(K.Karimi) – Brutta, difensivista, disordinata. Ma anche coraggiosa, grintosa e combattiva. E’ stata un po’ tutto la Roma di stasera a Oporto, nell’ottavo di finale di ritorno di Champions League. Una serata, quella odierna, che resterà nella storia accanto ad altre sciagurate e sventurate gare disputate dai giallorossi nella propria storia.
La squadra di Di Francesco, schierata con un 3-4-3 inedito e poco fluido, preferisce difendersi contro un Porto reattivo e padrone del campo. Per mezz’ora giocano solo i ‘Dragoes’ che dominano e vanno in vantaggio al 25′ su errore di Manolas, che regala la ripartenza ai padroni di casa conclusa in rete da Soares. La reazione giallorossa però c’è e Perotti si guadagna un rigore sacrosanto al 36′, trasformato da capitan De Rossi che ha la freddezza di un leader vero. Ma il 16 romanista deve abbandonare a fine primo tempo la gara per l’ennesima ricaduta muscolare.
Nel secondo tempo troppa poca Roma e tanto Porto: non a caso i portoghesi sfiorano più volte il raddoppio prima di finalizzare con Marega, su perfetto cross da sinistra. I giallorossi reggono l’urto e riescono a trascinarsi verso i supplementari, dove la squadra di Di Francesco ha un monito d’orgoglio: Dzeko per due volte va ad un passo dal 2-2 che darebbe la qualificazione, ma l’imprecisione è di casa.
Protagonista nel finale diventa l’arbitro Cakir ed il VAR: al 117′ minuto viene concesso un rigore al Porto per trattenuto (giusta ma non così palese) di Florenzi a Fernando. Le proteste non fanno cambiare idea e Telles non sbaglia per il 3-1 che manda il Porto ai quarti. La Roma reclama doppiamente, perché poco dopo il VAR non concede il penalty del possibile gol promozione su Schick, nonostante il contatto con Marega sia evidente. Un’uscita forse meritata ma con tanto amaro in bocca, per una Roma che ora alla propria stagione ha davvero poco da dire.