SPAL-Roma 2-1: le pagelle. Ranieri, la motivazione non basta. Nzonzi impalpalbile, da preservare i lampi di Zaniolo

(Jacopo Venturi) – La Roma perde la prima partita dal ritorno di Claudio Ranieri sulla panchina giallorossa. I capitolini durante il corso della gara non sono quasi mai riusciti ad esprimere una chiara idea di gioco, diventando poco pericolosi negli ultimi metri. La difesa, oggi scesa in campo con l’inedita soluzione Karsdorp-Marcano-Fazio-Jesus, dimostra i soliti limiti evidenziati già nel corso della stagione e qualche scelta discutibile dell’arbitro Rocchi non basta a spiegare una sconfitta pesante in ottica quarto posto.

 Olsen 5.5 – Non ha particolari colpe sui gol, ma dà sempre l’impressione di non essere sicuro quando la palla transita dalle sue parti.
Karsdorp 4.5 – La sua partita non è brillante né nella fase offensiva né in quella difensiva ed è macchiata dall’errore sul gol dell’1-0 di Fares.
Fazio 5 – Una prestazione non al di sotto delle precedenti in questa stagione, ma questo non è un fatto positivo. Il centrale argentino rimane impreciso nei tempi delle uscite e delle giocate in diverse situazioni, pur senza commettere errori evidenti.
Marcano 6 – Un girone fa era un giocatore in confusione, anello debole di una difesa in difficoltà. Adesso il discorso sembra essersi invertito, con lo spagnolo miglior elemento di un reparto che continua a faticare, ma il risultato non è cambiato.
Juan Jesus 4.5 – Non incide in fase offensiva, in difficoltà costante quando deve difendere. A prescindere da chi lo punti, non tiene l’uno contro uno. La sua gara va giudicata in maniera ulteriormente negativa per il fallo da rigore, seppur non evidente, su Petagna.

Kluivert 5 – In un solo tempo in campo non entra mai in partita ed è spesso impreciso. I pochi spazi concessi dalla SPAL incidono sulla sua capacità di correre palla al piede che aveva acceso la manovra offensiva giallorossa contro l’Empoli.

Nzonzi 5 – Impalpabile. Il francese non riesce a incidere con giocate positive, ma non fa nessun danno. Non era comunque di certo questo il giocatore che serviva alla Roma a centrocampo per fare il salto di qualità.

Cristante 5.5 – Prestazione leggermente superiore a quella del compagno di reparto per intensità e ritmo, proponendosi anche in zona tiro negli ultimi minuti.

El Shaarawy 5.5 – La sua partita dura 45 minuti, nei quali non riesce ad essere concreto come nelle scorse partite. Il miglior marcatore della stagione della Roma sembrava però uno dei più attivi, avendo creato un paio di potenziali occasioni da rete.

Dzeko 5.5 – Partita nervosa quella del numero 9, che sembra soffrire ancora l’attacco a due punte. Da annotare però come si conquisti il rigore del provvisorio 1-1 e vada a un passo dal 2-2, fermato solo da un grande intervento di Viviano.

Schick 5 – Di sicuro l’atteggiamento dell’attaccante ceco è migliorato rispetto a qualche mese fa: pressing, aggressività sull’avversario e intensità.  Le giocate che hanno però convinto Monchi nell’estate del 2018 a puntare sul suo talento sono ormai una rarità.

Perotti 5.5 – Entra nel secondo tempo per fare quello che gli riesce meglio: trasformare in gol i calci di rigore. Oltre a questo però nella partita dell’argentino c’è poco altro.

Zaniolo 6 – Il suo ingresso è sembrata la mossa che avrebbe potuto far girare il match a favore degli uomini di Ranieri. La sua forza fisica e la sua imprevedibilità hanno subito dato nuova verve alla manovra giallorossa e la sua palla per Dzeko nell’occasione del rigore guadagnato dal bosniaco è di sicuro la giocata tecnicamente più importante della partita.

Santon s.v. – Entra nel finale al posto di Karsdorp senza incidere.

Ranieri 5 – È tornato a Roma per dare un’anima alla squadra, ma i risultati ancora non si vedono. I giallorossi non riescono ad esprimere un gioco convincente e sembrano spesso non sapere che cosa fare in campo. È presto per dire che il cambio di allenatore non abbia sortito gli effetti sperati, ma di certo non bastano le motivazioni invocate dal tecnico di Testaccio per invertire la rotta.

(Jacopo Venturi)

Serie A, Sassuolo-Sampdoria 3-5. Goleada al Mapei Stadium, ventunesimo gol per Quagliarella

Gianluca Notari – Si è concluso il lo spettacolare anticipo delle ore 15 tra Sassuolo e Sampdoria. Gli ospiti vincono la sfida per 3-5, con un Quagliarella in forma stratosferica che sigla il 21° gol stagionale, ribadendo il suo primato in classifica marcatori, momentaneamente davanti a Cristiano Ronaldo e Piatek, entrambi a quota 19 reti.

