Calciomercato Roma, ufficiale l’arrivo di Marcano. Svincolato, contratto fino al 2021

Gianluca Notari – Il calciomercato non è ancora ufficialmente iniziato, ma i movimenti tra i club sono già entrati nel vivo. La Roma, sempre molto attiva con il suo direttore sportivo Monchi, ha infatti già ufficializzato Ivan Marcano:Il Club rende noto di aver raggiunto con il difensore un accordo per le prossime tre stagioni sportive con rinnovo automatico, condizionato al verificarsi di determinate situazioni sportive, per un’ulteriore stagione“, si legge sul sito del club capitolino.

Marcano è cresciuto nel Racing Santander, per poi giocare in patria con Getafe e Villarreal. Poi le esperienze all’estero con Olympiakos, con il quale vince due campionati e una Supercoppa di Grecia, poi Rubin Kazan, con il quale ha vinto anche la Supercoppa di Russia, fino all’approdo, nel 2014, al Porto. Qui il centrale classe ’87 diventa presto uno dei leader dei Dragões, arrivando a vincere anche il camponato lusitano nella stagione 2017/2018. L’esperienza in Portogallo si chiude quindi con la bellezza di 157 presenze, di cui 28 in Champions League, mettendo a segno ben 14 reti. “Sono molto felice di essere qui perché la Roma è un grande Società che sta lavorando molto bene, seguendo un progetto sportivo ben definito. Credo inoltre che la filosofia di gioco della squadra si sposi bene con le mie caratteristiche” ha dichiarato Marcano, il quale – salvo sorprese – comporrà insieme a Manolas, Fazio e Juan Jesus un pacchetto di centrali difensivi di assoluta affidabilità. Per lo spagnolo, che arriva da svincolato, un contratto da circa 2 milioni a stagione.

Con l’ingaggio di Marcano arriva un calciatore che arricchirà la rosa della Roma con le sue qualità, le sue doti atletiche e la sua esperienza internazionale. Gli auguro le migliori fortune“. Queste le parole di Monchi rilasciate al sito del club, che mette dunque a segno il secondo colpo di questa sessione di mercato dopo quello di Ante Corìc, centrocampista classe 1997 prelevato dalla Dinamo Zagabria.

Gianluca Notari

Calciomercato, il punto sulla Roma: Talisca e Ziyech obiettivi concreti, Under può partire

Gianluca Notari – Sarà un’estate diversa rispetto a quelle scorse, questo è sicuro. Le nuove partnership con gli sponsor e l’exploit in Champions League porteranno entro il 30 giugno più di 100 milioni nelle casse della Roma, che potrà per la prima volta fare mercato scegliendo di vendere – e non essendo obbligata, come nelle scorse sessioni di mercato. Questo, però, non significa che i giallorossi manterranno tutto il parco giocatori: su di loro verranno fatte delle valutazioni e alcuni verranno ceduti ugualmente. Si è però entrati in un circolo virtuoso, con la Roma in crescita sia sul campo – come dimostrato dalla semifinale di Champions raggiunta – che fuori.

ACQUISTI – Rimanendo sul calciomercato, alcuni nomi in orbita giallorossa sono già stati fatti. Il primo di questi è Anderson Talisca, centrocampista brasiliano che con ogni probabilità a fine stagione verrà riscattato dal Besiktas. Su di lui si è parlato negli ultimi giorni di Liverpool, Manchester United ma anche di Roma. Il mistero si è fatto più fitto qualche giorno fa, quando dalla Turchia sono arrivate indiscrezioni contrastanti: al quotidiano Millyet, Talisca ha dichiarato che preferirebbe, per la prossima stagione, trasferirsi in Premier League. Ma proprio in quelle ore, il portale Fanatik riportava una frase attribuita proprio al centrocampista, il quale avrebbe confidato ad alcuni compagni di squadra di aver accettato la corte di Monchi. Insomma, un vero e proprio mistero che non si risolverà prima di qualche giorno, quando la questione contrattuale del brasiliano – su cui, come detto, il Besiktas potrà esercitare un diritto di acquisto – non verrà finalmente definita.

Altri due nomi che sarebbero finiti sulle scrivanie di Trigoria sarebbero quelli Justin Kluivert e Hakim Ziyech: entrambi giocatori dell’Ajax, i due ricoprono rispettivamente i ruoli di esterno offensivo e trequartista, anche se il marocchino si adatta facilmente anche alle posizioni di ala e interno di centrocampo. Profili diversi, ma entrambi molto interessanti. Per parlare con l’Ajax, la Roma ha messo il mandato in mano a Mino Raiola: il club capitolino vorrebbe offrire 40 milioni complessivi, visto anche il contratto in scadenza di Kluivert, ma la sensazione è che ce ne vorranno almeno una decina in più per chiudere in fretta il duplice colpo.

