Luca Fantoni – Un giorno la Roma doveva diventare il Barcellona. Inizio estate. Tra i tifosi romanisti comincia a serpeggiare una parola, che dalle parti del Colosseo non conoscono molto: Tiki Taka. Il credo calcistico per eccellenza, la filosofia vincente, l’apoteosi del bel gioco. Per diffondere il verbo del calcio catalano arriva colui che, quel modo di giocare, aveva aiutato a crearlo. Si tratta di Luis Enrique, tecnico del Barcellona B. Asturiano, ex giocatore di Real e Barça e poca esperienza in panchina mal’entusiasmo dopo il suo arrivo era comunque alle stelle. Con l’arrivo di Bojan già si pregustava un facile triplete per poi andare a vincere il Mondiale per club con il mantra del tiki taka. A distanza di 7 anni è evidente che “El Proyecto” è fallito. In realtà ci sono voluti solo due mesi a rompere l’idillio, quando, contro lo Slovan Bratislava, Tottilasciò il campo per Okaka e la Roma uscì subito dall’Europa League. Poteva andare diversamente? Forse. La certezza è che la rosa di quell’anno, con il senno di poi, fu eccessivamente sopravvalutata e fare meglio del 7° posto non era così scontato. Nessuno potrà mai sapere come sarebbe andata se Luis Enrique fosse rimasto. Qualche segnale positivo era comunque arrivato nel corso della stagione, la partita contro il Bologna ne è un esempio. Stekelenburg giocava in porta, la difesa a 4 era formata da Rosi, Juan, Heinze e Taddei. A centrocampo c’erano Simplicio, De Rossi e Pjanic, con Totti e Lamela a sostegno di Osvaldo.
ROMA BLAUGRANA – Quella partita neanche si sarebbe dovuta giocare quel giorno. Originariamente doveva essere il match di apertura della stagione ma uno sciopero dei calciatori la fece rinviare a dicembre. Vedendo la prima Roma di quell’anno, meglio così. Passano cinque minuti, tre scambi nello stretto, un tacco di Simplicio e Totti di sinistro si fa parare il tiro da Gillet. Si capisce subito che è una giornata a tinte blaugrana. Al 17’ i giallorossi passano in vantaggio. Taddei raccoglie una pallone vagante fuori dall’area e al volo di destro mette la palla all’angolino basso. Quasi come Dani Alves. Passano una ventina di minuti e Osvaldo, che ora fa la rockstar e magari in qualche bar di Barcellona ci ha anche suonato, fulmina il portiere avversario con un tiro da fuori. Sul 2-0 per i capitolini è facilissimo amministrare il gioco e anche divertirsi. Alcune occasioni che portano alla conclusione Totti e Lamela sono da accademia del calcio. Il terzo gol non arriva ma la squadra di Luis Enrique torna a casa da quella partita con la consapevolezza che tutto sommato, con un po’ di tempo in più, giocare in quel modo poteva non essere un’utopia.
TESTA AL BOLOGNA – Tre anni fa la Roma si è scontrata contro il Tiki Taka, ha preso sei gol ed è salita sul primo aereo di ritorno. Questa volta il credo calcistico è cambiato, il Barça di Valverde è più compatto ma non per questo meno spaventoso. Prima di pensare alle notti magiche però, i giallorossi dovranno concentrarsi sul Bologna di Donadoni, una squadra ostica e fastidiosa, con cui, tuttavia, è importante vincere. Spazio al turnover ma con moderazione, la Coppa Italia insegna. Sarà fondamentale scendere in campo con la testa giusta, senza farsi condizionare dall’ossessione del Camp Nou. I rossoblu da battere, sabato, sono altri. Bisogna uscire dal Dall’Ara con i tre punti, felici e soddisfatti, solo allora si potrà pensare al Barcellona anche perché le grandi imprese nascono da piccole vittorie e quella contro gli emiliani deve essere una di queste.
Luca Fantoni