Pronti via, la gara si sblocca al quarto d’ora: azione corale della Samp con Gabbiadini, che dalla destra serve un cross alto verso il secondo palo; Quagliarella con un contromovimento riesce a smarcarsi agevolmente del giovane Demirel e appoggia di sponda all’accorente Defrel, il quale stoppa con il petto e insacca con il sinistro alle spalle di Consigli. Il raddoppio arriva al 36° con il solito Quagliarella, che spara in porta con un destro dal limite dell’area. Dopo due minuti è Boga ad accorciare le distanze, che con un tap in raccoglie e spinge in rete la palla di Lirola. Prima della chiusura del primo tempo, però, gli ospiti vanno ancora in gol: azione simile a quella del primo gol, con Gabbiadini che dalla destra serve un assist ai compagni nel centro dell’area; Quagliarella fa il velo, Defrel stoppa e serve per Linetty, che di destro segna il 3-1 per i liguri.

Nel secondo tempo la musica non cambia, con i doriani sempre in pieno controllo del match. Dopo appena un minuto, infatti, è ancora la Samp ad andare in gol, con Praet che in spaccata raccoglie al volo il bel cross di Murru. Poco dopo è Duncan a siglare il più classico gol dell’ex, con un sinistro da fuori area che supera Audero con la complicità di Andersen, che devia la traiettoria del pallone. Ancora la gli uomini di Giampaolo arrivano in rete con Gabbiadini, mentre l’ultimo acuto della partita è di Babacar, che segna uno splendido gol a giro da fuori area. Da segnalare, al momento della sua sostituzione, la standing ovation di tutto lo Stadio Mapei per Fabio Quagliarella, che festeggia con questa bella prestazione il suo ritorno in Nazionale.

Gianluca Notari

Nainggolan contro Monchi: “Via per colpa sua”. Ma è stata l’unica buona mossa del D.S.

(Keivan Karimi) – Domani c’è il derby Milan-Inter, il centrocampista nerazzurro Radja Nainggolan è in forte dubbio e probabilmente partirà al massimo dalla panchina. Ma lo stesso ex romanista è tornato a parlare del suo addio alla squadra giallorossa, forzato e quasi obbligato, dando ogni colpa al direttore sportivo Monchi che avrebbe deciso quasi autonomamente di mandarlo a giocare altrove.

“Se fossi rimasto a Roma sarebbe scoppiata una guerra mondiale ogni giorno – ha ammesso Nainggolan al portale belga Hln.be – Sono andato via per Monchi, con il quale ho avuto uno screzio e non si è comportato in modo professionale nei miei confronti. Se mi avesse detto che voleva cedermi in faccia lo avrei accettato senza problemi, invece ha mandato degli intermediari a trattarmi in Turchia a mia insaputa, quindi ho capito che Roma non era più il mio posto”.

Altra carne al fuoco per l’ormai ex DS romanista, ormai pronto a tornare a Siviglia. Ma in realtà la cessione di Nainggolan all’Inter in cambio di 24 milioni più i cartellini del disordinato Santon e della stella nascente Zaniolo è forse l’unica vera operazione riuscita a Monchi nella sua esperienza romanista. Quattro sessioni di mercato scellerate, negative, senza guizzi salvabili al 100%, ma la scelta di rinunciare all’indisciplinato e ormai stanco Nainggolan è stata decisamente azzeccata. Non a caso il belga all’Inter è una sorta di fantasma che ogni tanto fa parlare di sé più fuori che dentro al campo, mentre Zaniolo nella Roma di oggi è già un titolare e con una valutazione già vicina ai 50 milioni di euro. Ogni altra parola per ora è superflua.

È iniziata la J League più bella di sempre

Gianluca Notari – Quando si parla di Giappone, i riferimenti a cui ci rifacciamo sono sempre quelli: il sushi, i cartoni animati e i film che parlano di arti marziali, tipo Karate Kid. Quando invece si parla di calcio giapponese, solitamente il discorso si riduce a pochi nomi: alcuni di questi sono legati a squadre leggendarie, come Kagawa per il Borussia di Klopp o Okazaki per l’impresa del Leicester con Ranieri; altri invece sono ricordati come meteore del calcio italiano, vedi Nagatomo e Honda; o altri ancora appartenenti ad un passato ancestrale come Nakata e Nakamura. Altre volte, invece, si torna a parlare di Holly e Benji, con le solite battute sulla lunghezza del campo e sulla negligenza dei medici che permettevano a Julian Ross di giocare. Ma fuori dagli stereotipi e dai cliché, il calcio giapponese è molto più di questo.

Il movimento calcistico in Giappone, al contrario di quanto si pensi comunemente, ha una tradizione secolare. Antecedente alla creazione nel 1992 della prima lega nazionale ufficiale – la J. League Division 1, nota oggi come J1 League -, il calcio in terra nipponica fu portato dagli inglesi nel lontano 1873 da Sir Archibald Lucius Douglas, ammiraglio della Royal Navy di base a Tokyo, dove aveva il compito di istruire una classe di cadetti di circa 30 unità. Si dice che proprio durante una pausa dall’addestramento il marinaio mostrò ai suoi alunni le sue abilità nel palleggio: inizialmente gli studenti non ne furono attratti, ma la magia del calcio fece sì che tutto ciò avvenisse in concomitanza con una grande rivoluzione che stava investendo tutto il Giappone, portando la sua società da una struttura di tipo feudale ad una di tipo occidentale. Questi cambiamenti, naturalmente, riguardarono anche il campo dell’istruzione e dello sport, avviando grandi opere di rinnovamento delle strutture sportive: vennero infatti costruiti in breve tempo nuovi impianti dedicati al baseball, al rugby e anche al calcio, che cominciò così la sua storia in terra nipponica. Nel 1918 iniziarono i primi tornei regionali, mentre il primo campionato nazionale di cui si ha notizia è datato 1921, in concomitanza con la nascita della Japan Football Association. Il calcio rimane però relegato al mondo accademico, decisamente in ombra rispetto al più popolare baseball. La prima vera occasione di rilancio si presenta alle olimpiadi di Tokyo nel 1964: la Nazionale nipponica non fece una grande figura, ma rimarrà per sempre impressa nella storia di questo sport la clamorosa vittoria contro l’Argentina, la stessa della tristemente nota Tragedia di Lima. Nello stesso anno, sotto l’impulso dei Giochi, nasce la Japan Soccer League, primo campionato nazionale giapponese, anche se ancora a livello amatoriale.