CESSIONI –  Come detto, la relativa stabilità economica raggiunta dalla Roma non esclude colpi in uscita. Tra i nomi più caldi ci sono quelli di Radja Nainggolan, Cengiz Under e Alessandro Florenzi. L’ex Cagliari è da tempo nel mirino di diversi club europei, ma la squadra disposta a spendere di più sembra essere l’Inter. La stagione del Ninja non è stata positiva come quella precedente con Spalletti, e nell’economia della trattativa un peso specifico potrebbe averlo proprio il tecnico toscano, smanioso di poter allenare nuovamente il belga. Sempre sull’asse Roma-Inter, si è fatto il nome di Alessandro Florenzi. Il vice-capitano giallorosso non ha ancora rinnovato il suo contratto e l’ipotesi di un trasferimento a Milano non sembra così impossibile, anche se la volontà principale è certamente quella di rimanere nella Capitale. Infine, c’è il capitolo dedicato a Cengiz Under: negli ultimi mesi il turco ha giustificato l’investimento estivo fatto da Monchi, attirando su di sé le attenzioni di alcuni top club europei come Atletico Madrid, Arsenal e Chelsea. La valutazione, vista la giovane età dell’attaccante, è di almeno 40 milioni: a queste cifre, Monchi e il suo staff potrebbero seriamente prendere in considerazione la possibilità di privarsene.

Gianluca Notari

Brivido Champions

Lavinia Colasanto – Il 2-1 dell’andata sfavorisce la Roma. Ai giallorossi non è bastato il gol di Under per tornare col sorriso dall’Ucraina, ma la rete del turco si potrebbe rilevare di vitale importanza ai fini della qualificazione. Di Francesco, però, spinge subito sull’acceleratore e si aspetta una squadra aggressiva che prenda di petto la partita.

Anche Florenzi segue Di Francesco scegliendo, inoltre, la via della continuità .La Roma si è dimostrata altalenante, dalla partita d’andata a quella col Torino dove ha giocato soltanto 45 minuti. Per battere lo Shakhtar servirà altro, servirà di più, magari una prestazione in stile San Paolo dove i giallorossi hanno schiantato il Napoli. Raggiungere la qualificazione potrebbe dare un nuovo impulso, non solo alla Roma ma a tutto  l’ambiente. Sarebbe una grande ripresa dopo un periodo negativo che ha estromesso i giallorossi dalla lotta Scudetto. Non si arriverà a quota 50mila spettatori ma la Roma all’Olimpico, almeno in Champions League, è state sempre all’altezza della situazione. Il ruolino di marcia è da grande squadra, 2 vittorie ed un pareggio nella fase a gironi. Anche senza il pubblico delle grandi occasioni il tecnico non dispera.

Lavinia Colasanto

De Rossi riavvolge il nastro di questa stagione: “Roma-Liverpool la fine di un sogno”

Gianluca Notari – Un anno sportivo da ricordare in ogni caso, anche se il finale è stato diverso da quello in cui i tifosi, ad un certo punto, hanno davvero sperato. A riavvolgere il nastro di questa stagione è stato il capitano della Roma, Daniele De Rossi, ai microfoni di Roma Tv. Quella del numero sedici al canale ufficiale del club di Trigoria è un’intervista sincera, fatta di parole e frasi che lasciano alle orecchie di chi ascolta un senso di malinconia, figlio dell’ennesima stagione che poteva essere ma che invece, come ormai da troppi anni accade, non è stata. Ma questa, rispetto a quelle scorse, è stata un’annata uguale nella forma ma diversa nel contenuto. A confermarlo è proprio De Rossi: “Siamo contenti della nostra stagione, ma continuo a non dormirci la notte, perché potevamo fare qualcosa di più. Fa male. Posso avere paura che non mi ricapiti più“. Eh sì, perché se ti chiamo AS Roma una stagione in cui raggiungi una semifinale di Champions League non te la scordi tanto facilmente.

L’anno era però partito molto tempo prima: “Lo scorso 28 maggio, il giorno dopo l’addio al calcio di Totti. E’ iniziata una nuova vita, per Francesco ma anche per i romanisti. Non vederlo più in campo con la fascia è scioccante per i tifosi ma anche per noi. La prima stagione senza di lui in campo è stata complicata. Sono contento che sia andata molto bene come risultati e atmosfera, perché non era facile togliere un simbolo così grande a tanta gente e riuscire a ricreare questo entusiasmo senza lui in campo a deliziarci“.

L’intervista del centrocampista di Ostia prosegue, soffermandosi sulla partita chiave della stagione, Roma-Barcellona: “I tifosi alla partita con il Barça non erano venuti per fare le foto a Messi ma erano consapevoli che potessimo farcela, loro più di noi. E’ stato un crescendo di intenti tra noi e loro, deve essere un amore così. La forza di questa squadra è il gruppo, i giocatori che magari non sono stati protagonisti, ma che guardandoli in faccia capiamo quanto hanno voluto questo passaggio del turno, questo sogno. Sapevamo che ci voleva un miracolo“. Tanta amarezza, invece, per il mancato passaggio del turno contro il Liverpool, che avrebbe significato arrivare alla finale di Kiev: “La fine di un sogno. Ci siamo andati vicino, facendo una grande partita. Se avessimo fatto il 3-2 sul rigore con espulsione per loro… Chi lo sa come sarebbe finita“.

