Conferenza Ranieri: “A De Rossi andava detto in un’altra maniera. Chi decide è il presidente”

Simone Burioni – Claudio Ranieri, mister della Roma, è intervenuto in conferenza stampa a due giorni dalla partita contro il Sassuolo. Queste le sue parole:

 

E’ stata una settimana diversa dalle altre. E’ finita in secondo piano la partita col Sassuolo. Una settimana come questa potrebbe avere una conseguenza negativa o positiva sulla squadra, è più preoccupato o spera che possa essere uno stimolo per le prossime due partite?
Io credo che debba essere uno stimolo positivo e propositivo. Ormai i giocatori sono abituati a tutto. Poteva essere uno stimolo negativo anche il fatto di tutte quelle le voci sull’allenatore del futuro, i ragazzi non hanno mai mollato. Mi auguro invece che questo fatto sproni a fare bene, ci sono due partite da completare, c’è ancora una piccola possibilità però dobbiamo avere la coscienza a posto di aver fatto il massimo che potevamo fare.

Ha parlato dell’aspetto mentale, le chiedo dell’aspetto fisico. Come stanno i giocatori, in particolare Zaniolo e Pellegrini? 
L’aspetto fisico di tutti: stanno bene. Zaniolo riprende oggi, aveva il solito polpaccio indurito, oggi farà lavoro differenziato, mentre gli altri faranno lavoro di scarico. Pellegrini non è grave, è la solita vecchia cosa che gli si acuisce, credo di averlo a disposizione per sabato e se non lo sarà per sabato ce lo avrò sicuramente per la prossima settimana.

Ieri gli sono state attribuite alcune frasi. Quando gli si è chiesto chi decide lei avrebbe risposto “testa grigia a Londra e quello di Boston”. Volevamo verificarle… 
Non mi sembra di aver utilizzato queste parole. Quando i nostri tifosi chiedevano spiegazioni sulle decisioni della fine del rapporto di Daniele (De Rossi, ndr) con la Roma io ho detto sicuramente a Londra e in America. Chi decide è il presidente e la persona che gli è più vicino sta in Inghilterra.

Questo malessere generale è giustificato? O si sente di rassicurare i tifosi della Roma per i progetti dell’immediato futuro di Pallotta? 
Non so i progetti del futuro di Pallotta, non possono aver parlato con me sapendo che io tra due partite finisco il rapporto con la Roma. Non so che programmi ci saranno. Io credo che in ogni società di calcio ci sono dei ricambi, per cui ci sta. Lo abbiamo visto anche in Italia: squadre che hanno perso punti di riferimento, solo che a Daniele (De Rossi, ndr) essendo il capitano e una persona storica qui forse andava detto in un’altra maniera e dargli il modo di pensare bene, invece questo modo non è stato dato. E’ il calcio, è la legge del calcio: la società vuole cambiare, vuole altri giocatori, per cui come come i giocatori scelgono un’altra società, così sono le società che a volte scelgono allenatori, direttori sportivi, giocatori. Certo che per una figura così importante come il capitano della Roma – avendo i tifosi della Roma un amore sviscerato per la squadra – una considerazione più attenta avrebbe consigliato un altro comportamento.

De Rossi ha detto che da dirigente si sarebbe confermato. Se le fosse stato offerto il ruolo da dirigente che cosa avrebbe fatto?
Io non parlo se mi fosse stato offerto un ruolo da dirigente, io sono allenatore e se mi fosse stato chiesto “resterai tu, cosa ne pensi di Daniele?” io avrei detto: “Lo voglio perché so che giocatore è, che uomo è, che capitano è”.

Già diversi anni fa Sabatini parlò di centri di potere. De Rossi ha parlato di società divisa in più parti. Come viene vissuta questa figura di Baldini all’interno di Trigoria? 
Quanto incide Baldini sul lavoro quotidiano? Con me non incide affatto. Non incide nel lavoro quotidiano. Non so che rapporti abbia con il presidente, qua – nel mio lavoro – non incide. In generale non lo so, non conoscendo quello che fa.

L’importanza di De Rossi, al di là di quello che si vede in campo, dentro allo spogliatoio fino a dove arriva?
Si parla sempre di leader. Ci sono vari leader: c’è il leader per la società, il leader per i giornalisti, c’è il leader per i tifosi o per i social. Ci sono anche i leader per l’allenatore. Daniele (De Rossi, ndr) è un allenatore in campo, è l’uomo a cui puoi parlare e lui ragiona con una mentalità non di ego fine a se stessa ma per il bene della squadra. Questi tipi di leader sono i leader che vogliono gli allenatori.

E’ venuto qua con un compito molto difficile: raggiungere il quarto posto. Ha parlato di legge del calcio prima, però a Roma questa legge fino a ieri era diversa: i giocatori romani e romanisti erano il tramite tra i vecchi tifosi, i nuovi tifosi e i bambini che andavano allo stadio. Si aspettava di trovare difficoltà ad allenare qua? 
Ma soprattutto di trovare una situazione così cambiata e diversa? Quando ho accettato questo incarico sapevo di trovare una squadra giù mentalmente, non fisicamente, ma mentalmente sì. E le mie forze sono state rivolte proprio a quello. Le mie forze sono state incentrare a farli credere in loro stessi, a farli ricredere nel senso della squadra. E’ logico che tutte queste cose non mi aiutano nel mio lavoro. Quanto possono aver inciso tutte le chiacchiere nella partita di Genova? Non lo so, non si può quantizzare una cosa del genere. Certo è che avevo chiesto aiuto ai tifosi e l’aiuto dei tifosi è stato magnifico: ci sono stati dietro, ci hanno aiutato a vincere alcune partite difficilissime, per questo io li devo solamente ringraziare.