Per aspettare la creazione di un campionato ufficiale professionistico si dovranno aspettare quasi 30 anni: come detto, la J League nacque nel 1992, diventando a tutti gli effetti sport nazionale. Ma se il livello della competizione era piuttosto scadente, il fascino dell’Oriente riuscì ad ammaliare campioni da tutto il mondo praticamente da subito: la prima migrazione verso est si attesta già nel 1994, quando atterrò a Tokyo la leggenda Dragan Stojkovic, mentre un anno dopo fu il turno di Dunga. I due, che vestirono rispettivamente le maglie di Nagoya Grampus e Jùbilo Iwata, diedero un certo lustro al campionato, ma per farsi conoscere il Giappone a undici necessitava di un ambasciatore che girasse per il globo ad avvertire il mondo che, ormai, a pallone si giocava anche lì. Detto fatto, il legato prescelto fu Kazuyoshi Miura: per rinsaldare il legame culturale tra Brasile e Giappone, Miura si trasferì a giocare in sudamerica quando ancora doveva esordire nel calcio professionistico. Giocò lì per quattro stagioni, vestendo le maglie tra le altre di Santos, Palmeiras e Coritiba, per poi tornare al Verdy Kawasaki, a casa sua. Poi lo acquistò il Genoa, e Miura divenne il primo nipponico a solcare i campi di Serie A, ma dopo una sola stagione cambiò aria, rimbalzando tra Croazia, Australia e ancora Giappone. La cosa più interessante da dire riguardo a Miura è che ancora oggi gioca: è da poco tornato nel Yokohama FC, e alla veneranda età di 52 anni è il più anziano giocatore professionista ancora in attività.

Ma tutto questo, dando uno sguardo all’odierno Giappone, si direbbe appartenere alla preistoria: dopo la parentesi iniziale degli anni 2000, dove la J League ha vissuto un periodo di assestamento che l’ha tenuta ancora lontana dai canoni occidentali (per capire la provincialità del torneo basti pensare alla canzone scelta nel 2003 come intro dei match di campionato: “Supercafone” di Piotta, per intenderci), i nipponici che giocano in Europa sono oggi circa una cinquantina, ed il fenomeno è in continua espansione. Il livello della competizione è ancora basso rispetto all’Europa, ma la sua reputazione sembra destinata a crescere: come fu per Dunga e Stojkovic, gli ultimi movimenti di mercato dei club giapponesi potrebbero dare l’imput per un nuovo balzo in avanti dell’intero movimento. Quella di quest’anno, infatti, si preannunica essere la J League più bella di sempre. Primo motivo di questo fenomeno sono, così come fu per la Cina qualche anno fa, gli enormi capitali investiti: Iniesta, dopo una carriera che gli ha permesso di entrare nell’olimpo di questo sport, ha deciso di svernare a Kobe, città che fino a quel momento era famosa solamente per la lavorazione della squisita carne di manzo. E chissà quante bistecche potrà mangiare oggi l’ex Barça con lo stipendio da 26 milioni di euro annui che gli assicura il Vissel, squadra in cui si è trasferito un annetto fa. Assieme a lui, capitano del Kobe l’ex enfant prodige Lukas Podolski, ormai da due stagioni in Giappone.

A completare il tridente d’attacco con Podolski e Iniesta c’è un altro spagnolo, anche lui ex Barcellona: David Villa. Ritiratosi dai grandi palcoscenici ormai diversi anni fa, El Guaje ha deciso di girovagare per il mondo giocando a calcio e incassando un sacco di soldi, passando per Stati Uniti, Australia e, per l’appunto, Giappone. Ma la lista dell’ “anvedi chi ce sta” non finisce qui. In ordine sparso: Fernando Torres, punta di diamante del Sagan Tosu, l’ex Manchester City Jò, acquistato un anno fa dal Nagoya Grampus assieme a Mitchell Langerak, portiere ex Dortmund e stella del calcio australiano. Ci sono poi altri calciatori più o meno noti, come il mai esploso Leandro Damiao e una vecchia conoscenza del calcio italiano come Victor Ibarbo, alcuni autoctoni come la bandiera del Gamba Osaka Yasuhito Endo e all’ex Schalke 04 Atsuto Uchida oltre alle certezze Hugo Vieira del Marinos e Patric del Sanfrecce, autore quest’ultimo di 20 reti nell’ultimo campionato.

