Zenga e Di Francesco, che vinca il migliore!

Margherita Bellecca – Scalato il Mortirolo in Champions League la Roma si trova davanti ad un’altra sfida impegnativa, quella contro il Crotone, domenica alle 15 all’Ezio Scida. La vista dalla vetta è fantastica, ma la discesa è sempre ricca di insidie visto che i calabresi sono in piena lotta per rimanere in Serie A, e vengono da un roboante 4-1 rifilato alla Sampdoria. Ottimo momento anche per i giallorossi, reduci da 5 vittorie nelle ultime 6 partite di campionato.

Di Francesco, che ha il compito di far rimanere coi piedi per terra la squadra, tornerà ad affidarsi al turnover che però non riguarderà la porta. Sarà sempre Alisson, inoperoso contro lo Shakhtar, a difendere i pali della Roma. Cambiamenti in difesa dove sulla corsia di destra spera di giocare Bruno Peres, neo papà e quindi tanti auguri, con Florenzi pronto a rifiatare prima della sosta per le Nazionali. Sull’altra fascia scalpita Jonathan Silva anche se Kolarov rimane favorito. Al centro Manolas e Fazio, in grande forma, danno più garanzie di Jesus. In mezzo al campo, con la squalifica di De Rossi, c’è una maglia da titolare per Gonalons che non gioca dal primo minuto dalla partita contro l’Atalanta. Un fastidioso infortunio al polpaccio non gli ha consentito di essere presente nei precedenti incontri. Col francese Nainggolan e Pellegrini. Strootman, invece, riposerà dopo aver giocato tutti i match del 2018. In attacco l’unico sicuro del posto è Dzeko. Il Cigno di Sarajevo si caricherà la squadra sulle spalle come successo in Champions League. Da decidere i suoi compagni di avventura. Favoriti Schick ed El Shaarawy su Under e Perotti. Cercherà di recuperare, almeno per la panchina, Defrel.

Il Crotone di Zenga, che sta costruendo la sua salvezza in casa, 16 punti sui 24 in classifica, dovrà rinunciare al suo bomber principe, Budimir, fermo per una frattura al terzo metatarso del piede destro. Chi ne fa le veci è Trotta, autore di una doppietta contro la Sampdoria. Sarà lui a comandare l’attacco col supporto di Nalini e dell’ex romanista Federico Ricci. Tris di centrocampo con Benali, Mandragora ed uno tra Barberis e Stoian, altro ragazzo passato per Trigoria. La difesa a quattro davanti a Cordaz sarà composta da Faraoni, Ceccherini, Capuano e Martella.

Tre partite giocate tra Crotone e Roma e altrettante vittorie per i giallorossi che, inoltre, hanno rifilato 7 gol ai rossoblù senza subirne. L’unico precedente in Calabria è stato deciso dalle reti di Nainggolan e Dzeko. Inedito lo scontro tra Zenga e Di Francesco. Al traguardo finale, la qualificazione alla Champions League, mancano 10km e sarà importante centellinare le energie fino all’ultimo metro. Le volate non si vincono sprintando prima degli altri ma dando il colpo di reni ad un passo dalla linea di arrivo, anche se la Roma proverà un’azione da finisseur per bruciare la concorrenza.

Margherita Bellecca

Taffarel: “La Roma non deve vendere Alisson. E’ il mio erede ed è felice nella Capitale”

Simone Burioni – Claudio Taffarel non ha bisogno di presentazioni, perché il suo curriculum parla da sé. Portiere, con la maglia del Brasile si è laureato Campione del Mondo ad USA ’94, battendo in finale l’Italia di Baresi, e vice campione a Francia ’98. Ha vinto inoltre due volte la Copa America, nel 1989 e nel 1997. Con i club, Parma e Galatasaray in Europa, ha vinto due volte la Coppa Italia, una Coppa delle Coppe, una Coppa Uefa, una Supercoppa, due volte la Süper Lig e due volte la Coppa di Turchia. Ora è il preparatore dei portieri della Seleçao e del club turco. Intercettato dalla nostra Redazione, Taffarel ha parlato del Brasile, della Roma e di Alisson Becker. Queste le sue parole:

Lei ha vinto molti trofei. Ce n’è uno che ricorda con particolare affetto?
Tra tutti quanti, credo il Mondiale in USA nel 1994. E’ la vittoria più significativa della mia carriera.

Anche quest’anno il Brasile può fare bene…
Si, pensiamo di poter fare bene. Stiamo lavorando bene: c’è un allenatore che ha dato un gioco e tutti i calciatori stanno giocando con continuità. La speranza è questa, ma sai che è importante stare in condizione durante il Mondiale, non solamente adesso.

