Luca Fantoni – Questa è la partita. Sembrava che non ci sarebbe stata altra occasione per vendicarsi, eppure la vita ti offre sempre una possibilità di redenzione. Quella della Roma è arrivata. Sono passati 34 anni. I telefoni cellulari sono entrati nelle nostre vite, la Germania non è più divisa in due, Freddy Mercury ha consegnato alla storia della musica un brano come “The Show Must go on”. L’epicentro del calcio mondiale è tornato dalle parti di Madrid e Barcellona, il Liverpool ha vinto un’altra Champions League mentre la Roma si è dovuta accontentare di uno scudetto. È cambiato tutto, ma quella macchia è sempre rimasta nella vita di tutti i tifosi giallorossi. Niente si può avvicinare a quella delusione: né il rigore sbagliato da Baggio nel caldo torrido di Pasadena, né quel suicidio sportivo al via del Mare di Lecce nel 1986 e nemmeno la finale di Coppa Italia. Qui stiamo parlando della Coppa dei Campioni, un treno che, per una squadra come la Roma, passa una volta ogni 50 anni, forse due. Questa è la vera possibilità di vendetta, non come quelle dei primi anni 2000 dove si giocava in Coppa Uefa oppure nei gironi di Champions, questa è una semifinale.
IO C’ERO – Non capita tutti i giorni di giocare certe partite. Se si guarda al passato i presupposti sono tutt’altro che benauguranti. Dopo quella triste notte infatti, Roma e Liverpool si sono affrontate altre 4 volte e il risultato ha sempre sorriso agli inglesi. Solo una volta i giallorossi riuscirono ad imporsi ma fu inutile ai fini della qualificazione. Ci riuscirono ad Anfield Road, nella casa del nemico. L’Olimpico invece è rimasto stregato, come se quella notte si fosse creata una sorta di nube che, ogni volta che i Reds arrivano nella capitale, scende a coprire gli occhi dei giocatori romanisti, togliendo loro ogni possibilità di sognare. Questa è la premessa, ma effettivamente è difficile spiegare a parole il significato della partita di martedì. Sono molto più comunicanti le facce di chi quel match l’ha visto, dallo stadio o da casa. Qualcuno dice che il giorno dopo sia stato il più silenzioso che Roma abbia mai visto. È arrivato il momento di tornare a farla cantare e che coloro che erano allo stadio quel 30 maggio 1984 possano dire “Io c’ero”, stavolta per una serata memorabile.
TRA MERSEY E TEVERE – Non credere ma sperare. Bisogna farlo perché quest’anno la Roma ha regalato emozioni inaspettate. Questa stagione è l’ossimoro per eccellenza della tipica annata da romanisti. Normalmente Bruno Peres non avrebbe mai salvato quel gol sulla linea, la palla sarebbe finita in porta. Normalmente Facundo Ferreyrasarebbe arrivato su quell’ultimo cross e ci avrebbe buttato fuori, normalmente il Barçasarebbe venuto all’Olimpico, avrebbe fatto due gol, e ci avrebbe fatto tornare a casa con la consapevolezza che le cose non sarebbero mai cambiate. Eppure questa Champions League di normale non ha niente. Quello che è successo allo Stadio Olimpico contro il Barcellona esula da ogni possibile logica e ti obbliga a sperare. Ora il prossimo ostacolo si chiama Liverpool e l’ultimo atto sarà proprio in quello che è stato il teatro della più grande gioia e della più grande delusione europea. Bisogna sperare perché alla fine il Mersey è solamente un Tevere con il nome un po’ più fighetto, Anfield Road è solo un Olimpico che canta meno, e in campo si parte sempre dallo 0-0. “Here comes the sun” cantavano i Beatles, rimangono le ultime due notti poi, dopo 34 anni, è arrivato il momento di rivedere il sole.
Luca Fantoni