Gianluca Notari – Non sono un granché le condizioni meteo a Cagliari: l’umidità è molto alta, la temperatura invece è bassa e tira un forte vento di maestrale. A Roma, dalle parti di Trigoria, il meteo invece non è un granché ormai da settimane. Mala tempora dicevano i latini, ma non serve certo la lingua dei nostri avi per raccontare una situazione così barbara. Gli spunti negativi che purtroppo regala questa partita sono tanti: le scelte dell’allenatore, gli errori individuali, la mancanza di personalità, l’ennesimo pareggio. Ciò che invece non si è visto dalle parti della Sardinia Arena è stata l’umiltà.
Quella dei giocatori, ad esempio: il Cagliari, sulla carta, è una squadra inferiore alla Roma. Anche il campo ha raccontato che per 70 minuti i capitolini sono di un’altra categoria, ma anche i più giovani dovrebbero aver contezza che le partite ne durano 90, di minuti. Ha quindi poco senso la difesa a metà campo al minuto 95, specialmente se ci sono 6 difensori in campo, e poco senso ha anche la mancanza di coraggio nella gestione della palla quando il campo ti ha dimostrato che sei superiore.
Ma non si tratta di una novità, perché oltre alle gare disastrose con Spal, Chievo, Bologna e Atalanta, sono state le parole dei giocatori, a più riprese, a destare imbarazzo. Come quelle di Dzeko, che qualche settimana fa ha dichiarato che comunque, in qualche modo, la Roma arriverà quarta. O come quelle di Cristante, che ha ripetuto la stessa cosa appena due giorni fa.
Ma c’è un’altra persona che meriterebbe un bagno di umiltà: Eusebio Di Francesco. Dopo la partita, il tecnico ha detto che “Certo, delle colpe le avrà anche il tecnico, ma certi gol non si possono prendere“. La frase di per sé non ha nulla di terribile, si può essere d’accordo o meno. Ciò che fa specie è lo sparare a zero contro la propria squadra: i migliori tecnici hanno spesso utilizzato la propria figura come paravento per il proprio gruppo, tenendo al riparo il gruppo dalle critiche e dalla gogna mediatica. Invece Di Francesco dimostra di pensare solamente a sé, a difendere le proprie idee e la propria immagine, quando un po’ di sana autocritica – e di umiltà – sarebbe evidentemente necessaria. Perché il modo migliore di difendere la propria immagine è quello di vincere le partite. E per quello non servono le parole, tanto meno il latino. Ma i fatti.
Gianluca Notari