Simone Indovino – E’ lo stile Monchi. Che ci piaccia o no, bisogna accettarlo e andare avanti. Un mercato lunatico, se così può essere definito, quello condotto in questi mesi estivi dal direttore sportivo. Una cessione quasi obbligatoria a determinate condizioni, quella di Alisson, e altre due che hanno lasciato ai tifosi un dispiacere piuttosto alto. Nainggolan e Strootman, fino a pochi mesi fa, sarebbero stata la risposta unanime al quesito “Con quali giocatori della Roma andresti in guerra?”.
Se la partenza del Ninja è già stata ampiamente analizzata, e in parte metabolizzata, quella dell’olandese sarà difficile da accettare nel breve tempo. Le valutazioni e la considerazioni sono innumerevoli: vero che dopo le tre operazioni ha sempre faticato un po’ più degli altri, vero che ci sono tanti centrocampisti (più giovani, fattore che per Monchi non guasta) in rosa come Cristante e Pellegrini, vero che forse era questa l’ultima occasione disponibile per tirare su una cifra importante, vero che lui va a guadagnare di più, ma tra il popolo romanista e Strootman c’è qualcosa di speciale. Il centrocampista e i sostenitori giallorossi si sono incontrati la prima volta il 2 settembre 2013. Era un Roma-Verona, la seconda di Garcia sulla panchina capitolina, e Strootman propiziò il primo gol di quel pomeriggio con uno scippo di palla ai danni di un avversario. Era il preludio a quello che sarebbe stato un anno pazzesco sotto l’aspetto del rendimento, arrestato solo da quella maledetta sera di Napoli che, si voglia o meno, ha condizionato la carriera della “Lavatrice”. Tre operazioni, due anni di agonia, e un rientro a giri bassi. “Sembra il cugino dello Strootman del primo anno”, si diceva in giro. In effetti sì, la sua condizione fisica lasciava spesso a desiderare, ma la sua voglia di lottare, quella no, non è mai andata via. Nel dicembre del 2016, la marcatura che spianò la strada nel derby contro la Lazio, sembrava avesse chiuso un cerchio. E lo si capiva dai suoi occhi infuocati, spettatori privilegiati di una corsa sfrenata sotto la Curva Sud. È stato quello l’apice dell’amore tra Strootman e la Roma. Da lì, altre due stagioni di alti e bassi con un’altra notte impossibile da dimenticare, quella di aprile col Barcellona. Se non l’avessero fermato, probabilmente sarebbe entrato in tackle anche sulla compagna che da pochi giorni gli ha regalato la paternità.
Adesso, come le migliori storie che si rispettino, è arrivata una fine. Convinto dall’allenatore che lo fece diventare grande in Italia, Strootman saluta. E bisogna accettarlo, perché la Roma si è comunque mossa in maniera intelligente e la rosa appare adatta per competere su ogni fronte. Anche se, da oggi, per andare in guerra su quel fronte serviranno nuovi adepti, perché i soldati Strootman e Nainggolan non ci sono più.
Simone Indovino