La Roma, e De Rossi lo sa, dovrà adesso ripartire da questo punto: “Andiamo avanti su quello che abbiamo creato. Spero che sia un futuro immediato, perché non mi resta tanto. Ma può essere la base per i prossimi 10 anni“. Il capitano non si pone limiti e, nel racconto dell’anno che è stato, si sofferma anche su Juve-Roma, uno dei turning-point della stagione giallorossa: “Hanno una potenza societaria ed economica che li rende quasi imbattibili, almeno per ora. Puntiamo a farlo. Potevamo tranquillamente pareggiarla quella partita, ma loro hanno questa concentrazione e attenzione da cui noi dobbiamo imparare. Forse è solo quella che ci manca. L’obiettivo è continuare a giocare come quest’anno, la prossima stagione ci conosceremo meglio e perderemo meno punti per strada. Vogliamo dargli fastidio fino alla fine del campionato, magari togliendogli lo scudetto dal petto“.
Come detto, anche questa stagione è stata l’ennesimo grande ‘poteva essere‘. I giallorossi terminano con zero titoli, qualche rimpianto e alcune certezze. Una su tutte: quest’anno deve essere un punto di partenza per la Roma che sarà. Da qui, non si torna più indietro: firmato, Daniele De Rossi.

Gianluca Notari

A San Siro in scena l’addio al calcio di Pirlo. Totti e De Rossi per la prima volta avversari, applausi e due assist per il numero 10

Simone Indovino – Un anno dopo l’addio al calcio di Francesco Totti, è adesso il turno di Andrea Pirlo. Un altro campione del mondo protagonista del Mondiale in Germania di 12 anni fa decide di appendere gli scarpini al chiodo, dopo l’esperienza negli Stati Uniti. San Siro è il teatro della gara organizzata dal centrocampista, che ha raccolto campioni di vecchia data ma anche attuali. Totti, De Rossi e Perrotta i rappresentanti principali per quanto riguarda la Roma, con l’ex capitano giallorosso che ha ricevuto l’applauso di tutto lo stadio e ha fornito ben due assist in 45 minuti (7-7 il risultato finale della gara). Inoltre per la prima volta si trovava di fronte un volto amico come quello di De Rossi. Presenti anche Ronaldo “Il Fenomeno”, ShevchenkoMaldini e Frank Lampard.
Francesco Totti e Daniele De Rossi sono entrati in campo all’inizio del secondo tempo di gioco, dopo essersi scaldati durante l’intervallo, con lo storico numero 10 giallorosso che ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni di Sky. Queste le sue parole:

“Pirlo? È un maestro. Andrea è uno dei giocatori più forti che c’è in circolazione, va rispettato, la gente ha capito quello che ha fatto. La nazionale del 2006? Di campioni stasera ce ne sono parecchi, dove ti giri ci sono fenomeni. Una serata fantastica. Se mi ha chiesto qualcosa sul ritiro? Non mi ha chiesto nulla, anche perché l’unica cosa che si sa è che prima o poi la fine arriva. Serenità? Atmosfera fantastica, Andrea se lo merita”.

Simone Indovino

Premio Bearzot, Di Francesco: “Vincere vuol dire anche cambiare mentalità”

Simone Burioni – Come ogni anno, alla fine della stagione sportiva viene assegnato il ‘Premio Bearzot‘, riconoscimento promosso da US Acli in collaborazione con la Figc. Quest’anno, il premio è stato assegnato all’allenatore della Roma Eusebio Di Francesco, presente oggi al Salone d’Onore del Coni; assieme a lui, il direttore generale della squadra giallorossa, Mauro Baldissoni. Oltre a loro, presenti numerosi volti noti dello sport, come il numero 1 della Figc, Roberto Fabbricini, il presidente del CONI Giovanni Malagò, Giancarlo Abete, Ubaldo Righetti, il presidente dell’AIA Marcello Nicchi ed il presidente dell’Aiac Renzo Ulivieri. Oltre al ‘Premio Bearzot‘, sarà presentato per la prima volta anche il premio dedicato a Stefano Farina, l’arbitro scomparso nel maggio del 2017. A ritirarlo, come miglior arbitro emergente, Fabio Maresca.

LIVE 

Ore 13:40 – Prima lasciare il Salone d’Onore del Coni Di Francesco si scatta della foto con i bambini presenti.

Ore 13:15 – Bel gesto di Di Francesco. L’allenatore della Roma infatti dona l’assegno ricevuto al Bambin Gesù. Queste le sue parole:

Ho scelto il Bambin Gesù di Palidoro per devolvere l’assegno. Al di là che ci sono stati pochi giorni fa, ed è stata una bellissima esperienza. E’ un vero piacere aiutare il Bambin Gesù che rappresenta un fiore all’occhiello della nostra città. Ringrazio un po’ tutti senza citare nessuno in particolare perché non mi piace indicare. Dico solo che nel calcio esiste la squadra e non il singolo“.

