pesa e a lungo andare può pesare, dipenderà molto dal risultato contro il Napoli.

Schick, che personalmente mi piace da impazzire?
Mi farebbe impazzire anche poterlo allenare (ride, ndr). Ma si vede che ha l’istinto del campione. Non sto a dire in che ruolo giocherà, magari cambierò qualcosa a livello tattico ma è un attaccante, non solo una prima punta ma comunque un attaccante centrale. Dipende sempre dal sistema di gioco. Se andate a vedere le cose migliori alla Samp le ha fatte partendo dal centrodestra, caratteristica importante per me il piede invertito.

Giampaolo dice che nelle sue giocate non è mai banale…
Assolutamente, ha delle qualità importanti. Schick è un ragazzo giovane che magari ora manca in continuità. Non diamo però giudizi affrettati. Ho allenato tanti giovani e vi dico che vanno accompagnati e aiutati.

Ore 11:10 – Inizia l’evento al Caffè Paszkowski.

Simone Burioni