Ci sono dei grandissimi portieri in Nazionale…
Sono portieri che sapevamo che potessero fare bene in Europa. In particolare mi riferisco ad Alisson, che giocava all’Internacional di Porto Alegre, dove ho iniziato anche io e dove abito. Sapevo che lui in Italia poteva fare molto bene, è un giocatore tecnico, intelligente. Sta giocando al suo livello di sempre.

Per Alisson sei un vero e proprio idolo…
Lui ha iniziato dove giocavo io, era un ragazzino. Ha avuto la sua occasione, faceva benissimo in Brasile. La Roma ha fatto veramente un grande affare: ha pagato poco un giocatore che adesso costa davvero tanto.

Alisson ti assomiglia nella concretezza e l’essenzialità nelle parate? Può essere il tuo erede per il Brasile?
E’ possibile davvero. Quando lo vedo giocare mi ricorda molto me. Lui però è meglio di me, ha già un fisico impostato, anche se al giorno d’oggi in molti hanno questo fisico, ed ha grande tecnica. Nella scuola brasiliana c’è una tecnica particolare, si cerca sempre di fare le cose semplici. Lui continua a fare lo stesso lavoro nella Roma, dove c’è un allenatore dei portieri davvero molto bravo.

Dove può migliorare ancora?
Lui non giocava bene con i piedi, sta migliorando passo dopo passo alla Roma. Questo già è un grande miglioramento. Secondo me deve avere un po’ più di pazienza nel calcolare le uscite basse. A volte lui si precipita subito, dovrebbe valutare un po’ di più, ma è una cosa che impari con le partite.

Il primo anno a Roma è stato difficile alle spalle di Szczesny. Era necessario per adattarsi alla città o avrebbe fatto comunque bene?
Ho sentito molto questo discorso. Se avesse giocato da titolare la scorsa stagione avrebbe fatto comunque le cose che sta facendo ora. E’ arrivato in un momento dove Szczesny stava facendo bene ed è stato bravo ad avere la pazienza di aspettare. Non è facile per un portiere della Nazionale andare in panchina. Questo fa parte del carattere, ha molto rispetto per i compagni. Ora è arrivato il suo momento e lo sta sfruttando, ma se avesse giocato con Spalletti avrebbe fatto comunque bene.

Secondo te la Roma è un punto d’arrivo o un trampolino per Alisson?
E’ una domanda molto particolare. Lui mi dice sempre che è molto felice a Roma, ha la sua famiglia. Chi non sarebbe felice di giocare alla Roma e di vivere nella Capitale? I giallorossi avrebbero dovuto fare un po’ meglio quest’anno, rispetto alle aspettative, ma lui può trascinare questa squadra ad alti livelli. Per farlo deve rimanere più tempo, ma è una scelta molto particolare.

Quanto può valere? 100 milioni?
Non conosco le cifre di mercato, ma ha sicuramente una valutazione in crescita. Lui però non guarda tanto questa cosa, lo sento molto con i piedi per terra. Lui vuole fare bene nella Roma, è la prima stagione in cui gioca veramente. Sa che c’è un Mondiale davanti e per arrivarci deve giocare bene nel suo Club. Alisson ha un contratto, non potrebbe comunque decidere da solo.

Come vedi la stagione della Roma?
La Roma non ti dà la certezze, l’ho detto anche ad Alisson una volta: “La Roma è fatta di alti e bassi”. Quando è alta può fare benissimo, come a Napoli, dove ha fatto una partita splendida fuori casa. La Roma è sempre la Roma, può fare un buon risultato tranquillamente.

Chi può essere l’erede di Alisson?
Secondo me ancora non potete pensare all’erede. Dovete tenere Alisson lì. C’è un giovane però, si chiama Jean, gioca al San Paolo, è un ragazzo che sta facendo bene. Però, ripeto, è ancora presto per sostituire Alisson.

Simone Burioni

Dai Roma, prenditi questa qualificazione

Margherita Bellecca – “Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro”, disse Papa Giovanni Paolo II il 22 settembre del 1985. Stessa cosa cercherà di fare la Roma, questa sera allo Stadio Olimpico, alle 20.45, nel ritorno degli ottavi di finale di Champions League contro lo Shakhtar. Si parte dal 2-1 per gli ucraini, risultato maturato dopo la rete di Under, per i giallorossi, e quelle di Facundo Ferreyra e Fred per la squadra di Fonseca. Ai padroni di casa basterà vincere per 1-0 o con due gol di scarto.