Nella conferenza stampa De Rossi ha parlato anche di Totti, ha detto: “Spero che Totti prenda più poteri in società”. Molti tifosi dicono che Totti dovrebbe lasciare la Roma. Lei da tifoso della Roma che cosa dice a Totti in questo caso? 
Credo che ogni persona intelligente capisca che sono decisioni che deve prendere Francesco (Totti, ndr), non so quanto potere abbia. Io so che Francesco mi ha chiamato, quindi per me era uno che conta, uno che decide. Io non so quanto all’interno di questa crescita – perché uno non è che appena smette di giocare diventa subito dirigente o se vuol fare l’allenatore diventa subito allenatore, c’è una fase di crescita – Francesco sia felice o non sia felice o quanto sia soddisfatto o non soddisfatto. Sono domande che vanno rivolte a lui e non a me.

Ieri con l’incontro coi tifosi sotto la pioggia hai toccato con mano quanta sia la delusione. Sono ormai 11 anni che non si vince un trofeo alla Roma. Puoi dare un consiglio dall’alto della tua esperienza e della tua grande passione giallorossa su come questa società e questo gruppo possa dare soddisfazione ai tifosi?
Io non sapendo i programmi mi è difficile rispondere a questa domanda. Io credo che un fatto importante sia la costruzione dello stadio. Fare uno stadio per poi cominciare a programmare una Roma grande. E’ una mia considerazione che tiro fuori leggendo quello che scrivete voi perché da quando sono venuto sto pensando solamente alla squadra, a ogni singolo giocatore, a come farlo rendere al meglio, a cercare di tirare fuori il massimo ad ogni partita. Mi sono messo l’elmetto per aiutare la squadra, per aiutare la società e per cercare di fare il meglio.

Si è sentito supportato dalla società? A cosa possono riferirsi i tifosi? Perché quando anche le bandiere come De Rossi vengono meno i tifosi si sentono spaesati. Cosa direbbe ai tifosi della Roma, cosa rimane?
Avevo detto prima che la piazza di Roma è una piazza particolare. Il tifoso romanista si sente partecipe in tutto e per tutto. Per questo quando si gioca all’Olimpico, quando l’Olimpico è pieno, ti soffia dietro e ti permette cose che magari in altri stadi sono impossibili. Detto questo devo dire che capisco il tifoso che dice spesso che il Presidente è in America, è distante, ma io nella mia carriera ho trovato poche volte il presidente vicino, o perlomeno tutti i giorni con la squadra. Al Leicester il vecchio presidente l’ho visto più volte adesso che quando era il mio presidente. Abramovich forse tra tutti gli allenatori quello che lo ha incontrato di più sono stato io, credo che Ancelotti lo abbia visto poche volte, Sarri forse non l’ha mai visto. Sono situazioni, ti danno una squadra, tu lavori sul campo e quello che succede fuori a te non interessa, l’importante è che la squadra vada bene, l’importante è che quando hai bisogno di qualcosa ci sia qualcuno che te la risolve, questa è la cosa più importante per un allenatore di calcio, tutto il resto non conta. Non è importante la presenza di un presidente, ma che tutto vada come deve andare.

Come ha visto De Rossi in questi giorni? Ci ha parlato dopo la conferenza?
Sembra strano, ma ancora ci devo parlare (ride, ndr). Ancora non abbiamo avuto cinque minuti per noi. L’ho visto bello, motivato, determinato, come sempre. L’ho visto come sempre. Dentro di sé sarà squassato, immagino che non dormirà la notte, ma è normale. Chi ha dato tutto ed ha giocato anche non al 100% lo ha fatto per l’attaccamento che ha alla maglia, ai tifosi, alla squadra. Una notizia del genere ti sconquassa, è normale, ma ancora ci devo parlare.

Sarà una Roma col 4-3-3 come abbiamo visto con la Juventus o con il 4-2-3-1? 
Vediamo, sto studiando. Il Sassuolo è una squadra ben organizzata, ho visto la partita d’andata già qui con la Roma in casa. Mi sto facendo un’idea, adesso vediamo in questi ultimi due allenamenti se mi convince di più il 4-3-3 o se ritornare come stavamo prima.

De Rossi giocherà contro il Sassuolo?
Parlerò con lui e vedremo.

Visto che lei di stili di gioco e di campionati ne ha vissuti tanti che cosa consiglierebbe a De Rossi per la prossima avventura? 
Pensare da giocatore e solo da giocatore o avere anche un occhio per la formazione da allenatore? Credo che Daniele (De Rossi, ndr) voglia continuare a giocare, lo ha detto, ed è giusto che sia così. Lui ha già una mentalità da allenatore, in casa ha un padre che è allenatore. Per questo dico che è un leader positivo, non pensa al suo ego ma al bene di tutti. Credo che la formazione che gli ha dato il padre sia di una visione d’insieme e non singola del singolo giocatore.

Chiude la conferenza Ranieri:Volevo fare un appello ai tifosi. Mi auguro che l’ultima partita all’Olimpico sia una festa per Daniele, il tempo per le contestazioni ci sarà. Ma che l’ultima partita sia una dimostrazione d’amore a Daniele e alla Roma, che è la cosa più importante“.

Simone Burioni

De Rossi, la verità dietro l’addio: i silenzi di Pallotta e un’offerta ‘ridicola’

(K.Karimi) – Il triste addio di Daniele De Rossi, che l’altro ieri ha confermato in conferenza stampa di lasciare la Roma a fine stagione, ammettendo che la decisione è stata presa dalla società giallorossa. James Pallotta e Franco Baldini avrebbero scelto di non rinnovare il contratto a DDR, ma di proporgli un ingresso nell’organigramma societario nonostante la volontà del calciatore di continuare a giocare.

De Rossi volerà altrove, forse negli Usa o in Giappone, per continuare la carriera e regalare emozioni e leadership in altri lidi, ma il suo addio ormai certo ha scatenato la rabbia dei tifosi romanisti, pronti nelle ultime 48 ore ad assaltare Trigoria e la nuova sede dell’EUR per protestare contro la gestione fallimentare di Pallotta e soci.