Riprendendo il discorso relativo al campionato, la competizione è composta da 18 squadre che si affrontano in due gironi, andata e ritorno. La prima e la seconda sono ammesse automaticamente alla AFC Champions League, la Champions d’Asia, la terza invece deve affrontare i preliminari. Le ultime due retrocedono direttamente in J2 League, mentre la terzultima accede ai playout. Detentore del titolo è il Kawasaki Frontale, che ha vinto le ultime due edizioni. L’asticella, però, quest’anno si è alzata di molto, e dopo le prime tre giornate di campionato non c’è stato un responso chiaro sulle possibili favorite: il Vissel di Iniesta, Podolski e Villa ha perso la prima e vinto le ultime due, mentre il Tosun di Fernando Torres è ultimo a 0 punti. Primo in classifica a punteggio pieno è il Nagoya, quindicesimo lo scorso anno, trascinato dai gol di Jò: il brasiliano è già andato a segno per due volte dopo le 24 reti della scorsa stagione, quando vinse il titolo di capocannoniere. La sorpresa, per il momento, è il brasiliano Anderson Lopes, autore di quattro reti nella goleada del Sapporo contro lo Shimizu S-Pulse.

Infine, uno sguardo alla fruzione: il numero di persone che assiste alle partite di J League è in crescendo, tanto che la piattaforma DAZN ha cominciato dallo scorso agosto a trasmettere il calcio giapponese per la prima volta in Italia, sintomo di un mercato in continua espansione anche tra i buongustai del pallone. Ma la più grande vittoria che il movimento nipponico ha raggiunto negli ultimi anni è forse quello delle presenze allo stadio: i numeri sono in continuo aumento, con medie di paganti che in molti casi somigliano a quelle italiane. Certo, come già detto lo spettacolo a cui i tifosi assistono non è ancora paragonabile agli standard europei, ma le cose stanno migliorando e l’arte del saper aspettare non è cosa nuova da quelle parti. Proprio come diceva il maestro Myagi in Karate Kid: “Dai la cera, togli la cera, dai la cera, togli la cera...”.

Gianluca Notari

Ranieri: “La squadra? Ha risposto bene nelle prime cose che gli ho chiesto”

 

Simone Burioni –  Claudio Ranieri, allenatore della Roma, è intervenuto in conferenza stampa per parlare della partita contro la Spal. Queste le sue parole:

 

Che indicazioni ha ricevuto dalla partita con l’Empoli e dagli allenamenti?
La squadra ha risposto sufficientemente bene nelle prime cose che gli ho chiesto. Non posso chiedere molto di più perché sono abituati a giocare in una certa maniera, vedo una buona predisposizione e molta disposizione nel cercare di fare le cose che chiedo.

Schick e Dzeko devono giocare insieme. In quale modo?
Non importano gli schemi, l’importante è che i ragazzi si riconoscano nelle loro posizioni e che possano fare il meglio. Il sistema non è importante, ma è importante che la squadra sia compatta ed abbia equilibrio.

Un aggiornamento sulle condizioni di Kolarov e Zaniolo?
Devo valutare oggi e domani. Non si sono ancora allenati con me, quindi se non si allenano mi lasciano il dubbio se utilizzarli o meno. Sono tutte cose che devo valutare.

Florenzi è squalificato. Il sostituto è Karsdorp o Santon?
Potrebbe essere una buona idea, ma devo sapere se Kolarov è disponibile.

La scelta degli esterni può essere condizionata dalla presenza di Schick e Dzeko?
Non sono scelte relative, sono importanti che si fanno in base a come stanno i giocatori e alla squadra che affrontiamo. Sono tutte situazioni che vanno calibrate per dare equilibrio alla squadra.

Fazio è un pezzo da novanta come diceva di altri dopo l’Empoli? Può giocare?
Sì, lo è. Ci sta che per una parte di campionato non renda, i giocatori non sono macchine e possono avere momenti no. Lui per me è molto importante, è intelligente e sa leggere l’azione bene. Sono convinto che può far bene con me. Ieri si è allenato, oggi si allena, perciò dovrebbe stare bene.

Visti i tanti infortuni, i giocatori hanno paura di farsi male? Come affronta questa cosa?
Come ha fatto Di Francesco, bisogna stare attenti. Se i giocatori si fanno male e sono un po’ ansiogeni di carattere, bisogna stare attenti. Lui non ha avuto nulla al polpaccio, ma una botta alla caviglia, che non sta al 100% e nella corsa si ripercuote sul polpaccio. Lui lo sente un po’ indurirsi e giustamente chiede il cambio. Ma è logico che io arrivando da fuori e sapendo che ci sono un po’ di giocatori con problemi fisici vado avanti con il mio programma ma devo stare attento ai piccoli problemi, che non voglio diventino grandi.

Under come sta?
La cosa importante è che continui il suo protocollo di recupero, non andrà in nazionale. Spero di riaverlo pronto dopo la sosta.

Nella Roma c’è una componente di paura psicologica?
Dalla Roma ci si aspetta sempre tanto, io arrivo dopo due sconfitte consecutive ed è logico che senza giocatori importanti in campo, mettendo dentro una squadra con parecchi giocatori che non sono abituati a giocare insieme e senza punti di riferimento, è logico che io debba dirgli “Giocate senza paura, anche se sbagliate non mi interessa“. Io voglio una squadra libera da condizionamenti, senza paura.