Pochi calcoli per Di Francesco che si affiderà ad una formazione esperta e di qualità, mettendo in campo i giocatori più in forma a partire dal portiere. Sarà Alisson a difendere la Roma dagli attacchi degli avversari, in uno Stadio che ricorda la prestazione da stropicciarsi gli occhi contro l’Atletico Madrid. Davanti al brasiliano la linea a quattro composta da Florenzi a destra, due assist nelle ultime due partite, Manolas e Fazio al centro, che dovranno prestare molta attenzione ai piccoletti dello Shakhtar, e Kolarov a sinistra, apparso in crescita nell’ultimo periodo. A centrocampo grinta e fisico con Capitan De Rossi, unico superstite del 4-0 rifilato agli ucraini nel 2006, Nainggolan, diventato più assistman che goleador, e Strootman. Per cercare di far male, tra i titolari ritorna Dzeko, dopo lo stop per squalifica in campionato. Il bomber bosniaco vuole riscattarsi dopo la scialba prestazione dell’andata ed è pronto a caricarsi la squadra sulle spalle. A supporto avrà Under e Perotti, l’uomo del destino, colui che ha portato la Roma in Champions e gli ha fatto vincere il girone col colpo di testa contro il Qarabag. Niente da fare per El Shaarawy, in ombra anche contro il Torino, ed anche per Schick che spera di esordire nella competizione a partita in corso. Ancora out Defrel.

Anche Paulo Fonseca dovrà fare i conti con un’assenza, quella del difensore Kryvtsov. Presenti, invece, i brasiliani, veri spauracchi per la difesa della Roma. Fred, Marlos, Bernard e Taison hanno dato un assaggio delle loro qualità durante il match d’andata. Da non sottovalutare, inoltre, l’apporto di Facundo Ferreyra, 27 gol in 33 apparizioni in questa stagione. In difesa classe ed esperienza con Rakitsky ed Ismaily. In porta Pyatov.

Una sola vittoria e quattro sconfitte contro lo Shakhtar, questo il bilancio che fa stare poco sereno Di Francesco. Inoltre, dopo che la Roma ha perso la partita d’andata in una competizione UEFA, 26 volte, ha saputo ribaltare il risultato soltanto in 7 occasioni. E allora che impresa sia. I 45mila spettatori presenti tenteranno di prendere per mano la squadra per dipingere insieme un nuovo capolavoro. Per un notte da lupi.

Margherita Bellecca

 

Juan: “Terzo posto e quarti di finale? Si può fare! Ho la Roma nel cuore”

Simone Burioni – Juan Silveira dos Santos, difensore centrale del Flamengo ed ex giocatore della Roma, ha parlato dei suoi anni in giallorosso. Il brasiliano, che nella Capitale ha conquistato una Coppa Italia ed una Supercoppa, crede nella rimonta della squadra di Di Francesco ed incorona Alisson, inserendolo tra i migliori portieri al mondo. Queste le sue parole:

Iniziamo con una parola su Davide Astori, il capitano della Fiorentina che è deceduto per un problema cardiaco la scorsa settimana…
Sono molto triste per quello che è successo. Io non lo conoscevo, ma leggendo e guardando le partite, ho capito che era un ragazzo bravissimo. Ai miei tempi giocava col Cagliari ed aveva molto potenziale. E’ stato davvero un momento molto duro per me.

Sei un pilastro della difesa del Flamengo. Sei felice?
Sono molto contento di stare qui, è la squadra del mio cuore dove sono cresciuto. Poter finire la mia carriera qui è una cosa davvero bella per me.

Segui ancora le partite dei giallorossi?
Ogni volta che ho la possibilità lo faccio. In Brasile fanno vedere molte partite della Serie A. Se gioca la Roma e sono a casa, mi troverete sempre davanti alla tv per fare il tifo.

Sei entrato nel cuore dei tifosi della Roma con la tua semplicità…
Mi piace tantissimo sapere che i tifosi della Roma mi vogliono bene. Lì ho provato a fare il mio meglio. La Roma è una squadra appassionante, è rimasta sempre nel mio cuore.

Hai vissuto il passaggio di proprietà tra la famiglia Sensi e la proprietà americana. Che pensi dell’attuale società?
Ho vissuto pochissimo la Roma americana, perché era il periodo di adattamento. Da lontano vedo che la società ha investito di più nella squadra rispetto a prima, c’è molto potenziale.

La Roma non era pronta per un allenatore come Luis Enrique? Perché non ha funzionato?
Se avesse continuato un altro anno poteva fare delle cose buone. Era il primo anno di lavoro in Italia, non conosceva il campionato e le dinamiche di Roma e dell’Italia. E’ un peccato che sia andato via dopo solamente un anno.