Secondo indiscrezioni fuoriusciti da ambienti vicini a De Rossi inoltre si scopre che il presidente ‘bostoniano‘ non ha interagito per circa un anno con il capitano, come volesse automaticamente ignorare la questione relativa al suo contratto. De Rossi ha sofferto molto per questi silenzi e si sarebbe persino auto-proposto per un contratto ‘a gettone’ (100 mila euro a partita giocata) per la prossima stagione, scoprendo che al massimo il club gli avrebbe offerto malvolentieri 1 milione di euro all’anno più bonus. L’indecisione anti-sportiva e incompetente di Pallotta e dei suoi dirigenti avrebbe fatto infuriare De Rossi, deciso ora più che mai di non fare passi indietro e lasciare il club dopo Roma-Parma del prossimo 26 maggio.

De Rossi dice addio alla Roma, ma non al calcio: “Mi farei un torto se smettessi ora”

Alice Dionisi – Daniele De Rossi terminerà la sua carriera in giallorosso al termine della stagione. Il numero 16 è il calciatore con più presenze nella Roma dopo Francesco Totti, 18 anni con il club capitolino, 615 presenze e 63 reti. “Capitan Futuro” è pronto a dire addio alla Roma, ma non al calcio giocato. “Le porte della Roma per lui rimarranno sempre aperte con un nuovo ruolo in qualsiasi momento deciderà di tornare” ha commentato il presidente James Pallotta. Roma-Parma sarà la sua ultima partita, ma prima il calciatore ha voluto chiarire la situazione in conferenza stampa davanti ai giornalisti: “Mi è stato comunicato ieri, ma ho quasi 36 anni e non sono scemo. Ho vissuto nel mondo del calcio, l’avevo capito: se nessuno ti chiama per un anno o per dieci mesi per ipotizzare un eventuale contratto la direzione è quella. Io ho sempre parlato poco anche quest’anno un po’ perché non mi piace, un po’ perché non c’era niente da dire e non volevo creare rumore che potesse distrarre la squadra e i tifosi. Mi sento ancora calciatore, mi ci sono sentito tutto quest’anno nonostante i problemi fisici ed ho voglia di continuare, mi farei un torto se smettessi ora”. In sala stampa era presente tutta la rosa, dirigenti compresi, che indossava una speciale maglia per l’occasione, con il nome del capitano e il simbolo dell’infinito. Una sola maglia in carriera, ma il club gli ha detto “basta”. De Rossi, però, ritiene che sia giusto lasciar scegliere la società: “Possiamo discutere ore sul fatto che secondo me io avrei potuto essere importante per la squadra, anche facendo 5, 10 o 20 presenze. La decisione sta alla società, io ogni maggio dico di voler fare un altro anno, ma qualcuno un punto deve metterlo. Il mio rammarico non è quello, ma che quest’anno ci siamo parlati poco, mi è dispiaciuto”. Alla conferenza era presente anche l’amministratore delegato del club, Guido Fienga, le cui parole però dimostrano una certa lontananza di idee con quelle del calciatore.Ho spiegato a Daniele che la società non poteva considerarlo più come calciatore -ha dichiarato il CEO- ma è pronto e maturo per poterci aiutare a sviluppare questa azienda”. Il calciatore però ha dichiarato di non essere attratto dal ruolo dirigenziale, pur non escludendo un futuro da allenatore. Per adesso, però, non è pronto a dire addio al campo e scherza: “Stamattina mi sono arrivati 500 messaggi, dopo controllo se c’è qualche offerta”.

Alice Dionisi

Finisce la storia di De Rossi con la Roma: quella contro il Parma sarà la sua ultima partita in giallorosso

(Jacopo Venturi) – Daniele De Rossi lascia la Roma. Il club lo ha reso ufficiale tramite un comunicato, che ne ripercorre i successi e i risultati di questi anni. La decisione viene dalla società, che ha deciso di non rinnovare il contratto del numero 16. Per questo motivo il tifo si è spaccato intorno a questa notizia: da una parte De Rossi quest’anno ha dimostrato di essere un giocatore ancora decisivo, dall’altra i suoi infortuni lo hanno tenuto spesso fuori dal campo e vista l’età è possibile che la sua situazione fisica non vada migliorando. La Roma sembra aver seguito proprio questo secondo filone ragionando sull’argomento. Il problema sta nel fatto che Daniele De Rossi non è un giocatore come gli altri, risulta difficile ragionare su di lui in maniera così asettica e distaccata. È logico che il capitano della Roma stia dando e darà un contributo sempre minore a livello di minutaggio alla squadra, ma era possibile immaginare anche un ruolo più marginale dal punto di vista tecnico per lui il prossimo anno. Questo perché il valore di De Rossi va ben oltre il campo: è un leader morale, che sarebbe servito moltissimo a integrare tutti i nuovi acquisti che la Roma dovrà necessariamente fare per rifondare una squadra arrivata alla fine di un ciclo.

(Jacopo Venturi)

De Rossi-Roma, la fine di un’era

Gianluca NotariDopo 18 anni da professionista anche De Rossi dice addio alla Roma. O meglio, è la Roma a dire addio al suo capitano, come confermato dallo stesso numero 16 in conferenza stampa: “La sensazione era che potevamo andare avanti da calciatore, anche per un anno o due. Io voglio giocare ancora, loro non vogliono che questo accada“. Parole sincere e veraci, quelle di un uomo – prima che calciatore – costretto a lasciare la Roma da una classe dirigenziale che dichiara così di voler intraprendere una strada ben definita.

Con De Rossi se ne va un simbolo della romanità, l’ennesimo dopo Totti, e non sarà facile per la tifoseria farsene una ragione. Ma per il centrocampista di Ostia, sotto questo aspetto la squadra è in buone mani: “Il romanismo, come mi avete detto voi stamattina riportando le parole dei tifosi, è importante ed è in mani salde. Lorenzo e Alessandro (Pellegrini e Florenzi, ndr) sono due persone che possono continuare questa eredità, non gli deve essere chiesto di scimmiottare me e Francesco perché sarebbe la cosa più sbagliata del mondo. Con la loro personalità devono portare avanti l’attaccamento alla maglia. Ci tengo a dire che c’è Cristante che viene da Bergamo, non è romanista, ma io ne voglio altri 100 così perché dà l’anima in allenamento, dà l’anima in campo. Non posso dire che la Roma ha bisogno di romanisti, ha bisogno di professionisti, poi se sono romanisti abbiamo fatto bingo“.