Quant’è importante stare corti e non concedere appoggi a Petagna?
L’analisi è perfetta. Ho visto la partita d’andata ed altre partite della Spal. Sono molto abili nel trovare la posizione e prenderti in velocità. Cercheremo di stare accorti, attenti e compatti.

Immaginava questa situazione prima di arrivare? Alcuni giocatori si sentono di passaggio a Roma?
Non credo che il giocatore si senta di passaggio, ma anche se così fosse dovrebbe rendere di più: se fa bene attira altre squadre, altrimenti non lo prende nessuno. Io credo sempre nella voglia di mettersi in mostra, che è la cosa più importante.

La Spal potrebbe recuperare Lazzari. L’unico sostituto è Santon oppure possono giocare anche Juan Jesus o Marcano?
Potrebbe essere Juan Jesus, che ha già giocato da esterno sinistro anche se a tre. Se non sbaglio quando allenavo l’Inter gliela feci fare una partita sulla sinistra. Quindi sì, potrebbe essere lui.

Chiude Ranieri:
Volevo dirvi che sabato con la Spal ricorderemo Taccola, morto nel ’69, che io ricordo perfettamente. E’ una figura che è sempre stato nel mio cuore e mi colpì molto.

Simone Burioni

Dalla Spal alla Spal

Margherita Bellecca – 20 Ottobre 2018. All’Olimpico arriva la Spal. Sembra un pomeriggio semplice per la Roma, ma non lo sarà. Petagna e Bonifazi stendono i giallorossi, incrinando la solidità del futuro di Di Francesco. Un girone dopo che cosa è cambiato? Praticamente tutto. La possibilità per lottare per lo scudetto probabilmente non c’è mai stata, ma già dai timidi inizi di stagione si è capito che non era questo l’anno per andare a usurpare il trono ai bianconeri. Non c’è più la Coppa Italia, sfumata in una tragica notte di fine gennaio sotto sette pesanti colpi per mano della Fiorentina.

Non c’è più la Champions League, persa ad Oporto per demeriti propri e altrui, specialmente della terna, quaterna o sestina arbitrale, neanche si sa più come chiamarla. Non c’è nemmeno la consolazione del derby, che poteva eliminare la Lazio dalla lista di rivali per un posto in Europa e che invece è stato perso malamente. Di conseguenza non c’è più Di Francesco, esonerato e sostituito dal rientrante Claudio Ranieri. 18 partite dopo quel Roma-Spal, della squadra in grado di piazzarsi tra le prime quattro d’Europa non è rimasto pressoché nulla. Se non qualche calciatore artefice di quell’impresa ma il cui futuro è ancora tutto da decidere. Neanche più il direttore sportivo, il medico sociale e il capo dei fisioterapisti.

Le velleità di una stagione da protagonista per la Roma si sono spente da tempo, probabilmente già in quel caldo pomeriggio di fine ottobre. Resta solamente la possibilità della sesta qualificazione consecutiva in Champions League, da lottare con Milan, Inter e Lazio. Mister Ranieri, a lei la sfida.

 

Margherita Bellecca

Campagna “No Bulli”, per la Roma presenti Baldissoni e Florenzi: “Il gruppo può salvarti la vita”

Luca Fantoni – Il Consiglio regionale del Lazio si è fatto promotore di una campagna di prevenzione e contrasto del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo. Per l’occasione, saranno presenti i calciatori Daniel Ciofani del Frosinone, Alessandro Florenzi della Roma e Ciro Immobile della Lazio.L’incontro si sta tenendo alla sede della Regione Lazio in via della Pisana, presso la Sala Mechelli. Oltre ai rappresentanti delle società di Serie A, ci saranno anche il Presidente del Consiglio regionale Giuseppe Cangemi e il Garante dell’infanzia e dell’adolescenza Jacopo Marzetti. Inoltre, presenti i dirigenti di Lazio e Roma Claudio Lotito e Mauro Baldissoni, i responsabili dei settori giovanili Mauro Bianchessi e Massimo Tarantino, il presidente dell’Accademia Frosinone Calcio Luigi Lunghi e il direttore Rapporti istituzionali Frosinone Calcio, Salvatore Gautieri. Molto significativa la testimonianza di Florenzi: “Sono caduto due volte nella mia vita e nella mia carriera. Se vicino non avessi avuto dei compagni che mi avessero tirato su anche con una pacca o battuta sarebbe stato difficile, li ringrazio ogni giorno”, mentre Baldissoni ha ribadito come l’impegno sociale sia uno degli obiettivi principali della società: “Consideriamo la Roma come società una piattaforma sociale in grado di veicolare i messaggi alla comunità”.

Luca Fantoni

Roma-Empoli 2-1: le pagelle. Ranieri chiama, Schick risponde. El Shaarawy leader, difesa ancora distratta

Simone Indovino – Tre punti: quello contava e quello è il bottino ottenuto. Con difficoltà, defezioni, squalifiche, infortuni. Ma le tre lunghezza in più in classificaerano a dir poco fondamentali in questa giornata in cui tutte le squadre concorrenti avevano vinto, eccezion fatta per la Lazio. Un successo di misura, maturato grazie alla rete di El Shaarawy e l’incornata di Schick. In mezzo, un autogol clamoroso di Juan Jesus che ha rimesso in carreggiata l’Empoli. Giallorossi bravi ma anche obiettivamente fortunati, e stavolta aiutati dal Var. Incomprensibile, invece, il secondo giallo a Florenzi.

