Luca Fantoni – È incredibile come, qualche volta, a compiere le grandi imprese siano gli antieroi per eccellenza, giocatori il cui compito è mandare la palla più lontana dalla porta e non dentro. Sarebbe facile far segnare Dzeko, tanto lui segna sempre. Quando a gonfiare la rete sono Yanga-Mbiwa o Manolas, l’atmosfera durante e dopo diventa surreale. “Ma veramente hanno segnato loro? Quelli che di testa ci rinviavano solo?”. Si, veramente. Se poi in mezzo ci buttiamo anche il destino che ha restituito al greco ciò che gli aveva tolto una settimana prima, ecco che i contorni storici e mistici dell’impresa sono delineati. Torniamo a quel giorno però. 25 maggio 2015. Roma e Lazio si stanno giocando l’accesso diretto alla Champions League, un derby di alta classifica. I biancocelesti sono dietro di un punto e devono vincere per forza. I giallorossi al contrario, possono anche accontentarsi del pareggio. Tipica situazione in cui Totti e compagni rovinerebbero tutto. E invece no, non questa volta. Perché essere romanista ti regala tanti dolori, è vero, ma certe volte ti regala gioie immense. In panchina c’era Garcia. In difesa la coppia centrale era formata dai due eroi, Yanga-Mbiwa e Manolas. Sulle fasce giocavano Torosidis e Holebas bassi, e Florenzi e Iturbe alti. A centrocampo c’erano De Rossi, Keita e Nainggolan con Totti unica punta.
SORPRESE – Nell’aria c’è già qualcosa di strano fin dall’inizio, vuoi perché Iturbe è titolare, vuoi perché la prima ad attaccare è la Lazio, ma già si preannuncia che sarà un pomeriggio pieno di sorprese. A rendersi pericolosi sono subito Felipe Anderson e Klose con il colpo di testa del tedesco che in altre nove occasioni su dieci sarebbe sicuramente entrato. Il primo tempo finisce così, con poche emozioni. Nella ripresa sono sempre i biancocelesti a partire forte con Basta che sfiora il gol. Al 61’ Ibarbo sostituisce Totti. Ibarbo per Totti? Siamo tornati indietro a Roma-Slovan Bratislava di Luis Enrique? I risultati dicono proprio di no, perchè dodici minuti più tardi il colombiano si defila sulla fascia e mette in mezzo un cross basso sul quale arriva Iturbe che deposita il pallone alle spalle di Marchetti. Questo è uno dei tre gol con la maglia giallorossa per l’argentino. Ha scelto l’occasione giusta. Poco dopo i laziali rialzano la testa con un gol di Djordjevic ma, a cinque minuti dalla fine, Pjanic batte una punizione in mezzo all’area, sulla quale spunta la testa di Yanga-Mbiwa che, come farà il suo compagno di reparto tre anni dopo, spizza la palla quel poco che basta per mandarla in porta. La Roma è in Champions League senza passare per i preliminari grazie all’uomo meno atteso, quello che i gol doveva evitarli.
CRESCITA – Non sempre andrà in questo modo. Per la legge dei grandi numeri arriveranno prima o poi altri dolori. Quello che la Roma può fare è cercare di ridurli, cominciando a costruire una mentalità che non ha mai avuto prima. Qual è il rischio del derby? Sicuramente il sentirsi appagati, pensare che una semifinale di Champions basti a rendere una stagione esaltante. No, non basta. Non basta perché se smetti di sognare potevi anche non cominciare a farlo, non basta perché se vuoi essere ricordato devi arrivare primo, non basta perché dopo anni di delusioni e di vittorie sfumate all’ultimo pallone è arrivato il momento che quel pallone rotoli nella porta avversaria. La Roma deve ricordarsi che non gioca più in 11, ma a questi ce ne deve aggiungere 55mila che martedì erano stanchi, tesi e felici come i giocatori. Nel derby non saranno così tanti ma saranno altrettanto affamati, desiderosi di trasmettere questa fame a De Rossi e compagni. Il Liverpool può aspettare, ora bisogna chiudere la settimana perfetta con una vittoria sulla Lazio.
Luca Fantoni