Ma i rapporti con la società durante l’anno, specialmente nell’ottica di un addio a fine stagione, non sono certo stati idilliaci: “È una consapevolezza che piano piano è cresciuta durante l’anno. Lo sapevamo tutti che avevo il contratto in scadenza. Non c’è stato un colloquio. Ne ho parlato un paio di volte con Monchi e mi ha rassicurato, ma con il fatto che poi non c’è più stato lui non sono andato a chiedere nulla a nessuno. Sono decisioni che si prendono societariamente e globalmente, la società è divisa in più parti qui. Sono cose che vanno accettate e rispettate perché io da Roma non posso uscire diversamente da così. Il mio rammarico non è quello ma il fatto che ci siamo parlati poco quest’anno, le modalità, un pochino mi è dispiaciuto“.

C’è poi la grande incognita legata al futuro. A differenza di Totti, che ha iniziato e chiuso la sua lunga carriera indossando sempre la stessa maglia, per De Rossi probabilmente non sarà così. Come confermato dallo stesso capitano, il desiderio è quello di continuare a giocare: “Stamattina mi sono arrivati 500 messaggi, dopo controllo se c’è qualche offerta (ride, ndr). Mi sento ancora calciatore, mi ci sono sentito tutto quest’anno nonostante i problemi fisici ed ho voglia di continuare, mi farei un torto se smettessi ora. Ora ho bisogno di passare un po’ di tempo senza pensare a calcio, anche se poi dovrò pensare a qualcosa di nuovo, trovare una squadra. Per il futuro vediamo, è una cosa talmente nuova per me che devo parlare a casa, con me stesso, col mio procuratore… troppa gente dovrò interpellare“. I primi rumors sul futuro del numero 16 parlavano già di mete lontane dall’Europa come Cina, Giappone, Stati Uniti o Argentina, con la suggestiva ipotesi Boca Juniors. Ma dopo la conferenza stampa, l’ipotesi Europa – o addirittura Italia, non scartata dal centrocampista – non sembra così impercorribile, soprattutto pensando che la prossima estate ci sarà l’Europeo. De Rossi vuole esserci, e farà di tutto per giocarsi le sue chance.

Gianluca Notari

Conferenza stampa De Rossi: “Voglio giocare, loro non vogliono, il distacco ci sta. Il romanismo? È importante ed è in mani salde”

Simone Burioni – Daniele De Rossi, in seguito al comunicato della Roma che comunica la separazione dal calciatore, è intervenuto in conferenza stampa. Queste le sue parole:

Inizia Fienga: “Buongiorno a tutti, grazie per essere qui. Vi abbiamo convocato per comunicarvi che ieri mi sono incontrato con Daniele e comunicato la decisione della società di non rinnovare il contratto come calciatore per l’anno prossimo. Abbiamo parlato a lungo e ho espresso a Daniele la volontà e il desiderio di averlo nell’organico della società per continuare la sua carriera all’interno della Roma nel percorso che lui deciderà. Personalmente, e per certi versi quasi egoisticamente, ho sperato e ancora lo faccio che Daniele voglia accogliere l’idea di starmi accanto perché mai come in questo momento mi avrebbe fatto comodo avere un vice come lui nel valutare le situazioni e prendere le decisioni in un contesto nel quale l’azienda si è resa conto di dover cambiare e correggere una serie di scelte fatte nel recente passato, per consentirci di ripartire. Sono convinto che questo tipo di disponibilità Daniele la coglierà quando lo riterrà opportuno anche perché per lui questa proposta è sempre valida, per la Roma e per il management della Roma. Quando deciderà di accogliere questa nostra proposta, riusciamo addirittura ad accelerare lo sviluppo dei progetti che abbiamo intenzione di sviluppare. Daniele ha espresso altre idee ma non voglio entrare nel merito perché sono idee che rispettiamo come lui rispetta le nostre. Voglio che sia Daniele ad illustrarvi le intenzioni. Io sono arrivato da poco ma sono onorato del confronto aperto, trasparente e leale e in questo senso mi sento di impegnare tutta la società per le possibilità che Daniele avrà in futuro qui da noi”.

Inizia a parlare De Rossi:
Una volta hai detto “Ringrazio di essere nato romanista”. Cambieresti qualcosa della tua carriera alla Roma, faresti delle scelte diverse? 
Farei delle scelte diverse riguardo episodi quotidiani, alcune cose dette o alcune cose di campo, come episodi spiacevoli di cui sono stato protagonista come i cartellini rossi o cose del genere. Per quello che riguarda le mie scelte e la decisione di rimanere per sempre fedele alla Roma non cambierei una virgola, non tornerei indietro. Se avessi la bacchetta magica metterei qualche coppa in più nella mia bacheca ma la bacchetta non ce l’ha nessuno. Sono sereno per questa scelta poi nel corso di questi anni qualche errore è stato commesso, ma sarebbe stato impossibile il contrario.

De Rossi rappresenta una coppa in più per i tifosi, non cambierebbero il tuo percorso nella Roma con una vittoria. E’ retorica o è la sintesi di ciò che volevi rappresentare? 
E’ semplicemente un dato di fatto. Lo hanno dimostrato in tanti anni con gli episodi, più o meno positivi, di tenere realmente a me. Io ho fatto la stessa scelta, non li ho cambiati per qualche ipotetica coppa che poi quando vai via non sai mai se vincerai realmente. Ci sono stati tre o quattro anni in cui ho avuto l’opportunità di andare in squadre che si ipotizzava potessero vincere più della Roma, ci siamo scelti a vicenda ed oggi sarebbe un dramma se uno dei due avesse preferito fare altro, vincere di più piuttosto che rimanere a vita con questi colori. Loro potrebbero dire “che ci facciamo con De Rossi, poteva venire Iniesta e vincevamo di più” (ride ndr). Lo stato attuale delle cose vede un grande amore, che penso continuerà sotto forme diverse. Non escludo che nei prossimi anni mi vedranno intrufolato con panino e birra in qualche settore ospiti a tifare i miei amici.