ROMA

Olsen 6 – A conti fatti l’unica parata che compie è quella facile facile all’ultimo minuto di gioco. Poco può sull’improvviso e maldestro colpo di testa di Juan Jesus.

Florenzi 6 – Con un’ammonizione iniziale che compromette in parte la sua performance, i primi 20 minuti di partita non fa altro che sbagliare i passaggi in verticale alla ricerca dai compagni. Poi guadagna fiducia e qualità nelle giocate, fino a quando regala il pallone che Schick spinge in porta. Lascia la squadra in 10 subendo un doppio giallo piuttosto severo da parte dell’arbitro.

Juan Jesus 5 – Un autogol che ha dell’incredibile, in cui la protagonista non è la sfortuna ma soltanto una pessima coordinazione del brasiliano. Anche nel gol annullato dal Var non è particolarmente attento.

Marcano 6 – Non è un giocatore che fa stropicciare gli occhi, questo si è ampiamente capito, ma è comunque efficace in molti dei suoi interventi.

Santon 6 – In un ruolo certamente a lui non usuale, mette in atto un’onesta gara senza sfigurare. Dalle sue parti non si corrono particolari rischi.

Cristante 6 – Un’ordinaria ma buona gestione del possesso palla in mediana. Lucidissimo quando, col pallone tra i piedi, è pressato dagli avversari che provano a scippargli la sfera.

Nzonzi 6.5 – Avvio molto, molto negativo. Per fortuna guadagna fiducia col passare dei minuti e le sue giocate aumentano di qualità. Bravo a interrompere l’azione avversaria facendola spesso ripartire.

Kluivert 7 – Molto coinvolto sin dall’inizio di partita, mostra subito un buon feeling col match. Ha il motorino sotto i piedi e questo aiuta a mettere in difficoltà la difesa avversaria. Duro e deciso anche nei contrasti, cosa che non guasta mai.

Zaniolo 6 – Tanto movimento e le solite spallate con la gran parte degli avversari durante il match. Si divora in maniera incredibile, considerate le sue qualità balistiche, un gol praticamente fatto. Poi è costretto a uscire per il riacutizzarsi di un problema al polpaccio già avvertito in settimana.

El Shaarawy 7 – Faraone fondamentale per qualità ed esperienza in campo. Apre le marcature con uno dei più classici dei suoi gol, a giro sul secondo palo, ed è abile a far salire la squadra nei difficilissimi minuti finali.

Schick 6.5 – È il match winner. Esce stremato, e questo fa piacere poiché è la diretta conseguenza di un apporto alla squadra costante. Ranieri l’ha chiamato e lui ha prontamente risposto.

Perotti 5.5 – Ha quasi un tempo a disposizione ma a conti fatti non si vede praticamente mai.

Karsdorp 6 – La sua forza fresca aiuta la difesa nel finale.

Celar s.v. – Per lui l’indimenticabile esordio in Serie A.

Ranieri 6.5 – Arrivato nel momento più difficile della recente storia, si è ritrovato a debuttare con una squadra decimata. Ha fatto quello che poteva, mettendo in piedi un undici comunque concentrato e voglioso di vittoria. C’è da crescere, ovviamente, ma oggi era veramente importante ottenere i 3 punti.

Simone Indovino

Una serie di (s)fortunati eventi

Alice Dionisi – Oltre il danno, la beffa. La Roma esce sconfitta in casa del Porto nella gara di ritorno degli ottavi di finale di Champions League, ma oltre al dispiacere per la sconfitta c’è anche il fattore infortuni. Daniele De Rossi, autore del gol del momentaneo pareggio, è stato costretto ad uscire dal campo per un problema al polpaccio destro a ridosso dello scadere del primo tempo. In campo al suo posto Lorenzo Pellegrini, anche lui destinato a chiedere la sostituzione a Di Francesco nei supplementari, prima del termine della gara. Si allunga così la lunga lista degli infortuni in casa Roma dall’inizio della stagione. Dopo l’eliminazione dalla Champions è arrivata la conferma da parte della società: esonerato Eusebio Di Francesco, reduce anche dalla sconfitta nel derby. “Vorrei ringraziarlo per l’impegno profuso. Ha sempre lavorato con un atteggiamento professionale e ha messo al primo posto gli interessi del Club rispetto a quelli personali. Gli auguriamo il meglio per la sua carriera” ha commentato il presidente Pallotta tramite il sito del club. Rescissione contrattuale per il ds Monchi: la direzione sportiva verrà affidata a Massara, ma non finiscono qui gli addii in casa Roma. Dopo sette anni, lascia anche il medico sociale Riccardo Del Vescovo, dopo un’animata discussione con Fienga, Baldissoni, Massara e Tempestilli. Con lui anche il capo dei fisioterapisti, Damiano Stefanini. È rivoluzione per la società di Pallotta, dello staff di Eusebio Di Francesco rimane solo il preparatore Franchini. Claudio Ranieri risponde presente alla richiesta d’aiuto del club e accetta di tornare allenare i giallorossi fino al termine della stagione. L’aria di cambiamento potrebbe aiutare la Roma ad ingranare la giusta marcia in campionato e ottenere la qualificazione per la prossima edizione di Champions League. Il tecnico testaccino nel suo (secondo) esordio però dovrà fare i conti con gli infortuni. Nella sfida casalinga contro l’Empoli l’allenatore non avrà a disposizione Under, Manolas, De Rossi e Pellegrini, oltre agli squalificati Fazio, Kolarov e Dzeko. Anche la Roma Primavera è chiamata ad aiutare “i grandi” contro il club toscano: in panchina Semeraro, Cargnelutti, Riccardi, Pezzella e Celar. La voglia di esordire davanti ai proprio tifosi e mettersi in luce con il nuovo tecnico potrebbe essere l’arma in più di Ranieri in questa nuova sfida nella Capitale.