Ore 12:45 – Eusebio Di Francesco riceve il Premio Bearzot. Queste le sue parole:

C’è stato un po’ di scetticismo all’inizio?
Sì l’ho avvertito è normale ma fa parte del gioco: la capacità, l’equilibrio, rimanere sereni e consapevoli di quali sono le proprie capacità, i propri mezzi e cercare di trasferire in un ambiente, ed in particolar modo in una squadra, il tuo pensiero che non è solo di calcio, perché oggi abbiamo parlato anche di uomini. E credo che questo premio, al di là dell’aspetto tecnico, credo che in Italia ci siano tanti grandi allenatori: la nostra forza deve essere quella di mantenere costantemente in un gruppo una mentalità, un modo di fare ed una serietà che alla lunga ci porta ad avere risultati importanti. Dico che alla fine non si è vinto niente, ma da mio punto di vista vincere non è solo portare a casa dei trofei ma già riuscire a cambiare un qualcosa all’interno di un contesto, deve essere un piccolo successo che poi, un domani, mi auguro possa venire anche in campo.

Che voti dai alla Roma in campionato e in Europa?
In Europa straordinario anche se quando si arriva in semifinale l’ambizione quella di ambire a qualcosa di più importante. Non dico che c’è mancato qualcosina, ma specialmente quella mezz’ora di Liverpool ci ha tolto quella grande soddisfazione che avremmo potuto avere. Abbiamo dimostrato di poter competere e di poter battere anche il Liverpool. Questo dispiace, anche se i ragazzi, anzi tutti abbiamo cercato di dare il nostro meglio e abbiamo trascinando un ambiente, creando un entusiasmo che ancora mi vengono i brividi a rivedere le immagini. Sarebbe stato bello stare a Kiev, avrei voluto prendere questo premio prima di andare a Kiev. Nel campionato abbiamo avuto momenti di difficoltà, ma dico sempre che a me non piace guardarmi indietro e che bisogna guardare avanti, e dico che anche nei momenti di difficoltà c’è una crescita, e vale per me, per i miei ragazzi e vale per l’ambiente che tengo a tutelare principalmente che è Trigoria.

Visto che lì è presente anche Baldissoni, avete fissato l’appuntamento per rinnovare il contratto?
E’ l’ultimo dei problemi per quanto mi riguarda anche se sono convinto che troveremo con grandissima facilità un accordo. Nello stesso tempo ho ancora un altro anno di contratto. Non ne abbiamo neanche parlato, lo può confermare anche il direttore, quello che è importante è capire cosa dobbiamo fare per migliorarci per il bene della Roma, che non è solo il campo, ma cercare di cresce e migliorare insieme. Questo è l’obiettivo. Per il contratto vedremo più avanti.

Interviene Baldissoni: “Con Eusebio parliamo di cose molto più importanti del suo contratto, parliamo di cosa occorre fare per continuare a crescere e abbiamo idee molto analoghe. Visto che ne parliamo insieme è scontato che vogliamo continuare insieme”.

A Baldissoni: Tutte le squadre italiane devono crescere, altrimenti la Juve vincerà lo scudetto per altri 20 anni…
Tutto il calcio italiano dovrebbe crescere. C’è tanto da fare per riportare il calcio italiano dove deve stare, più avanti di altre leghe europee. Per quanto ci riguarda, il percorso iniziato – che non è solo quello in campo ma è anche quello fuori – è chiaro ed evidente, puntiamo al mondo, ad un calcio globale, sia per quanto riguarda i calciatori sia attirare partner pubblicitari che consentono poi di poter mettere in campo i calciatori migliori che sono quelli che fanno divertire la gente. Noi continueremo a farlo, sperando di riuscirci sempre meglio e siamo convinti di continuare con Eusebio. Il percorso fatto in Europa è quello che ha dato più luce e risalto alla squadra e alla società. In certi contesti bisogna presentarsi sapendo di essere protagonisti, indipendentemente da quelle che sono le differenze di potenzialità e le aspettative. L’atteggiamento dimostrato dalla squadra è quello che ha consentito di arrivare in semifinale, ed il primo merito è del nostro allenatore.

Che significa allenare la Roma?
Sicuramente è un motivo di grande orgoglio, si fa questo lavoro per cercare di ambire a qualcosa di importante. Il mio desiderio principale era quello di poter allenare la Roma, ci sono riuscito, ora devo essere bravo a tenermi il posto.