Hai detto di avere un solo rimpianto, quello di poter donare una sola carriera alla Roma. Che cosa hai pensato ieri quando ti è stato comunicato?
Mi è stato comunicato ieri, ma ho quasi 36 anni e non sono scemo. Ho vissuto nel mondo del calcio, l’avevo capito: se nessuno ti chiama per un anno o per 10 mesi per ipotizzare un eventuale contratto la direzione è quella. Io ho sempre parlato poco anche quest’anno un po’ perché non mi piace, un po’ perché non c’era niente da dire e non volevo creare rumore che potesse distrarre la squadra, i tifosi e tutti quanti.

Il tuo futuro da calciatore dove sarà? 
Io ringrazio Guido per l’offerta e per come mi ha trattato in questi mesi in cui lui era al comando. Voglio ringraziare anche Massara. C’è grande stima e affetto reciproco e la sensazione era che potevamo andare avanti da calciatore, anche per un anno o due. Sono decisioni che si prendono societariamente e globalmente, la società è divisa in più parti qui. Sono cose che vanno accettate e rispettate perché io da Roma non posso uscire diversamente da così. Qualche cosa ho sentito ma non ho cercato altre squadre chiedere a niente a nessuno perché ero convinto che questa squadra potesse arrivare in Champions ma ora sembra molto difficile. Fino al pareggio di Genova ero convinto della Champions e non volevo distrarre anche me stesso da quella che era la nostra corsa. Stamattina mi sono arrivati 500 messaggi, dopo controllo se c’è qualche offerta (ride, ndr). Mi sento ancora calciatore, mi ci sono sentito tutto quest’anno nonostante i problemi fisici ed ho voglia di continuare, mi farei un torto se smettessi ora.

Non sarebbe stato più giusto che fossi tu a decidere quando e come smettere? 
Un po’ come è successo a Del Piero… Ho sempre detto anche a Totti, non posso cambiare idea adesso la penso uguale anche per Del Piero. Non sono d’accordo su questo, c’è una società che deve decidere se puoi o non puoi giocare. Possiamo discutere 10 ore sul fatto che secondo me io sarei potuto essere importante per la squadra, anche facendo 5-10-20 presenze non lo so, nello spogliatoio perché penso di essere importante per loro, che non li guardo perché altrimenti scoppio. La decisione però la deve prendere la società perché potrei decidere io quando smettere ma poi ogni 12 maggio dico di voler fare un altro anno, ma qualcuno un punto deve metterlo. Il mio rammarico non è quello ma il fatto che ci siamo parlati poco quest’anno, le modalità, un pochino mi è dispiaciuto. Le distanze a volte creano incomprensioni di questo genere e spero che la società migliori in questo perché sono un tifoso della Roma. La società decide chi gioca, l’allenatore decide chi vuole, non posso pretendere diversamente.

Dopo una stagione così amara ed un risveglio come oggi che succede? Te la senti di lanciare un’ancora? 
Io posso dare pochi consigli ai tifosi perché io ho imparato dai tifosi ad amare la Roma. Quando sei piccolo vedi il tifoso amare questa squadra e cresci così, è un circolo vizioso dove ogni componente si alimenta a vicenda. Quello che posso consigliare e chiedere è di essere vicini ai giocatori. Sono persone per bene e meritano grande sostegno.

Il ruolo dirigenziale che ti è stato proposto ti fa rivedere i tuoi piani di fare l’allenatore? 
Io ho sempre detto che potrebbe piacermi fare l’allenatore, ho questa sensazione, potrebbe piacermi studiare per farlo e imparare questo lavoro. Il dirigente non mi attira particolarmente a 360 gradi, ma qui a Roma poteva avere un senso diverso. La sensazione, anche guardando chi mi ha preceduto e giuro non lo faccio con polemica, è che ancora si possa incidere poco, si possa mettere poco in un ambiente che conosciamo bene. Faccio fare il lavoro sporco a Francesco, spero che prenda più potere possibile, ed un giorno se cambierò totalmente idea lo raggiungerò. Quello che ha detto l’amministratore delegato è vero che mi accoglieranno a braccia aperte, ma la sensazione adesso è che mi piacerebbe fare un lavoro che vorrei fare. Prima devo studiare. E’ un percorso lungo e devo impararlo.

L’eredità del romanismo è al sicuro con Florenzi?
Il romanismo, come mi avete detto voi stamattina riportando le parole dei tifosi, è importante ed è in mani salde. Lorenzo e Alessandro sono due persone che possono continuare questa eredità, non gli deve essere chiesto di scimmiottare me e Francesco perché sarebbe la cosa più sbagliata del mondo. Con la loro personalità devono portare avanti l’attaccamento alla maglia. Ci tengo a dire che c’è Cristante che viene da Bergamo, non è romanista, ma io ne voglio altri 100 così perché dà l’anima in allenamento, dà l’anima in campo. Non posso dire che la Roma ha bisogno di romanisti, ha bisogno di professionisti, poi se sono romanisti abbiamo fatto bingo. Per vincere non è essenziale nessuna delle due cose ma bisogna creare una squadra che magari le altre squadre possono permettersi di creare ed è lo stato del nostro mercato. Penso che la società sia orientata a cambiare questa situazione, lo spero più che altro. Ho detto Cristante ma avrei potuto dirne molti altri.

