Simone Indovino – «La napolitudine – dice una nota enciclopedia online – è il termine con il quale si usa indicare una sensazione di malinconia descritta dai turisti e dagli stessi napoletani nel momento in cui si allontanano dal golfo di Napoli e dalla stessa città, tradizionalmente stigmatizzata dalla frase “Vedi Napoli e poi muori”». Deve sentirsi così, Edin Dzeko, ogni qualvolta che dopo una trasferta nel capoluogo partenopeo è di rientro a Roma. Lo score del bosniaco al San Paolo, con tre partite all’attivo a partire dalla stagione 2015/2016, è eccezionale: quattro reti, frutto delle doppiette siglate nel match della scorsa annata e nella recentissima sfida di quest’anno.
PERSONALITÀ – Non era semplice caricarsi la squadra sulle spalle nel momento più delicato della stagione. Dzeko, dall’alto della sua esperienza, ci è riuscito. Quell’esperienza che gli ha fatto superare dei momenti di sfiducia nella non proprio tranquillissima piazza romana. Lui ha sempre risposto così, a suon di gol. Vero, magari non possiede la cattiveria di Higuain (per dirne uno) o il colpo di testa di Kane (per dirne un altro), ma ha una tecnica e una visione del campo da far invidia a chiunque. E del piede sinistro, ne vogliamo parlare?
SPRINT FINALE – L’immediato futuro sottoporrà la Roma a dei banchi di prova decisivi, in primis la partita di ritorno con lo Shakhtar che ha un peso specifico enorme nell’ottica generale della stagione. In ballo ci sono i quarti di finale di Champions League, turno che i giallorossi non disputano da tanti, troppi anni. Con Schick ancora non calato nella realtà capitolina e utilizzato da Di Francesco in maniera sporadica, toccherà ancora a Dzeko prendere per mano la squadra e trascinarla. Con ancora un po’ di napolitudine in corpo. Magari per contrastarla gli si potrebbe nascondere un bel babà nell’armadietto.
Simone Indovino