Questa sera ci sarà il ritorno degli ottavi di Champions League contro lo Shakhtar Donetsk. La Roma può passare il turno? 
Si può fare. Ho visto la partita d’andata e la Roma ha giocato bene. C’è stata un po’ di sfortuna, ma all’Olimpico, con i tifosi della Roma che la sostengono, è una rimonta che si può fare.

Che cosa manca alla Roma per vincere la Serie A?
La Roma è una squadra fortissima, ogni anno lotta per lo scudetto. Il problema è che c’è sempre una squadra molto forte: ai miei tempi c’era l’Inter ed ora la Juventus. I giallorossi vanno bene per 2/3 del campionato, poi però c’è quel momento dove si va in difficoltà, dove si perdono punti importanti per la lotta scudetto.

Che pensi del tuo connazionale Alisson? 
L’ho conosciuto all’Internacional, abbiamo giocato tre anni insieme. E’ sempre stato un portiere molto forte, è maturato molto alla Roma ed in Nazionale. Ad oggi è uno dei portieri più forti del mondo.

Nella corsa al terzo posto chi vedi favorita tra Roma, Inter e Lazio?
La Roma. I giallorossi possono arrivare il terzo posto, sono più forti di Inter e Lazio. Faccio il tifo per loro!

Simone Burioni

Attenta Roma: Ferreyra is on fire

Gianluca Notari – «Una squadra brasiliana più che ucraina». Di Francesco dixit. Niente di nuovo, insomma. Dello Shakhtar Donetsk si è parlato tanto, prima e dopo la gara di Kharkiv. Tanta qualità nel palleggio, ali rapide e funamboliche che puntano l’uomo, difesa solida – anche se lenta – e soprattutto una punta che fa gol. Tanti.

Si chiama Facundo Ferreyra, ha 26 anni e viene da Lomas de Zamora, Argentina. A questa piccola cittadina, che si estende su una superficie di 20 km quadrati a sud-ovest di Buenos Aires, sono legati diversi nomi della letteratura e della poesia come Julio Cortàzar e Alexandrine Rappel. Ma Ferreyra, del gusto e dell’estetica dell’artista, ha davvero poco o nulla.

Guardando lo Shakhtar da una prospettiva lontana, El Chucky sembra sulla carta un corpo estraneo rispetto alla sinfonia di cui gode: Marlos, Bernard, Fred e Taison sono gli interpreti perfetti dell’idea di calcio di Fonseca, fatta di fraseggi, possesso palla e dribbling. Lui, invece, si «limita» a buttarla dentro. Un po’ sgraziato, alto e dinoccolato, ha nel gioco fisico e nel colpo di testa le sue armi migliori. E quest’anno sta segnando a raffica: 27 gol in 33 presenze, di cui 7 nelle cinque gare del 2018. Come intonava un coro di qualche anno fa, sarebbe il caso di dire “Ferreyra is on fire“. Anche ieri, nella vittoria dello Shakhtar sul Vorskla, l’argentino ha messo a segno una doppietta. A fine gara il monito per De Rossi e compagni: «Ora ci prepareremo per la Roma. Sappiamo quanto sono forti, ma io credo nella mia squadra. Affronteremo una gara importantissima anche dal punto di vista storico, abbiamo bisogno di vincere».

Ma oltre che ad avere fiducia nella squadra, Ferreyra farebbe bene a credere in sé stesso: cresciuto calcisticamente nel Banfield, a pochi chilometri da casa, fa il suo esordio in prima squadra a 17 anni, nel 2008. Con la maglia del Taladro, il primo gol arriva a dicembre dello stesso anno, nel derby contro l’Argentinos Juniors. Con il Banfield gioca fino al 2012, quando si trasferisce al Velez Sarsfield, altra società di Buenos Aires: con i biancoblu El Chucky gioca una stagione pazzesca, mettendo a segno 17 reti in 25 presenze distribuite tra campionato e Libertadores. E’ il 2013, Ferreyra ha 22 anni e già decine di gol alle spalle: una chiamata dall’Europa è scontata. E così fu, infatti. Lo Shakhtar Donetsk annuncia il suo acquisto il 10 luglio, per la modica cifra di 10 milioni di euro. Nella sua prima stagione con i minatori l’argentino gioca piuttosto bene, collezionando 6 reti in 13 presenze. Ma l’Ucraina in quegli anni lì non è il massimo, e dopo l’attentato di Donetsk (quando fu abbattuto un Boeing 777 e persero la vita 298 persone), lui e altri compagni decidono di cambiare aria. Così si trasferisce con la formula del prestito in Inghilterra, al Newcastle, ma con i Magpies non sboccia il feeling: le presenze sono appena 8, ma con la squadra Primavera, perché in quella stagione le apparizioni ufficiali di Ferreyra in maglia bianconera sono 0. Naturalmente il club inglese non riscatta il giocatore, che così torna in Ucraina. Il che, calcisticamente parlando, è stata la sua fortuna.