Domanda a Fienga: Quali sono stati i motivi della decisione di non rinnovare il contratto?
Ieri parlando con Daniele a nome della società la prima cosa che ho detto che mi rendevo conto e mi scusavo che questo tipo di discorso non fosse avvenuto prima. Come sapete quest’anno ci sono stati parecchi scossoni dirigenziali per cui chi doveva occuparsi di queste faccende è stato avvicendato ed abbiamo avuto diversi problemi, tutto questo è figlio di ciò che è successo quest’anno. Ben prima che si presentasse la situazione, mi ero impegnato personalmente con Daniele a raccontare trasparentemente ogni tipo di valutazione della società che potesse avere un impatto su questa decisione anche se quest’ultima non era stata presa. Nel momento in cui mi sono reso conto che non poteva essere presa una decisione di conferma, perché ad oggi non ci sono le basi tecniche, si può impostare un programma e c’è consapevolezza degli errori commessi recentemente e che vanno sistemati, di un’autocritica che sta facendo la società verso sé stessa. Ho spiegato a Daniele che la società non poteva considerarlo più come calciatore, ma lo riteniamo e personalmente lo si evince anche dalle risposte che sta dando oggi, è pronto e maturo per poterci aiutare a sviluppare questa azienda. E’ dirigente da un bel pezzo, lui non vuole dirlo e vuole continuare a giocare a pallone e sicuramente lo rispettiamo, ma è pronto ad assumersi queste responsabilità. E’ il motivo per cui l’ho invitato e caldeggiato a seguire questo, ma anche ad aspettare un attimo scelte di allenatori. E’ in grado di aiutarmi e magari sostituirmi un domani. E’ stato un discorso particolarmente condizionato dagli avvicendamenti dell’anno, dai problemi che abbiamo avuto è inutile nasconderli. Le mosse sono prese da considerazioni che fa l’azienda. Oltre ad esserci un apprezzamento per quello che ha fatto, ma non devo dirlo io lo dicono i tifosi, c’è anche per la maturità, la conoscenza, ed il supporto che ha dato e che potrà dare. Lui vuole continuare a giocare e noi rispettiamo tanto questa scelta. Abbiamo particolarmente apprezzato come Daniele ha rispettato la nostra scelta, ma ha dimostrato che ha la maturità per fare qualsiasi cosa. Ho il dovere di dirlo a nome di tutta l’azienda. Quando deciderà di mettersi un’altra casacca, anzi la giacca, e di aiutare a sviluppare la squadra e l’azienda che conosce meglio di tutti, è il benvenuto perché siamo convinti che ci sarà d’aiuto.

Noto un distacco tra la società e il giocatore. Ti aspettavi un addio così? 
Ho cercato di prepararmi mentalmente senza immaginare come sarebbe stato. Non sarei stato felice neanche se avessi deciso io perché questo è un lavoro che ti entra dentro, questa è casa mia. Sono entrato per la prima volta in quel cancello a 11 anni, la mia macchina viene da sola qui la mattina, vado in automatico, sarà difficile non farlo più. Io voglio giocare loro non vogliono, il distacco ci sta, un minimo di differenze di vedute ci sta, è inevitabile. Non ho rancore nei confronti di Fienga o Massara, magari parlerò col presidente un giorno e con Franco Baldini, non ho problemi. Mi immaginavo zoppo con i cerotti che chiedevo di smettere e loro che mi chiedevano di continuare, non è andata così, ma devo accettarlo sennò mi faccio male da solo e vado avanti. Lui dice che io sono già un bravo dirigente ma io ad un giocatore come me l’avrei rinnovato il contratto, sono convinto che potevo dare a livello tecnico. Quest’anno, al netto degli infortuni, quando ho giocato mi sono difeso, ho fatto abbastanza bene, nello spogliatoio risolvo problemi e non penso di crearne. Se fossi un bravo dirigente mi sarei rinnovato. Sono sereno per il fatto che nel mio lavoro ci può stare, così come nel vostro. Ti cacciano via, lo metti in preventivo però non puoi farci nulla.

A Fienga: Con la Champions League sicura si sarebbe fatto lo stesso discorso con De Rossi?
Magari c’è una differenza di vedute ma non c’è assolutamente distacco non capisco da dove emerga. Abbiamo veduto diverse, ma non dimostra distacco e mancanza di stima. Abbiamo idee diverse per l’aiuto che Daniele può dare al club e su questo ci siamo confrontati, ma nessuno vuol mandar via Daniele De Rossi. Non è una scelta fatta per motivi economici.

Come ti spieghi che adesso c’è una sorta di fuggi fuggi generale? Da Manolas a Dzeko… 
Un piccolo dispiacere che ho negli anni è che tante volte ho avuto la sensazione che la squadra diventasse molto forte, molto vicina a quelli che vincevano e poi un passo indietro. Sono leggi del mercato: alcuni possono permettersi una macchina ed altri macchine diverse. Non posso farne una colpa, non entro nei numeri, spero che la Roma con lo stadio possa diventare forte. Tanti giocatori sono andati via e dopo due messi mi hanno chiamato chiedendomi di tornare. La gente si abitua ad altri posti, ma qui si sta bene, è una piazza calda per fare calcio e bisognerebbe fare un passo in più. Non stiamo togliendo i giocatori dalle macerie, sono forti e c’è futuro. Si dovrà sbagliare il meno possibile, ma ne parleremo più avanti, oggi parliamo di altro.

Quando ti sei accorto che non sarebbe arrivato il rinnovo? Che preclusioni ti fai sul futuro?
È una consapevolezza che piano piano è cresciuta durante l’anno. Lo sapevamo tutti che avevo il contratto in scadenza. Non c’è stato un colloquio, ne ho parlato un paio di volte con Monchi e mi ha rassicurato. Con il fatto che poi non c’è più stato lui non sono andato a chiedere nulla a nessuno. È vero quello che dice Fienga che gli scossoni societari non hanno aiutato ma io la sensazione ce l’ho sempre avuta. L’ultima volta ho firmato due anni di contratto il giorno dopo che ha smesso Francesco, non è che ho firmato a novembre, anche lì c’è stata un po’ di incertezza. Io il 27 maggio ho alle 15 un aereo e vado in vacanza e pure quella è una cosa che mi è sempre mancata visto che a dicembre sono rimasto qui a lavorare sul ginocchio. Ho bisogno di passare un po’ di tempo senza pensare a calcio, anche se poi dovrò pensare a qualcosa di nuovo, trovare una squadra. Per il futuro vediamo, è una cosa talmente nuova per me che devo parlare a casa, con me stesso, col mio procuratore, troppa gente dovrò interpellare, vedremo.