Alice Dionisi

Roma, riecco Ranieri: “Ritorno speciale, chiedo aiuto ai tifosi. Voglio il massimo dai calciatori”

(Keivan Karimi) – Le prime parole di Claudio Ranieri come nuovo allenatore della Roma, in conferenza stampa prima del match contro l’Empoli di domani:

Come sono le sue emozioni e sensazioni oggi, rapportate a quelle di 10 anni fa?

“Le emozioni sono sempre belle, continuo a fare questo lavoro perché mi dà emozione. Quando si cambia società è sempre un qualcosa in più per capire, il ritorno a Roma è sempre qualcosa di speciale, per noi tifosi romani. L’emozione è massima, così come l’ambizione e il sapere che è un momento difficile. Ma sono pronto a lottare”.

Finora ha diretto solo due allenamenti. Che indicazioni ha ricavato? Ha capito dove bisogna intervenire?

“Di allenamento vero ne ho fatto uno soltanto. Eravamo dodici, gli altri stavano recuperando dalle fatiche di Oporto. Oggi sarà un primo allenamento con più giocatori. Parlerò con ognuno di loro, le cose più importanti sono le motivazioni. Io arrivo da fuori, dico che la Champions League è molto vicina. Saranno importantissime le prossime due partite e sarà importantissimo il pubblico, che deve capire che i ragazzi sono in difficoltà e devono sentirsi ben voluti. Da solo non ce la faccio a portare la squadra in Champions League, col pubblico sono più sicuro, con loro tutto può accadere. Da tifoso romanista, chiedo aiuto a me stesso, visto che sono tifoso”.

Come valori tecnici, cosa l’ha colpita di questa squadra? Ritiene che con 55 gol subiti in 32 partite la fase difensiva sia la priorità?

“Mi sembra che abbiamo fatto 49 gol, per cui questa squadra vuoi o non vuoi riesce a segnare. Dobbiamo essere tutti propensi a rientrare velocemente. Ho dato un’occhiata, non l’ho seguita molto perché spesso giocavo in contemporanea. Molti gol sono arrivati con palla persa in fase di costruzione, dobbiamo stare attenti a questo. Se perdi palla e sulla palla che perdi ti fanno gol, il giocatore si sente colpevole. Non va bene, perdi fiducia in te stesso e perdi un tassello della difesa. É importante non perdere palla. Parlerò con i ragazzi e studierò la situazione più idonea”.

Nel secondo anno a Roma si è dimesso. Per crederci, a cosa si può aggrappare?

“Mi aggrappo ai tifosi. La voglia, la motivazione che hanno i giocatori, devono saper reagire e per farlo devono sentirsi amati. È brutto avere paura di giocare in casa, chiedo ai tifosi questo lasciapassare. Stateci vicino”.

C’è una frase con cui riassumere il momento?

“Se me le chiede così, non mi vengono. Sono un istintivo. Quello che sento, dico. Forse sono credibile per questo, esterno quello che penso senza timore. Noi vogliamo vedere la squadra arare il campo, vogliamo vedere gente che sprizza rabbia e determinazione. Questo noi vogliamo noi tifosi, mi devi far vedere che muori sul campo”.

Quando avrà la fortuna di avere tutti i giocatori sarà meglio, ma ci sono tre situazioni particolari. Florenzi è un terzino o un giocatore d’attacco? Zaniolo può giocare sull’esterno? Schick e Dzeko possono convivere?

“Florenzi è un giocatore universale, che può giocare sia dietro che davanti, con caratteristiche uguali. Dipende dalla partita, dall’avversario e dalla situazione tattica. Essendo romano, so quello che sta passando, ogni errore pesa più a lui che ad altri. Deve tirare fuori la romanità, stare petto in fuori, si sbaglia ma c’è un’altra palla da giocare. Zaniolo: so che il vostro rebus è dove deve giocare lui, Schick e Dzeko. Sappiamo bene che il suo ruolo è al centro, deve entrare in possesso di palla. Dipende però, se ho tre Zaniolo al centro devo vedere chi può giocare aperto. A quel giocatore tolgo il 20% a un altro lascio il 100%, scioglierò il dubbio solo parlando con loro e capendo chi può darmi di più sull’esterno. Altrimenti avrò un giocatore al 100% e uno al 50%, se ne ho uno al 100% e uno all’80%, gioco con lui. Dzeko e Schick devono giocare assieme. Ho visto Schick a Oporto con una rabbia… ha una qualità incredibile, è fortissimo, velocissimo, tecnico. Se si sblocca, ed è vicino a farlo, i tifosi si innamoreranno di lui”.