7 gol nella stagione 15/16, 16 nella stagione 16/17: El Chucky diventa il perno dell’attacco di Fonseca, che costruisce alle sue spalle una linea di trequartisti che ne esalta le caratteristiche. Quest’anno Ferreyra è già a quota 27, e non sembra volersi fermare proprio ora. La Roma è avvisata.

Gianluca Notari

Tornare in campo non è facile.

Margherita Bellecca -La morte di Davide Astori ha scosso il mondo del calcio ma, come recita una canzone dei Queen, lo show deve andare avanti. La Roma cerca continuità dopo la straripante vittoria contro il Napoli per 4-2 e per farlo sfiderà il Torino, questa sera alle 20.45, allo Stadio Olimpico. L’esonero di Mihajlovic e l’avvento di Mazzarri non hanno portato ad una svolta i granata che hanno conquistato 3 vittorie, 2 pareggi e 2 sconfitte con l’ex tecnico dell’Inter.

Chi è ben saldo in panchina, dopo un periodo turbolento, è Di Francesco che dovrà fare i conti con la partita di martedì contro lo Shakhtar. Riposo forzato per Fazio e Dzeko, entrambi squalificati. In rampa di lancio, per sostituire l’argentino, Juan Jesus che andrà a comporre la coppia di centrali con Manolas, sugli esterni Florenzi a destra e Kolarov a sinistra. In porta inamovibile Alisson. Chi farà le veci del bomber bosniaco sarà Schick. Il suo unico gol con la maglia della Roma è stato siglato proprio contro il Torino, negli ottavi di finale di Coppa Italia, una rete inutile vista la sconfitta dei giallorossi. Il numero 14 deve ingranare la marcia giusta per raddrizzare la sua stagione, costellata di ombre e di poche luci. Chi, invece, splende di luce propria è Under. Il piccolo turco sarà ancora nella formazione dei titolari mentre un posto se lo giocano Perotti ed El Shaarawy. A centrocampo recupera De Rossi dal problema alla caviglia. Il Capitano giocherà con Strootman e Nainggolan ai suoi lati. Poche chance per Gonalons.

Mazzarri non cambierà il suo modulo. Il Torino si schiererà col 4-3-3 con un’assenza importante, quella dell’ex romanista Burdisso, fermo per squalifica. Fuori dai convocati anche Obi e Ljajic. Chi ci sarà è Andrea Belotti. Il Gallo vuole rialzare la cresta dopo una stagione complicata. Il bomber azzurro ha segnato la miseria di 5 gol ed è stato bloccato, inoltre, da un guaio al ginocchio che non gli ha consentito di ottenere la perfetta forma. Il tridente offensivo si completa con Iago Falque, sempre presente nella formazione granata, e Niang che giocherà con una mascherina dopo l’operazione al naso. Centrocampo fisico ma con qualità grazie alla presenza di Baselli, Rincon ed Acquah. Davanti a Sirigu ci saranno De Silvestri, N’Koulou, Moretti e Ansaldi.

166 le partite giocate tra Roma e Torino, la squadra più incontrata nella storia giallorossa al pari della Lazio. 67 a 52 il bilancio a favore dei capitolini, 47 sono i pareggi. All’Olimpico la forbice si allarga e la distanza diventa imbarazzante. 51 vittorie della Roma contro le sole 15 del Torino che non espugna il terreno nemico in campionato dal 13 maggio del 2007. Al contrario Di Francesco non ha mai vinto contro Mazzarri rimediando solo figuracce, due 7-0 ed un 4-2. Vincere aiuta a vincere e ad acquisire fiducia. Un convincente successo contro il Toro può solo servire per la testa dei ragazzi di Eusebio Di Francesco in vista della gara contro lo Shakhtar. E alla Roma non serve altro.

Margherita Bellecca

 

Ciao Davide!

Margherita Bellecca – La notizia è di quelle struggenti, quella che ti fa pensare, quella che non avresti mai voluto sentire. Nella notte tra sabato e domenica è morto Davide Astori, capitano della Fiorentina, per un arresto cardio circolatorio per cause naturali.