Che finale di partita cambieresti? 
Ogni anno se ne aggiunge una nuova da dover cambiare. Forse la più fresca, perché aveva vissuto un’atmosfera e una stagione, la partita che vorrei cambiare forse è Liverpool-Roma che è stata veramente vivere un sogno, quasi come vedere un film. I rimpianti forse li ha anche Messi che ha vinto tutto ed è il giocatore più felice del mondo, magari ha il rimpianto di non aver vinto il Mondiale. Ognuno vive di rimpianti perché questo è un mondo fatto di gente ambiziosa e perché la vittoria è il fine ultimo di quello che facciamo. Per quello che mi riguarda io devo ringraziare Dio per la carriera che ho fatto, nonostante fino ai 14-15 anni non sembrava che avessi queste grandi doti ed avrei sognato di fare una carriera simile a quella di mio padre, che ha fatto 15 anni di C è il mio idolo, sono orgogliosissimo di lui. Sono fortunato perché ho fatto il lavoro che mi piaceva in una squadra che continuo ad amare tantissimo. Ringrazio anche gli avversari, tante emozioni le ho sentite lì: l’astio che sentivo ai derby, a Napoli, a Bergamo e così via, sono cose che mi hanno fatto sentire vivo. Il calcio è contrapposizione, un po’ di tifo ed ignoranza. Sono contento di aver avuto nemici che si identificano in me perché significava che ero un simbolo per loro.

Una volta terminata la conferenza, De Rossi, tra gli applausi, ha salutato tutta la squadra abbracciando uno per uno ogni compagno.

Simone Burioni

Con il sogno della Champions e la lotta per entrare in Europa League

Margherita Bellecca – Dopo il successo contro la Juventus, la Roma vede riavvicinarsi per qualche ora la possibilità di rientrare in Europa dalla porta principale, che pure si mantiene a debita distanza. La vittoria firmata Florenzi e Dzeko consente quantomento alla squadra di Ranieri di respingere gli assalti di Torino e Lazio alla sesta posizione, ultimo scalino della classifica disponibile per non fare come i britannici e restare fuori dall’Europa, piccola o grande che sia. Piccola come Florenzi, che mette a tacere Ronaldo e la tracotanza tipica di un cinque volte pallone d’oro. Grande come Dzeko, mancato troppo spesso nel tabellino dei marcatori, ma sempre presente quando si tratta di farsi trovare pronto in appuntamenti importanti.

Ora gli ultimi due impegni contro Sassuolo e Parma. Due squadre senza grosse velleità di classifica ma proprio per questo ancora più pericolose, soprattutto per quello che è lo storico romanista con le avversarie senza più nulla da chiedere al campionato. Le impegni delle rivali poi, al gioco delle figurine, non sembrano poter aprire troppi margini di speranza per un clamoroso ribaltone di fine campionato. Il calendario regala anche qualche incrocio interessante tra rivali per il quarto posto, come Juventus-Atalanta e Torino-Lazio. Il futuro potrebbe passare per il Piemonte e la Roma ha quantomeno il dovere di provare a salire su quel treno ad alta velocità che la tenga connessa al giro delle grandi del nostro continente.

Due giornate al tramonto di una Serie A che non ha regalato momenti memorabili ai giallorossi, se non per un paio di scorci ai quali ripensare con piacere, come la vittoria nel derby e il successo contro la Juventus. Il sogno è ancora lì e se non arriverà, la Roma non avrà di che lamentarsi se non di sè stessa per il sonno troppo pesante nella quale è caduta preda troppe volte.

 

Margherita bellecca

Roma-Juventus 2-0, tre punti per crederci ancora

Gianluca Notari – Quella per il quarto posto sta diventando una delle corse più belle degli ultimi anni. L’accesso diretto in Champions League fa gola a tutti e al momento la Roma deve vedersela con Atalanta e Milan, vincitrici due giorni fa rispettivamente contro Genoa e Fiorentina.

Proprio la Roma ieri sera ha battuto i campioni d’Italia della Juventus, vincendo con un 2-0 che permette agli uomini di Ranieri di continuare a sperare ancora. La partita è partita male per i giallorossi, che per quasi tutto il primo tempo hanno reistito – soprattutto grazie ai miracoli di Antonio Mirante – agli attacchi dei bianconeri. Nei primissimi minuti della gara infatti, dopo un’uscita sbagliata della difesa di casa, Cuadrado riceve da Emre Can e si ritrova faccia a faccia con l’estremo difensore giallorosso, miracoloso nel deviare in corner un tiro a botta sicura del colombiano. Dopo alcuni minuti è ancora la Juventus a rendersi pericolosa: Cristiano Ronaldo semina avversari come birilli, scarica sulla destra per Dybala ma sul tiro dell’argentino è ancora Mirante a mantenere il risultato sullo 0-0. Subito dopo è finalmente la Roma a rendersi pericolosa, con Pellegrini che scheggia l’incrocio dei pali dopo una bella combinazione con El Shaarawy. Poco dopo è ancora il numero 7 giallorosso a cercare la via del gol, ma la sua conclusione termina alta. Al minuto 29 è invece la Juventus ad andare vicina al gol, con Dybala che carica il sinistro al volo e colpisce il palo dopo l’ennesima deviazione di Mirante.  Il primo tempo si conclude con un’azione di El Shaarawy che salta Caceres ma si fa chiudere in extremis dal salvataggio di Chiellini.

Nella ripresa lo schema della partita sembra cambiare, con la Roma più aggressiva e la Juventus più scarica: la prima azione della seconda frazione è infatti a firma giallorossa, con El Shaarawy che calcia alto dopo aver raccolto l’assist di Kluivert. Dopo la rete annullata a CR7 per fuorigioco è ancora l’italoegiziano a impensierire gli avversari, ma il suo tiro a giro è deviato da Szczesny in corner. Dopo alcune sostituzioni sia tra i padroni di casa che tra gli ospiti, la Roma riesce finalmente a trovare il vantaggio: Chiellini perde una palla sanguinosa nella propria trequarti, raccoglie Florenzi che dopo uno scambio con Dzeko supera il portiere avversario in uscita con un delizioso cucchiaio. Corsa sotto la Sud e abbraccio ideale ai tifosi, con i quali il rapporto sembra si stia lentamente ricucendo.
La Juventus prova l’assalto finale anche con l’inserimento in campo di Cancelo e Alex Sandro, ma è proprio con un contropiede che gli uomini di Ranieri siglano il 2-0 con Dzeko che raccoglie il passaggio di Under e insacca con il piatto destro.

