(Keivan Karimi) – Nainggolan, Strootman e soprattutto Alisson. Tra i calciatori ceduti sanguinosamente dalla Roma durante la sessione estiva di mercato c’è anche il portiere che era stato eletto all’unanimità miglior numero 1 giallorosso degli ultimi 20 anni. Il brasiliano, dopo una stagione da top-player alla corte di Di Francesco, ha accettato le lusinghe del Liverpool ed è stato così ceduto per 62,5 milioni più bonus al club inglese, proprio quello che a maggio scorso aveva interrotto bruscamente i sogni di gloria in Champions League della Roma.
Una cessione che probabilmente a Trigoria già avevano preventivato prima dell’estate, perché i procuratori di Alisson avevano cominciato a bussare alla porta del d.s. Monchi per un aumento consistente, almeno da 5 milioni di euro annui. Impossibile per una Roma attenta al Fair Play Finanziario accontentare il proprio numero 1 e dunque l’attesa di un’offerta congrua è stata snervante, quasi patetica.
Monchi ha dunque dovuto cercare in fretta un sostituto di Alisson e, ad inizio agosto, è sbarcato Robin Olsen, portiere svedese classe ’90 visto dopo un Mondiale positivo tra i pali della sua Nazionale. Un estremo difensore esperto ma non brillante, come si è intravisto nelle sue prime due apparizioni in Serie A: da brividi con il Torino, poi ripresosi con alcuni interventi sicuri, insufficiente contro l’Atalanta per un paio di gol subiti e rimasti sul groppone del gigante svedese. Olsen non è paragonabile ad Alisson per un semplice motivo: i due portieri hanno qualità e caratteristiche completamente differenti. Fisico, strutturato e sicuro solo tra i pali lo svedese, mentre il brasiliano era l’emblema del leader difensivo tecnico, abile con i piedi e capace anche di fare il libero d’eccezione.
L’errore di Monchi è di fondo: il direttore sportivo spagnolo, sapendo della difficoltà di trattenere Alisson in estate, avrebbe dovuto agire in anticipo, sondando seriamente il terreno per portieri con caratteristiche più simili al brasiliano. Pensare che la Juventus ha convinto Mattia Perin per 12 milioni di euro a fare il ‘secondo’ rappresenta un grande rammarico per la Roma. Impossibile pensare che la società giallorossa, dopo gli intoriti di UEFA e sponsor e con un brand in netta crescita non potesse ambire ad un numero 1 di maggior livello e qualità rispetto a Olsen, che poco si accomuna con i dettami tattici voluti da Di Francesco.