In passato ha rigenerato tanti giocatori, qui c’è Pastore che vive una stagione di grande difficoltà. Che idea ha di lui? Come si può rilanciare?

“Io non l’ho visto, le poche partite che ha giocato non le ho viste. Lo conosco, è un giocatore di una classe sublime. Io ho bisogno di gente che dimostri che vuol fare la differenza, non guardo nome o altro. Devo vedere chi corre, chi lotta e chi si aiuta. Dobbiamo essere squadra, aiutarci tutti. Chi fa questo, ha più probabilità di giocare. Chi si impegna dall’inizio alla fine ha più probabilità di giocare. Parlo di tutti. Devono dare di più, se stiamo in questa situazione è perché non hanno dato quello che hanno dentro. Il perché non mi interessa. Ha pagato Eusebio, ora loro devono rispondere. Io li aiuterò, loro devono aiutare me e ci devono far vedere quello che sanno fare”.

Ha firmato un contratto per 12 partite. Dove si vede lei dal 1° luglio?

“Io mi vedo adesso qui con voi e mi vedo domani sera in panchina. Non vado oltre. Sono abituato a fare passo dopo passo. Un’altra società non l’avrei presa a queste condizioni, se la Roma chiama devo rispondere sì”.

I cambiamenti a Trigoria hanno avuto un impatto sull’umore?

“Non conosco il prima e ora il nuovo. A me tutte queste cose non interessano, non sono bambini. Sono uomini, devono dare il meglio. Con me, con un altro, con tutti. Scuse non ce ne devono essere più, il calcio lo conoscono, se sono stati acquistati e guadagnano quel che guadagnano è perché lo meritano. Voglio una squadra allegra, sorridente, che lotta e non si arrende mai. I problemi restino a casa, li abbiamo tutti”.

Quando ha visto sul display la chiamata qual è stata la prima battuta? Ha sentito Di Francesco? È vero che non ha voluto trattare il contratto?

“Non ricordo cosa mi ha detto Francesco. Mi ha chiesto cosa facessi e dove fossi. E abbiamo continuato a parlare. Non ho sentito Eusebio, capisco l’amarezza, ma ho fatto un tifo spaventoso per lui. Il primo anno e anche adesso, e mi dispiace tantissimo. È un gran professionista e lavoratore, non c’è un allenatore esente da errori. Non ho trattato il contratto, ho perso rispetto a quando sono andato via. Non sono qui per soldi, ma per la maglia”.

Le sembra più difficile rimettere a posto questa squadra o quella che trovò allora?

“Quella di tanti anni fa era una squadra importante, magari che stava sul viale del tramonto, c’erano diversi giocatori che avevano dato tantissimo, sono riuscito a motivarli il primo anno, meno il secondo. Per quello andai via, se non riesco a motivare i miei giocatori me ne vado via. Fatemi sentire la squadra e poi saprò rispondere. Ci vuole l’aiuto del pubblico, ma soprattutto dei giocatori. Chiederò loro tantissimo, sono esigente con me stesso e voglio il massimo da loro”.

Lei non ha posto condizioni, ha detto sì a prescindere. Molti allenatori però escono da questa piazza con le ossa rotte. Come si spiega questa contraddizione? Su cosa bisogna intervenire di più, l’aspetto mentale o tecnico?

“La scelgo per un fatto che tutti sapete. Perché la scelgano gli altri non lo so, posso immaginare che Roma dà emozioni che in altri posti non sono così speciali. A Roma si vive 25 ore al giorno di calcio, ne parlate in tutte le sedi. È una squadra che fa notizia. Negli ultimi anni sta lottando sempre per la Champions League, quindi è una delle migliori. C’è una nuova proprietà che fa del suo meglio, investe un sacco di soldi. Chiaro che a fine stagione debba far quadrare il bilancio. Questo è tutto. L’aspetto mentale è la prima cosa. Ho parlato solo di aspetto mentale, non di caratteristiche tecniche. L’aspetto mentale è la cosa più importante, di volere fortemente un obiettivo. Voglio gente ambiziosa, so che entrare in Champions League non sarà facile, ma non mi arrenderò mai. Incontrerò tante difficoltà, se sono un negativo mi arrendo, se sono un caparbio cerco di aumentare e capire perché, scavalco il problema. Voglio giocatori che non si arrendono”.

Dzeko sta segnando meno rispetto agli ultimi anni. Come se lo spiega? Domani Olsen o Mirante?

“È normale che i bomber abbiano un anno no. Quando facciamo le squadre, andiamo a vedere chi sono i giocatori che fanno gol e che media gol hanno. Anche Batistuta e Pruzzo hanno avuto il loro momento no. Può essere un momento no, ci sono ancora 12 partite. Per il portiere, fatemi vedere l’allenamento”.

Lei più volte ha fatto appello ai tifosi. Una vicinanza maggiore dei tifosi, con l’apertura dei cancelli, potrebbe essere d’aiuto? Dall’Inghilterra ha portato la famosa campanella?

“Qui ci vuole la campana di San Pietro (ride, ndr). Non mi chiedete cose alle quali non so rispondere, ora dobbiamo trovare serenità, rabbia e determinazione”.