Triplice fischio di Massa e tre punti vitali per i giallorossi, che dovranno tifare proprio la Juventus nella prossima giornata di campionato, visto che Allegri e i suoi dovranno vedersela con l’Atalanta. De Rossi e compagni sperano, consapevoli che la lotta Champions non è ancora finita.

Gianluca Notari

 

La Roma ci crede ancora: 2-0 alla Juventus e caccia grossa alla Champions (VIDEO)

(Keivan Karimi) – Una Roma che sa soffrire, tenere botta, rialzarci e battere i campioni d’Italia. Il posticipo dell’Olimpico per la 36.a giornata rilancia le ambizioni giallorosse, che con il 2-0 interno sulla Juventus prova ancora ad andare a caccia del tanto agognato quarto posto.

Una gara dai due volti, con una Juve che nel primo tempo non sembra mollare i remi in barca e va vicinissima al gol con Dybala e Cuadrado, ma uno splendido Mirante tra i pali tiene a galla la Roma. Nella ripresa i giallorossi si risollevano e cominciano a giocare da squadra: splendido 1-2 nel finale con un Florenzi vero leader ed un Dzeko instancabile che mettono in ginocchio la Signora. L’utopia Champions League non è ancora svanita.

https://www.youtube.com/watch?v=nZd2sZmBzds

Roma-Juventus 2-0: le pagelle. Mirante tiene vivi i giallorossi, Florenzi e Dzeko puniscono la Vecchia Signora

Simone Indovino – Necessario e doveroso ringraziare il signor Antonio Mirante per la prestazione che oggi ha sfoderato. Se non fosse stato tra i pali, staremmo probabilmente commentando qualcos’altro. Con le sue parate (almeno 3) ha permesso alla Roma di rimanere in gara fino alla metà del secondo tempo, quando la squadra è stata abile a salire di giri e a surclassare una Juve piuttosto sazia. Prima Florenzi, poi Dzeko, regalano tre punti che sono importanti in ottica classifica. Chiaro che ormai l’obiettivo Champions rimane difficile, ma è un successo utile per la conquista dell’Europa League. In ogni caso, la speranza è l’ultima a morire.

ROMA

Mirante 8 – Supereroe. Partita incredibile del portiere giallorosso, che compie almeno tre interventi decisivi volte a mantenere in vita la squadra giallorossa. Dà enorme sicurezza al reparto ed è anche abile nel gioco col pallone tra i piedi.

Florenzi 7 – Ineccepibile la gara del 24, che nonostante la velocità di Spinazzola è sempre bravo a tenerlo a bada, complice anche l’aiuto di Kluivert. Poi è freddissimo nel portare avanti la Roma, con un dolcissimo scavetto utile per scavalcare Szczesny.

Manolas 6.5 – Partita rocciosa del difensore greco, riassunta tutto nella spizzata finale che toglie la palla dalla testa di Ronaldo, per quello che sarebbe potuto essere il pareggio.

Fazio 6.5 – Concentrato e sempre all’interno della partita. Puntuali tutti i suoi interventi; si lascia anche andare ad alcune licenze stilistiche col pallone tra i piedi che spesso lo premiano.

Kolarov 6 – Non ha troppa licenza per mostrare le sue migliori qualità, ma è comunque ordinato in tutte le sue azioni. Cuadrado sulla propria corsia è un avversario piuttosto antipatico, ma il serbo lo controlla al meglio.

Zaniolo 6 – Partita a intermittenza quella del giovane, con alcuni momenti in cui è praticamente assente, altri in cui è pienamente all’interno della manovra capitolina.

Nzonzi 6.5 – Un ottimo schermo davanti alla difesa. Sia dal punto di vista aereo che non, vince la stragrande maggioranza dei duelli, sempre utili per evitare le incursioni avversarie. Potrebbe brillare di più in alcune giocate con la palla, ma i suoi 90 minuti rimangono ottimi.

Pellegrini 6.5 – Vivace in un primo tempo piuttosto anonimo, in cui per lo meno è l’unico a cercare con insistenza la porta. Prima, in maniera anche fortunata, coglie l’incrocio dei pali. Poi spaventa Szczesny. Nella ripresa il copione è simile fino a quando non avverte dolore al flessore.

Kluivert 6 – Crea e distrugge, come sempre. Lucidissimo in determinate occasioni, poco brillante in altre. È la spregiudicatezza giovanile, ma i mezzi per diventare grandi ci sono tutti.

Dzeko 6.5 – Riceve veramente pochi palloni per combinare qualcosa di buono, specie nei primi 45 minuti. Il primo utile, col sinistro, lo sbaglia malamente. È solo il preludio al raddoppio in cui deposita alle spalle di Sczesny un preziosissimo assist di Under.

El Shaarawy 6.5 – Quando ha il pallone tra i piedi mette sempre in apprensione la difesa della Juventus. Ha la pecca di divorarsi un gol praticamente fatto, quando doveva solo ribadire con potenza in porta. Ma per oggi va bene così ugualmente.

Cristante 6 – Utile a fare diga in mezzo al campo.

Under 6.5 – Il suo ingresso spacca in due la difesa avversaria. Meravigliosa la sgroppata nel finale che regala il raddoppio a Dzeko.

Ranieri 7 – I suoi sono bravi a rimanere in gara nonostante l’insistente primo tempo della Juve (per ulteriori informazioni ringraziare Mirante), ma è altrettanto capace lui a leggere il match in determinati punti chiavi. Il risultato ottenuto, oltre al prestigio per l’avversario, consente di tenere accesa una minima fiammella di speranza.

Simone Indovino