Rispetto all’esperienza che ha avuto a Roma da calciatore, ha trovato cambiato l’ambiente romano da quando era giocatore? Ed il gap che dovete colmare, riguarda più la mentalità o è più un aspetto tecnico, tattico e di giocatori?
Il gap è sicuramente un po’ per tutte e due le cose. La mentalità è una cosa che oggi coltivi e poi abbandoni, si costruisce con la continuità. Parlavamo prima di gesti tecnici: la ripetitività di ciò che si fa è fondamentale. Essere inchiodati ad un pensiero ed il riportarlo costantemente e quotidianamente è fondamentale. E’ come a casa con i figli, che si dimenticano ciò che tu hai provato ad insegnare e portare come mentalità. Allora avere un comportamento importante e ricreare un senso di appartenenza con i tifosi, che secondo me poteva essere un po’ svanito. Invece ricreare questo sentimento con i tifosi e avvicinarsi a loro – perché il tifoso vive del contatto con i propri idoli. Magari prima esisteva con maggiore facilità, adesso diventa una cosa un po’ rara. Per quello invito sempre i miei ragazzi a condividere con la gente anche una fotografia perché devono essere solo felici di farla, perché un domani quando non glie la chiederanno più sarà il problema più grande.

Lei per chi avrebbe votato?
Sicuramente Inzaghi, anche se è la sua squadra è la prima avversaria della Roma, ha fatto un grande lavoro. Al di là dell’aspetto tecnico, penso sia stato bravissimo nella gestione del gruppo. Principalmente perché io vengo, tra virgolette, da una squadra di provincia e quindi da esperienze differenti, che sono secondo me fondamentali e formativi per poi gestire al meglio un gruppo e un ambiente. Credo che abbia fatto un grandissimo lavoro e lo metto insieme a Giampiero Gasperini che è stato eccezionale con l’Atalanta per quello che ha fatto e per quello che ha portato in Europa. Si avvicina alla nostra mentalità aggressiva, al desiderio fare la partita, al desiderio di essere aggressivi, di non essere attendisti: quello è un po’ il mio calcio, a me non piace vedere le squadre che stanno in attesa o di prenderle o di darle. Mi piace andare a fare le partite e questo lo rivedo in alcuni allenatori che hanno questa mentalità.

Di Francesco commenta un video con i complimenti degli altri allenatori…
In Italia ci sono ottimi allenatori, ognuno cerca di esprimere un pensiero di calcio. In Italia ci sono tantissimi tifosi-allenatori che scelgono il loro beniamino ma ogni tecnico deve avere il proprio pensiero.

Fai più complimenti a Allegri o Sarri?
Allegri ha fatto qualcosa di straordinario, perché non è mai facile vincere in maniera così consecutiva, dominare e arrivare in finale, meritando secondo me anche la semifinale di Champions per come era andata la gara contro il Real Madrid. Per quello ha fatto un percorso straordinario, con un pensiero ed un modo di vedere il calcio diverso da Sarri. Io mi avvicino un pochino più a Sarri nel modo di mettere la squadra in campo e ad Allegri nella gestione del gruppo. Non posso giudicare quello che fanno loro all’interno, ma ritengo che sia molto importante. Sono due grandissimi allenatori, con qualità differenti.

Qual è la chiave di volta per essere testimoni di coraggio, caparbietà e tenacia, valori per i quali è stato premiato?
Io credo che sul coraggio, quelli che sono gli allenatori, gli educatori, quelli che sono i miei colleghi, hanno tolto un po’ il desiderio dell’1 contro 1, del dribblare e infondere in ogni calciatore il desiderio di superare l’avversario. Credo che questo tipo di calciatore faccia la differenza. La mentalità, al di là delle qualità tecniche – perché là dove vedi la forza, la capacità ed il coraggio di superare un avversario -, la dobbiamo infondere noi ai ragazzi, anche quando sbagliano. Perché la forza è quella di saper far capire principalmente quando, come e perché una cosa la si fa, ma nello stesso tempo devono aver la forza di saper sbagliare. Quando si fanno vedere le partite ai ragazzini io sto due minuti e me ne vado.

Perché?
Perché prima di tutto, il primo pensiero che c’è quando un ragazzo cerca di dribblare uno e perde palla viene subito richiamato dicendogli di buttare la palla. Questo non è coraggio, è paura. Questo non è il desiderio di incitare un ragazzo a cercare di migliorare o a riprovare un qualcosa di importante. Io dico sempre ai ragazzi di osare, questo è fondamentale. Allo stesso tempo la caparbietà, il desiderio di migliorarsi giorno dopo giorno, credere nei propri mezzi, cercare il lavoro duramente è fondamentale. Quello che mi dà fastidio nei ragazzini è che quando prendi un impegno, anche se è quello di giocare nell’oratorio, lo devi fare al massimo. Qualsiasi cosa faccio devo farla al meglio di me stesso, mentre spesso i ragazzini li vedi arrivare al campo per perdere un’ora di tempo perché non hanno voglia di stare a casa. Noi invece dobbiamo dare loro il valore dello sport, a tutti i livelli. Non significa solo a livello professionistico. La tenacia è quella di non mollare mai, e si lega anche a queste cose: nelle difficoltà bisogna saper combattere, passare attraverso momenti difficili, anche attraverso il sostegno della propria squadra e del proprio tecnico per cercare di poter arrivare ad ogni obiettivo, che significa prima di tutto crescita.