La partita che i Viola avrebbero dovuto giocare contro l’Udinese è stata immediatamente rinviata. Stava per iniziare Genoa-Cagliari ma, appresa la terribile notizia, tutti sono rimasti sconvolti, in particolare Perin. Il portiere, molto amico di Davide, è scoppiato a piangere correndo negli spogliatoi. Un gesto forte da cui è derivata la sospensione del match e del restante turno di campionato. Commoventi, inoltre, i tributi delle squadre estere, su tutte il Barcellona che ha onorato il calciatore con un minuto di silenzio prima di giocare contro l’Atletico Madrid. Astori, che aveva compiuto 31 anni lo scorso 7 gennaio, è cresciuto nelle giovanili del Milan prima di spiccare il volo nel calcio che conta col Cagliari, dove ha militato per sei stagioni, passando per la Roma, nell’annata 2014/2015 e diventando leader indiscusso della difesa della Fiorentina.

Tanti i manifesti di vicinanza alla squadra, ai familiari e agli amici. Tra questi Radja Nainggolan che ha giocato con lui in Sardegna dal 2010 fino al gennaio 2014. I due erano molto amici e si sono ritrovati anche nella Capitale pochi mesi dopo. Il difensore centrale a Roma ha lasciato un bel ricordo. Elegante in impostazione ed in chiusura, buon piede ma soprattutto un ragazzo perbene e mai una parola fuori posto. In giallorosso anche un gol, quello segnato all’Udinese al Friuli. Una rete che fece sognare i tifosi visto che, l’allora squadra di Garcia, era ad un punto dalla vetta.

Alla Fiorentina, però, il vero salto di qualità. In Toscana si è affermato come uno dei difensori centrali più forti e di maggior affidamento in Italia. Un punto di riferimento per i giovani e vecchi compagni. Tre reti in totale con la casacca Viola, poche considerando anche l’ottimo stacco di testa di cui era dotato. 14 partite ed un gol con la Nazionale maggiore dell’Italia con l’ultima apparizione datata 5 settembre 2017 quando gli Azzurri sfidarono Israele vincendo per 1-0.

Astori è l’ultimo di una lista purtroppo lunga. Giuliano Taccola, morto per circostanze misteriose negli spogliatoi, Renato Curi, stroncato da un infarto mentre scattava per rincorrere quel pallone che tanto amava, Marc Vivien Foe, accasciatosi a terra durante una partita di Confederations Cup, Antonio Puerta, che Monchi conosceva bene, Piermario Morosini, morto per una rara malattia ereditaria, fino ad arrivare a Patrik Ekeng, Fran Carles e Miklos Feher. Mancherà il suo sorriso contagioso e genuino, mancherà la sua classe in campo, mancheranno gli scherzi in Nazionale, mancherà lui.

Margherita Bellecca

 

 

Bella Napoli, ma è il Torino la prova di maturità

Gianluca Notari – Parliamoci chiaro: alle 20.44 ci saremmo presi anche un pareggio. “Ma magari“, pensavano alcuni. Fortunatamente, tra questi non c’erano De Rossi e compagni, che hanno creduto fin dall’inizio in questa splendida vittoria. Napoli-Roma 2-4, non erano molti quelli pronti a scommetterci. Anzi.
Certo certo, senza il gol di Dybala probabilmente sarebbe stata un’altra partita. Però oh, il calcio è anche questo, prendere o lasciare. E noi, oggi, ce lo prendiamo volentieri.

LETTURA – La cosa che salta all’occhio dell’atteggiamento della Roma di ieri sera è certamente la lettura dei momenti: guidati dall’illuminata serata di mister Di Francesco, i giallorossi hanno saputo alternare fasi di pressing alto a momenti di baricentro basso, pronti ad aspettare il Napoli per poi ripartire. Ed è proprio con le ripartenze che i capitolini hanno colpito e affondato la prima della classe. Prima il rocambolesco gol di Under, viziato da una deviazione decisiva di Mario Rui. Poi la capocciata di Dzeko, con cross al bacio di Florenzi. Di nuovo Dzeko, dribbling secco e sinistro a giro. Infine Perotti, che ringrazia Rui per il goffo tentativo di rinvio del portoghese che spalanca la porta al monito.

