Margherita Bellecca – A Trigoria soffia un sturm und drang romantico che ha spinto ad optare per Claudio Ranieri come sostituto di Di Francesco. Testaccino classe 1951, torna nella capitale a quasi 10 anni dall’esperienza con cui coltivò, insieme a milioni di romanisti, il sogno del quarto scudetto romanista, svanito il 25 aprile 2010. Nel mezzo, il miracolo con il Leicester, campione d’Inghilterra nel 2016.
Ranieri è solo l’ultimo protagonista in ordine di tempo tra gli allenatori riportati nella capitale dalla proprietà americana. Il primo a inaugurare il ciclo dei Nostoi fu Zdenek Zeman, al quale fu affidata la guida della squadra nel 2012, 15 anni dopo la prima volta, con risultati scadenti che portarono all’esonero nel febbraio 2013. E’ stata poi la volta di Luciano Spalletti, anche lui di ritorno 10 anni dopo la prima volta. Gestione molto più profittevole di quella del boemo a livello di punti raccolti e piazzamenti, ma neanche il toscano riuscirà a riportare un trofeo nella capitale. E’ stata poi la volta di Di Francesco, ex sia da calciatore che da team manager, che torna sulla panchina romanista dopo anni felici a Sassuolo. E tutti sappiamo com’è finita.
Ma lo streben che spinge tanti allenatori a tentare un’esperienza bis ha sempre fatto parte della storia della Roma. Già Guido Masetti, una pietra miliare della storia giallorossa, dopo l’esperienza del 44 decise di riprovarci per ben due volte, nel 1950 e nel 1956. Vittima della nostaglia fu anche Gyorgy Sarosi, allenatore ungherese nel 55 e di nuovo nel 58. Si arriva poi al più grande esponente del romanticismo romanista: Niels Liedholm. Quattro volte alla guida del club: la prima nel 1973, l’ultima nel 1997 in staffetta con Sella. In mezzo uno scudetto e quattro coppe italia dal 79 all’84. Se a Lord Byron bastò appena un mese di permanenza dalle nostre parti per innamorarsi di Roma (città dell’anima), possiamo escludere che Luis Enrique e Rudi Garcia siano immunizzati dal fascino di un ritorno nella città eterna?
Margherita Bellecca