Come si fa ad essere un bravo educatore con i grandi campioni?
Mi ricollego innanzitutto al premio Bearzot e tenevo a dire che sono molto orgoglioso di riceverlo, perché Enzo Bearzot è uno dei miei ricordi adolescenziali. Avevo 13 anni e vedevo l’Italia nell’82, ed il primo pensiero che avevo – per l’entusiasmo che creava in me vedere le partite, vedere le vittorie – erano l’entusiasmo e la serenità con cui le viveva Eno Bearzot, la serietà ed il modo in cui lo trasmetteva ai calciatori, ce l’ho ancore in testa ed è tutt’ora per me di grande insegnamento. Il desiderio è quello di arrotolare una pallina di carta ed andare a lavorare fuori con gli amici, e questo è uno dei ricordi più belli, che si lega credo anche a questo premio, in ricordo di un grandissimo allenatore che ci ha fatto vivere delle notti straordinarie. Alla base c’è la famiglia e ci sono valori importanti che cerchi di trasmettere all’interno di una squadra e a te stesso. A volte ci metti un po’ più di tempo, a volte non riesci ad entrare, ma quando hai la tenacia, la forza, il desiderio e davanti ti trovi la disponibilità dei ragazzi sono convinto che alla lunga queste cose le riesci a trasmettere.

Sei stato prima team manager, poi direttore sportivo. Adesso che sei diventato allenatore sei diventato un po’ matto?
Ogni tanto bisogna diventarci, te lo assicuro, per cercare di spostare gli equilibri. Dipende un po’ dal contesto. Ho trovato il mio percorso, che è quello che dico sempre ai ragazzi. Nella vita poi si arriva sempre a cecare quello che si vuole. Quando ci si guarda sempre intorno si capisce dove si deve andare. Tornando alla famiglia, mio padre mi diceva sempre “Vai a giocare fuori, perché se rimani qui ti metto a lavorare”, perché noi avevamo un’attività. Così sono andato a giocare ad Empoli. E anche quando ho smesso mi ha sempre detto di prendere il patentino da allenatore: io gli dicevo “Sei matto?”, ma sono tutto un insieme di cose che alla lunga, con le persone giuste, al posto giusto e al momento giusto, possono essere di grande aiuto.

Alisson resta?
Sì, giusto.

Un pensiero su Mancini?
Sicuramente è lui a dover dare consigli a me per l’esperienza che ha. Credo che sia la scelta giusta e credo che la scelta sia stata di cuore che è la cosa più importante. Il consiglio lo do alla gente: basta guardare indietro, bisogna guardare avanti.

Ore 12:35 – Sale sul palco il presidente dell’Aiac Renzo Ulivieri. Queste le sue parole:

Di Francesco, al di là delle scelte tecniche, si è trovato nella condizione di dover fare delle scelte di gestione. Eusebio ha tutta una storia dietro e credo che la scelta sia finita sull’uomo giusto quest’anno“.

Ore 12:30 – Prende la parola il numero uno della Figc Roberto Fabbricini. Queste le sue parole su DI Francesco:

Eusebio Di Francesco ha lavorato da una panchina di provincia ad una panchina molto importante. Ha fatto molto bene, ha fatto un percorso splendido in Europa e ha dimostrato delle qualità come tecnico. Ha una grande capacità di assemblare bene gli aspetti offensivi e difensivi della squadra. Anche la Roma mi ha molto divertito. Il premio ad Eusebio è stato dato con quasi l’unanimità“.

Ore 11:50 – Presso il Salone d’Onore del Coni arrivano Eusebio Di Francesco e Mauro Baldissoni, rispettivamente allenatore e direttore generale della Roma.

Simone Burioni

Sassuolo-Roma 0-1: le pagelle. Gollonzo di Manolas ed è terzo posto. Skorupski non fa rimpiangere Alisson

Simone Indovino Basta un gol fortunoso di Manolas, al tabellino autogol di Pegolo, per decretare definitivamente il terzo posto in classifica. Il campionato si conclude nel migliore nei modi, con un successo di misura così come era iniziato a Bergamo, e con la consapevolezza di aver raggiunto una certa maturità mentale. Il piazzamento nel gradino più basso del podio garantisce prestigio rispetto le concorrenti e più disponibilità economica. Monchi e Di Francesco dovranno adesso concordare nelle mosse da operare, per rendere più forte questa squadra che possiede già un’ossatura non indifferente.

ROMA

Skorupski 7 – Ha dimostrato che Alisson si sarebbe potuto anche prendere qualche domenica di riposo. Se i 3 punti sono in saccoccia molto si deve al polacco, che si dimostra un felino quando chiamato in causa, anche a gioco fermo.

Florenzi 6 – Partita attenta da parte del romano, che non si sbilancia troppo in avanti per contenere le avanzate offensive. In particolare da rimarcare una sua splendida diagonale su Berardi che salva momentaneamente il risultato.