TORINO – Proprio Perotti cerca di freddare i facili entusiasmi: «Prima di tutto non dobbiamo rilassarci troppo con questa vittoria, non abbiamo fatto nulla. E’ successo già altre volte che abbiamo fatto un buon risultato e poi perdiamo punti. Dobbiamo essere consapevoli che non abbiamo fatto nulla e finire la stagione al meglio». Eh si, perché tante volte la Roma ci ha dimostrato che la continuità è spesso manchevole, nelle prestazioni prima e nei risultati poi. Venerdì ci sarà il Torino, che dopo un ottimo periodo successivo all’esonero di Mihajlovic e all’ingaggio di Mazzarri sta vivendo un momento di flessione. Una gara ampiamente alla portata dei giallorossi, specialmente di quelli visti ieri sera, nonostante le assenze a cui dovranno far fronte. Due per la precisione: Fazio e Dzeko, entrambi diffidati ed entrambi ammoniti, salteranno il match contro i granata.

SCELTE – Contro il Toro ci si aspetta dunque qualche volto nuovo rispetto a quelli scesi in campo al San Paolo, visto soprattutto l’impegno di Champions League con lo Shakhtar Donetsk della settimana prossima, con la Roma chiamata a ribaltare il 2-1 subito in Ucraina. Spazio a Jesus in coppia con Manolas, e possibile esordio dal primo minuto per Jonathan Silva, tornato ormai da una settimana ad allenarsi con il resto del gruppo, con Kolarov a rifiatare in panchina. Possibile turno di riposo anche per Nainggolan, con Pellegrini al suo posto al fianco di De Rossi. Confermato Strootman, che sta trovando una certa continuità nelle ultime prestazioni, così come Under, punto di riferimento ormai nell’attacco di Di Francesco. I dubbi più grandi sono legati agli altri due ruoli del tridente giallorosso: Perotti, nonostante il gol del momentaneo 4-1, non è sembrato poi così in forma; pronto El Shaarawy al suo posto, che scalpita per un posto da titolare dopo diverse panchine e la tribuna di Kharkiv. A fare le veci di Dzeko, invece, dovrebbe esserci Schick: l’ennesima chance che il ceco dovrà essere bravo a sfruttare. L’ambiente Roma si aspetta moltissimo dall’acquisto più costoso della sua storia, e sarebbe ora che il talentuoso classe ’96 cominci a dare risposte concrete, anche in vista della prossima stagione. Così come la Roma, affinché quella di Napoli non rimanga una vittoria bella ma inutile.

Gianluca Notari

Winter is coming

Margherita Bellecca – “Winter is coming” recita una famosa Serie TV e l’inverno ha fatto decisamente capolino a Roma. Il gelo di Kharkiv sembra aver imballato le gambe dei giallorossi che vengono schiacciati e battuti dal Milan per 2-0 perdendo, inoltre, il terzo posto in classifica. Ora i ragazzi di Eusebio Di Francesco si trovano nuovamente in quinta posizione, fuori dalla zona Champions League. E’ una delle partite più brutte della Roma in stagione, forse la peggiore. Zero grinta in attacco e troppo molli ed imprecisi in fase di impostazione. Vita facile per la squadra di Gattuso che si è ben difesa nel primo tempo sfruttando poi le disattenzioni della difesa romanista.

Dopo 45 minuti anonimi il match sale di colpi nella seconda frazione di gioco e il tutto grazie al Milan che con ordine trova il gol del vantaggio. Suso, lasciato troppo libero a 25 metri dalla porta, ha tutto il tempo per servire una palla deliziosa per Cutrone. Manolas è preso alle spalle e la barriera della Roma cade al primo urto. Ancora una volta un pessimo approccio dei giallorossi al rientro dagli spogliatoi, così come accaduto in Champions League contro lo Shakhtar.

La reazione non tarda ad arrivare anche se non è quella che il pubblico si aspettava. Dagli spalti arrivano i mugugni degli oltre 40 mila che hanno sfidato il freddo della Capitale. Col passare dei minuti la situazione non cambia, anzi, peggiora. La Roma sparisce dal campo lasciando l’iniziativa al Milan. Nonostante una serata negativa della squadra, l’unico a salvarsi è Alisson, è sempre lui, come in Europa, ad opporsi con più decisione agli avversari. Il brasiliano ha richiamato più volte la sua difesa dimostrando di essere un vero leader.

Il portierone, però, non può fare niente sul tocco sotto di Calabria. La Roma è presa ancora una volta fuori posizione con Kalinic, che grazie ad un’imbucata millimetrica, trova il terzino destro. Il primo gol in Serie A dell’esterno è di pregevole fattura. Raddoppio del Milan e partita chiusa. Il Trono di Spade di Eusebio Di Francesco ora vacilla. I nemici avanzano e la Roma sembra non essere in grado di respingere l’attacco. Serviranno più uomini, più leader per uscire da un momento che potrebbe diventare davvero complicato. Sabato c’è il Napoli, una sfida da tutto per tutto.