Manolas 6.5 – È il match winner di stasera, seppur con molta, molta fortuna. In inedita posizione spara un siluro che mette in difficoltà Pegolo regalando il vantaggio giallorosso. In difesa sfodera una partita sicuramente più positiva rispetto quella del compagno di reparto.

Fazio 5.5 – In confusione, è spesso messo in difficoltà dalle doti atletiche di Politano. Poco preciso anche in fase di impostazione, in cui regala troppi palloni agli avversari mettendoli in condizione di ripartire.

Kolarov 6.5 – Gara quasi anonima, se non fosse per quell’intervento stratosferico in tackle su Babacar che mantiene il vantaggio della Roma, un po’ in stile Cagliari.

Gonalons 6.5 – Conferma il crescendo delle ultime partite, dimostrandosi ancora una volta attento in fase di possesso, manovrando la sfera con diligenza .

Strootman 6 – 90 minuti di alti e bassi per l’olandese, che alla fine partorisce un’onesta prestazione. Buona la gestione della palla, con l’onore della fascia al braccio nel finale.

Pellegrini 6.5 – Partita più che positiva da parte del centrocampista, che svaria con potenza atletica lungo tutta la zona in mezzo al campo non disdegnando qualche pericoloso inserimento tra le linee.

Perotti 6 – Al rientro dopo diverse settimane di stop causa infortunio era difficile aspettarsi di più dalla sua prestazione. Mostra tuttavia alcune serpentine tipiche del suo gioco che mettono in apprensione la corsia di destra del Sassuolo. Come di consueto, scarsa la cattiveria in possibili fasi di realizzazione.

Schick 6 – A conti fatti l’unica altra occasione in favore della Roma, gol e tiro di Dzeko a parte, porta la sua firma. Una bella serpentina conclusa con una staffilata di destro che accarezza il palo. Per il resto, nulla di particolarmente brillante, nella speranza che il prossimo anno possa essere per lui diverso.

Dzeko 6 – Primo tempo sicuramente più vivace rispetto al secondo, in cui si muove tanto sul fronte offensivo e impegna anche Pegolo in almeno due occasioni, di cui una clamorosa allo scadere. Col passare dei minuti si rilassa, anche comprensibilmente, come il resto della squadra.

El Shaarawy s.v. – Pochi giri d’orologio a disposizione del Faraone.

Capradossi s.v. – Nell’inedita posizione di terzino destro, Di Francesco gli regala gli ultimi scampoli di questa stagione.

Gerson s.v. – Passerella finale anche per lui.

Di Francesco 7 – Obiettivo raggiunto e in maniera convincente. Un terzo posto che regala fiducia a lui e alla sua squadra e consente di progettare al meglio la stagione che verrà, con quasi la necessità di dover lottare per qualcosa di più ambizioso in campionato e insidiare le due squadre di testa.

Simone Indovino

Il Cagliari ci prova, ma Cengiz continua a segnare

Lavinia Colasanto – Il massimo risultato col minimo sforzo. La Roma batte il Cagliari per 1-0 e blinda la qualificazione alla prossima Champions League conquistando il terzo posto in solitaria. Per i giallorossi era la partita più difficile dell’anno, tante defezioni, ultima quella di Manolas nel riscaldamento con esordio in Serie A per Capradossi, e coi sardi assetati di punti salvezza.

Per Di Francesco c’è il doppio play davanti alla difesa Gonalons-De Rossi, mossa che viene bocciata dopo pochi minuti con la squadra che viene sistemata col 4-3-3 e il francese nel ruolo di mezzala. I ragazzi si trovano subito a meraviglia, soprattutto Under che, con un colpo da biliardo in buca d’angolo, trova il gol che poi deciderà la partita. Il tocco del turco è sublime, la palla bacia il palo come il boccino bacia la sponda prima di insaccarsi. E’ l’ottavo gol in stagione, il settimo in Serie A da quando l’aeroplanino Cengiz ha cominciato a volare.

La partita è in discesa ma la fame del Cagliari non si arresta con la squadra di Lopez che attacca a testa bassa anche se non crea grossi pericoli dalla parte di Alisson. Anzi, il portiere brasiliano viene impensierito da Bruno Peres che, per anticipare Pavoletti, la stava per buttare nella propria porta. Il guizzo del numero uno è da fantascienza dimostrando, ancora una volta, di essere uno dei migliori al mondo.

Nella ripresa la stanchezza della partita contro il Liverpool si fa sentire pesantemente e i padroni di casa provano ad azzannare la Roma con delle imbucate. Ballerina la difesa giallorossa che lascia delle praterie a Farias che spreca clamorosamente due ripartenze. Nel finale, invece, è Sau ad andare contro il muro di Alisson che col suo corpo copre splendidamente tutto lo specchio della porta.

Le sofferenze per la Roma finiscono al 96’ quando Di Bello manda tutti negli spogliatoi. Una vittoria sporca l’ha definita Di Francesco, una vittoria che ha visto protagonisti i senatori. Strepitoso Fazio, un gigante De Rossi, incredibile Dzeko che ha combattuto da solo contro la difesa rossoblù. Tre punti pesanti a cui ne andrà aggiunto uno nelle prossime due partite per qualificarsi matematicamente alla prossima Champions League.

Lavinia Colasanto

Finalmente Patrick Schick

Lavinia Colasanto – Il primo grande caldo, la prima partita per Silva e un primo gol in campionato: quello di Patrik Schick. Finalmente lui dopo otto mesi di Serie A. Vince la Roma contro la SPAL per 3-0 approcciandosi alla perfezione al match contro il Liverpool di Champions League.

L’attaccante ha giocato al posto di Edin Dzeko che si è riposato, così come Florenzi, Kolarov e De Rossi in vista della partita di domani sera. Durante la trasferta di Ferrara hanno tirato il fiato anche Nainggolan e Strootman mentre Under e Perotti hanno messo benzina nelle gambe. Parlavamo di Schick e allora come non sottolineare la sua voglia di fare bene. Una deliziosa palla, con scavetto, per El Shaarawy che ha sprecato malamente davanti a Meret. Quel piede malandrino per cercare la palla dopo la bomba di Nainggolan che ha chiuso la partita ed infine il colpo di testa con tutta la rabbia che aveva in corpo per dire: “Eccomi, ci sono anche io”. Il sorriso è quello bello dei giorni migliori, un sorriso che con il passare dei mesi aveva perso fino a farlo diventare un muso. Ora Patrik è felice e Di Francesco sa di aver trovato una pedina fondamentale per il futuro.

Di importanza capitale anche la forma fisica di Strootman. L’olandese in questo periodo sta volando e contro la SPAL è sembrato veramente l’uomo in più del centrocampo della Roma. Con un inserimento alla vecchia maniera ha causato l’autogol di Vicari ma lui c’era con lo spirito di chi non voleva assolutamente fallire la partita.

Alla festa si è iscritto anche Nainggolan che, dopo aver fallito una clamorosa occasione nel primo tempo, si è rifatto nella ripresa con una botta delle sue. Staffilata perfetta, con impercettibile tocco di Schick, e palla all’angolino.

Non è tutto rose e fiori perché alla Roma va fatta ancora una volta una tirata d’orecchie. I gol sbagliati davanti alla porta avversaria continuano ad essere troppi: da El Shaarawy a Pellegrini. Leggerezze che contro il Liverpool non ci dovranno essere perché servirà la Roma vista contro il Barcellona, una Roma perfetta e cinica.

Lavinia Colasanto

Arrivederci Olimpico, ci vediamo tra tre mesi

Margherita Bellecca – Per la stagione 2017/2018 l’Olimpico, sponda Roma, chiude i battenti. La partita contro la Juventus termina per 0-0 regalando il settimo scudetto consecutivo ai bianconeri e sigillando il terzo posto dei giallorossi. Ormai manca un punto per la certezza matematica. Oltre 50mila spettatori a fare una cornice ad un match combattuto soltanto nel primo tempo.

Ci hanno provato i ragazzi di Eusebio Di Francesco che sono stati molto aggressivi a centrocampo recuperando diversi palloni. Infatti le azioni più pericolose sono nate da intercetti. Splendido quello di Pellegrini su Matuidi, ma l’italiano perde un tempo di gioco prima di servire Dzeko che, in difficoltà, tira di sinistro non inquadrando la porta. Di forza e grinta quello di Nainggolan su Pjanic fischiatissimo dal pubblico. Il belga, accompagnato dal solito Dzeko, si fa ingolosire dal segnare alla squadra che odia maggiormente e finisce per essere egoista tirando male. Le manovre della Roma nascono anche dalla difesa, attenta e sempre precisa su Dybala ed Higuain. E’ proprio un altro recupero a 90 metri dalla porta di Szczesny ad innescare l’incredibile velocità di Under. Il tiro del turco è respinto, poi in seconda battuta ci prova Pellegrini, nome sul taccuino di Marotta, ma ancora una volta la porta non viene nemmeno sfiorata.

Pochi sussulti nel secondo tempo e qualche mugugno da parte degli spettatori. E’ l’ennesima palla recuperata dalla Roma a mettere paura alla Juventus con Kolarov che scarica di sinistro trovando la difesa bianconera alla respinta. Sarà quello l’ultimo tiro dei giallorossi perché poco dopo arriva il canto del cigno della partita, il cartellino rosso per Nainggolan dopo aver rimediato due gialli nel giro di 4 minuti. La stagione del belga finisce così. Da lì in poi la Juventus fa melina, la Roma non pressa e la partita finisce con 20 minuti di anticipo con le due squadre a far festa al triplice fischio, la Juventus sotto lo spicchio del settore ospiti, la Roma col suo grandissimo pubblico che l’ha sostenuta per un anno intero. Arrivederci Olimpico, ci vediamo tra tre mesi.

 

Margherita Bellecca