Margherita Bellecca

 

Prati: “Dzeko? Ha bisogno dei tifosi per tornare quello dell’anno scorso”

Simone Burioni Prati, ex calciatore della Roma, si è raccontato in un’intervista ai nostri microfoni e ha parlato anche del momento giallorosso. Queste le sue parole:

Qualcuno ha detto che Rivera era grande perché giocava insieme a te…
I tagli in area erano la mia specialità avendo vissuto la mia infanzia in campetti dove giocavo ogni pomeriggio a tuffarmi sulla palla. Facevamo esercizi che mi permisero di intraprendere una strada che sognavo da ragazzino. Tutta la mia carriera ho avuto la fortuna di giocare tutte le finali, mi manca solamente il mondiale del 70. Una finale con me non è mai stata persa.

Ti hanno paragonato spesso a Galli, quando si parla di colpi di testa qui a Roma venite in mente tu e Pruzzo…
Tra i giocatori che creavano fastidi agli avversari c’eravamo sicuramente noi.

In nazionale fallisti un gol molto facile…
Sì, contro la Svezia. Fu pazzesco ma può succedere. Quella palla si è alzata sopra la traversa e io sono finito dentro la rete. Il portiere era andato fuori sulla sinistra, il cross era di Facchetti, il problema fu il passaggio di un interista a un milanista (ride, ndr).

Roma-Milan…
Una partita che mi mette sempre in ansia, col Milan ho vinto tutto ma a Roma c’è stato qualcosa che per me vale molto, tanto quanto una coppa. Nel 1973 segnai 22 gol, quell’anno lì ci siamo divertiti tutti tantissimo. La Roma prima pensava soltanto a battere la Lazio, quell’anno meritammo di stare così in alto.

Come valuti Gattuso?
Un grande personaggio, è riuscito lì dove altri non ce l’hanno fatta. E’ entrato nella testa dei giocatori, i giocatori del Milan stanno dimostrando di avere un buonissimo livello, stanno iniziando a far vedere di essere una squadra che gioca. La voglia di aggredire dell’allenatore si vede finalmente anche in campo, devono continuare così e migliorare.

Come giudichi Di Francesco e la Roma?
Mi sembra che anche nei momenti difficili sappia manovrare la barca, ha avuto dei problemi e ci sono dei giocatori che devono essere recuperati. Dzeko è un giocatore fantastico, ha una grande carriera, l’anno scorso ha segnato 39 gol ma quest’anno fa fatica a ripetersi. In Italia non è facile, ma lui può fare molto di più. E’ in un momento particolare, è un grande professionista ma adesso ha bisogno dell’affetto dei tifosi per tornare a quel livello.

Il risultato di questa sera?
Comunque vada, per metà mi sentirò bene, per l’altra soffrirò un po’.

Come vedi il legame di Maldini con il Milan e quello di Totti con la Roma?
Non conosco le condizioni, quindi non posso parlare delle motivazioni. Maldini è stato un grande campione ma se non è ancora entrato nel Milan deve esserci un perché. E’ una grande immagine per il Milan, ma devono esserci cose che non combaciano con la dirigenza, mi auguro che un domani possa aprirsi una via perché è quel tipo di giocatori, come anche Gattuso, che ha vinto tutto con il club a livello mondiale.

Come vedi Totti come dirigente?
Lo vedevo meglio ancora in campo, a livello fisico avrebbe retto. Avrebbe perso qualcosa nella corsa ma aveva un’intelligenza calcistica unica, un grande personaggio. Ma può anche darsi che diventi un grande manager, è nato e cresciuto nella Roma, ha sempre detto che non sarebbe mai andato altrove, non c’era la possibilità che giocasse finali importantissime. Al di fuori della Roma avrebbe giocato in squadre che hanno vinto tutto. E’ rimasto come grande personaggio in società, Totti è la Roma.

Quanti gol avresti segnato in più con Totti?
Lui guarda da un’altra parte ma ti libera sempre, lui è un giocatore fondamentale come Rivera. Ti fa arrivare 9 volte su 10 la palla sul piede.

Quanto è stato difficile riuscire a fare quel passo in avanti rispetto alla Roma degli anni precedenti?
Avevamo un gruppo di ottimi giocatori, si parla di Conti, Di Bartolomei, Cordova e De Sisti. L’allenatore che ho avuto al Milan, Liedholm, sapeva come andava gestito il gruppo e il gioco. Era un vero maestro.

Se giocassi ora chi avresti temuto di più tra Alisson e Donnarumma?
Sono due grandi portieri, uno è avvantaggiato dal fatto di essere più giovane ma saranno tutti e due sempre sotto esame.

Simone Burioni